La ricerca
martedì 13 Agosto, 2024
di Marco Ranocchiari
Variazioni del clima, grandi incendi, cambiamenti della disponibilità di acqua e persino tracce indirette di eventi umani come le guerre. Gli alberi sono un archivio insostituibile del passato del territorio, e la dendrocronologia è la disciplina che si sforza di svelarlo attraverso lo studio degli anelli di crescita dei tronchi. E, grazie a questo, fornisce indicazioni preziose agli studiosi di altre discipline, come archeologi, botanici e climatologi. Il museo Civico è uno dei centri più attivi di questa branca della scienza e oggi ospita l’archivio più grande d’Italia del suo genere, fatta di oltre 8 mila campioni provenienti dai boschi di tutto lo Stivale. Oggi il laboratorio del museo si lancia in una nuova ambiziosa ricerca nei boschi di Terragnolo. Il progetto, della durata di due anni, verrà presentato domani sera (14 agosto) alle 20.30 presso la segheria veneziana della frazione Sega ed è stato messo a punto grazie a una collaborazione con la fondazione Alvise Comel (Accademia degli Agiati). «La zona della Val Terragnolo è di grande interesse per la dendrocronologia», spiega la studiosa collaboratrice del Civico Maria Ivana Pezzo. Tra queste montagne ai piedi del monte Pasubio, infatti, le foreste si sono conservate in maniera particolarmente integra rispetto ad altre valli del Trentino dove la selvicoltura ha portato a favorire determinate conifere quasi azzerando la diversità delle specie. In queste montagne, spiega la studiosa, prevale invece il bosco misto, e abbondano in particolare i faggi, una specie molto sensibile alle variazioni del clima. Alcuni di questi sono secolari, qualcuno ne ha 200, 250. Non se ne esclude che ce ne siano anche di più vecchie, magari in terreni privati poco accessibili, e persino nelle travi dei tanti vecchi manufatti ormai abbandonati. «L’obiettivo – spiega Pezzo – è creare una “master chronology” (cercare cioè dei segnali climatici comuni tra gli alberi con valenza regionale, ndr) partendo dallo studio delle piante vive. Per questo ci teniamo a coinvolgere la cittadinanza, magari i proprietari dei terreni, perché sappiano che ci vivono alberi con informazioni preziose e magari ce ne indichino di nuovi». Gli studi, spiega, si svolgeranno sia effettuando dei carotaggi su piante in vita che su quelle che verranno tagliate, come avviene abitualmente nei diversi lotti di bosco, dopo l’estate. In quel caso i proprietari potranno fornire delle sezioni intere del tronco agli studiosi. Il principio, in linea di massima, è semplice: «Ogni anello è una scatola nera che conserva la memoria del clima: se a un anno corrisponde un anello grande vuol dire che è stato umido e viceversa». Con molti campioni si possono eliminare le variabili dei singoli alberi e ottenere un informazioni valide per tutta la regione, come per esempio «l’anno senza estate», il 1816, con anelli ridotti al minimo in tutto il mondo. Una volta ricostruite le curve tipiche dei vari anni si possono ricostruire il clima di alberi sempre più antichi, anche morti da tempo, fino a molti secoli fa. «Finora in zona abbiamo individuato due periodi di crisi: una nel 1940 e una nel 1985: forse c’entra la guerra, forse una serie di piccoli incendi, è ancora presto per dirlo. Il legno quell’anno è rimasto “ferito” per i 4-5 anni successivi. Il 1985 probabilmente è dovuto alla grande nevicata che ha danneggiato moltissime piante. Siamo curiosi di conoscere i dati di quest’anno, particolarmente piovoso». Con lo studio in Val Terragnolo il Civico «torna a casa»: l’équipe di Pezzo ha appena terminato un progetto simile in Liguria. Il museo di Rovereto è infatti un punto di riferimento in Italia per questa disciplina. «L’Istituto di dendrocronologia è nato a Verona nel 1983, ma intorno al 2010 la sua struttura è stata chiusa. Il Civico allora si è fatto avanti per acquisire la sua collezione – spiega Pezzo – che è entrata definitivamente nella Città della Quercia nel 2013. Oggi contiene i dati di alcuni dei più importanti siti storici d’Italia come Pompei, Venezia e molti altri, e e 13 mila file di misurazioni. Il laboratorio lavora in in convenzione non solo con l’ateneo di Trento ma anche con gli istituti Cornell University e l’università dell’Arizona.