Val di Fiemme

lunedì 26 Agosto, 2024

Walter Cavada, una vita trascorsa ad accordare strumenti: «Così sussurro ai pianoforti»

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L'artigiano settantenne possiede nel suo atelier anche una preziosa collezione di 130 chitarre. «Qui ho raccolto la storia delle sei corde»

«La musica non è solo divertimento, la musica è un linguaggio universale, capace di provocare ed esprimere emozioni. La musica secondo me è una forma di spiritualità».
Sono queste le parole con le quali ci accoglie Walter Cavada di Molina di Fiemme nel suo atelier / museo musicale: un vero scrigno che fa memoria grazie alle sue collezioni di registrazioni delle band nelle quali ha militato in età giovanile, i circa 3000 cd e i circa 2500 vinili dei suoi artisti preferiti oltre alle 130 chitarre (quasi tutte provenienti dall’America) che sono un colpo d’occhio di colori, note e memoria. 70 anni compiuti, Cavada «parla» con i pianoforti: lo fa accordando gli 88 tasti che compongono lo strumento. Un lavoro che ha affinato in decenni di attività.
La musica: costante della sua vita.
«Sono sempre stato appassionato di musica e dopo aver suonato per molti anni in varie band, divertendomi tantissimo, dopo dieci giorni dal congedo militare, nel 1974, ho iniziato a lavorare nella fabbrica di pianoforti Del Marco-Bozzetta di Tesero, dove si costruivano strumenti musicali. Questa esperienza lavorativa, che si è sviluppata nell’arco di otto anni, è stata fondamentale per il mio futuro professionale e non solo. Oltre alle normali giornate lavorative in azienda, infatti, dove ho potuto sperimentare tutti i reparti della produzione, spesso mi fermavo anche dopo lavoro per esercitare l’orecchio, caratteristica fondamentale per imparare ad accordare. Le altre sere, nel dopo-lavoro andavo a suonare jazz e country, le due correnti musicali che al tempo amavo di più».
Come si diventa accordatore di pianoforti?
«Oltre alla pratica in azienda, dato che non esiste una scuola specifica per diventare accordatore di pianoforti, nel 1982 dopo che la ditta per la quale lavoravo viene venduta, ho frequentato il corso a Vienna nella fabbrica di pianoforti Bösendorfer e poi ad Amburgo nella fabbrica Steinway e Sons diventando tecnico ufficiale delle due case. La formazione è infatti importante, anche se oltre alla teoria è essenziale fare quanta più pratica possibile».
Come è proseguito il suo percorso?
«Dopo essere diventato accordatore di professione ho fondato la mia ditta assieme ad un amico. Ci siamo divisi i conservatori musicali di Bolzano, Trento, Verona e Riva del Garda, come ambito di lavoro, collaborando poi anche con una ditta di pianoforti di Trento. Da otto anni avrei raggiunto l’età pensionabile ma per passione e con entusiasmo continuo a svolgere il mio lavoro che si sviluppa su tutto il territorio provinciale e non solo, rafforzato da una rete amicale e fiduciaria che nel corso degli anni mi sono costruito e che nel tempo ho consolidato. Ora lavoro ancora per privati, l’Orchestra Haydn, associazioni e conservatori, scuole musicali in tutto il Trentino e non solo».
Che caratteristiche deve avere un accordatore?
«Orecchio, conoscenza dello strumento e tanto esercizio, poi la passione muove tutto il resto. Solitamente parto con una nota, con il “la”, parto dalle 440 vibrazioni al secondo del diapason e poi ricavo tutta la scala cromatica della prima ottava centrale riportando successivamente il tutto sulla parte destra e sinistra dello strumento. Vanno poi tese le varie corde del pianoforte allo stesso modo e con precisione. In tutti i casi è necessario assicurare sempre la perfezione ai musicisti».
Entrando nel suo regno si resta affascinati dagli oggetti di collezione.
«La costruzione di questo mio scrigno quale luogo di memoria è stata parallela al mio percorso di maturazione professionale, un po’ alla volta ho collezionato e acquistato dischi e strumenti proprio per il piacere di ascoltare bella musica, cosa che a volte faccio per ore e ore per il solo gusto e il solo piacere di assaporare le emozioni che testi e note riescono a generare e a smuovere in me. La musica mi rilassa e mi fa tornare adolescente».
Quale è l’oggetto al quale è più affezionato?
«Sicuramente il mio juke-box anni ’50 originale, non stereo, perfettamente funzionante con le classiche cento lire che ho recuperato qualche anno fa in val di Cembra e ho personalmente aggiustato acquistando semplicemente alcuni pezzi di ricambio. Ho lavorato duro per pulirlo, metterlo in funzione e costruirmi tutte le etichette».
Le 130 meravigliose e coloratissime chitarre?
«Ho una stanza a parte dedicata interamente alla collezione di chitarre originali acquistate e scambiate con collezionisti e appassionati durante questi anni. Ne ho di tanti marchi e di tantissime forme. Ogni volta che varco la porta di quella stanza rivivo un’esperienza immersiva nel mondo della chitarra e della sua evoluzione lungo la storia della musica».
I suoi artisti preferiti?
«Tutti gli artisti italiani e internazionali degli anni ’60 e ’70. In particolare, mi piacevano i testi dal profondo significato che molti autori e artisti del tempo scrivevano e cantavano; sono testi che non a caso hanno attraversato la storia e ancora oggi vengono ascoltati».
Un messaggio per i giovani?
«Il messaggio che posso lasciare è quello di ascoltare musica e di avvicinarsi anche a generi musicali diversi perché anche nel mio percorso ho imparato gradualmente ad apprezzare più generi e a trovare forti emozioni dall’ascolto di musica che un tempo senza conoscere, scartavo in partenza. Quindi il mio messaggio è quello di fermarsi ad ascoltare proprio come la musica stessa ci insegna».