L'intervista
domenica 11 Agosto, 2024
di Sara Alouani
Abuso d’ufficio. Questa l’accusa di cui ha dovuto rispondere l’allora sindaco di Malè, Bruno Paganini, nel 2019, accusato di aver commissionato ad una ditta la costruzione degli impianti idroelettrici lungo il torrente Rabbies, senza procedere tramite gara d’appalto. Un reato, quello dell’abuso di ufficio, che è stato abrogato ora dalla legge Nordio. Una boccata d’ossigeno, soprattutto per i primi cittadini, che come Paganini sono stati perseguitati da un’umiliazione che rimarrà a vita.
Paganini, lei è stato accusato di abuso d’ufficio nel 2019. Per quale motivo? Cosa è accaduto?
«All’epoca firmai una delibera per concedere degli appalti. Una delibera che aveva raccolto il parere favorevole di tutti gli uffici. Avessi ricevuto un parere contrario, mi sarei sicuramente fatto qualche domanda. Avrei indagato. Ma erano tutti d’accordo, quindi, quale è la mia colpa? Eppure, sono l’unico rappresentante dell’amministrazione che ha pagato».
Lei è stato condannato a scontare la pena sotto forma di lavori socialmente utili. Cosa ha fatto?
«Guardi, io sono musicista dilettante e andavo a suonare alla casa di riposo. Ho continuato a fare quello che facevo già da anni. Oltre a questo, ho dovuto contribuire al risarcimento del danno di immagine nei confronti del Comune per un totale di 50mila euro, da dividere con la ditta coinvolta nei lavori. Due anni dopo, la Corte dei Conti aveva chiesto un danno erariale di altri 80mila euro, ma sono stato assolto».
L’abuso d’ufficio è stato abrogato anche per eliminare la cosiddetta «paura della firma» dei sindaci. Mi pare di intendere sia d’accordo…
«Lo trovo giustissimo. Perché non è possibile che i sindaci debbano temere ogni volta. Io, dopo due mandati da primo cittadino, ritengo che quello del sindaco sia un lavoro molto pericoloso specialmente se viene eletta una persona che non ha alcuna formazione giuridica. Io ero un insegnante, cosa potevo saperne di appalti? Il sindaco, però, risponde di tutto e andando avanti di questo passo ci troveremo senza candidati».
Lei ritiene di aver agito in buona fede?
«Ma certo. Inoltre, avevo un budget molto limitato, specialmente nella prima legislatura. Ho fatto del mio meglio e, per giunta, ho seguito i consigli dei miei uffici. Non ho mai fatto di testa mia. E questo mi amareggia ancora di più».
Come ha vissuto la condanna?
«Mi ha rovinato la vita. Ricordo ancora quando la Guardia di Finanza ha perquisito casa mia. Sono stato trattato peggio di Totò Riina. È stata l’umiliazione più grande della mia vita. Sono stato, e tuttora vengo ricordato, come un sindaco mafioso. Sono finito su tutti i giornali, anche alcuni nazionali, manco fossi stato un boss. E la cosa che mi rattrista di più è che non ho fatto nulla di male».
Perché ha scelto di fare il sindaco?
«Per mettermi al servizio dei cittadini. Ho lavorato incessantemente per dieci anni, senza ferie né un giorno di malattia. Iniziavo alle 7.30 del mattino e finivo a tarda sera. Ero presente a tutte le manifestazioni. Durante la mia legislatura, ho costruito quattro centrali idroelettriche che fatturano milioni di euro ogni anno. Ma questo nessuno se lo ricorda».
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