Terra Madre
venerdì 6 Settembre, 2024
di Giovanni Beber
«Si può fare tanto con poco», esordisce Roberto Tettamanti, ingegnere dell’ambiente e del territorio, amministratore delegato di Arti, società di ingegneria e architettura. Insieme a Ivo Fagherazzi dal 2001 si occupa di portare la sostenibilità ambientale nel settore edilizio, a partire dagli edifici che progettano. Arti oggi conta trenta dipendenti e punta sull’utilizzo di materiali a chilometro zero e sulle ristrutturazioni e gli interventi di miglioramento energetico piuttosto che sulle nuove edificazioni. «Da quando abbiamo avviato l’attività abbiamo allargato il concetto di sostenibilità ambientale più classico – ricorda Tettamanti –, portandolo da un focus ambientale a uno più largo, a 360 gradi, con al centro anche le persone e le loro esigenze, sia per quanto riguarda la qualità dell’abitare, sia per gli aspetti economici».
I temi all’attenzione del dibattito pubblico si sono infatti evoluti e le persone hanno iniziato a pensarsi parte di un sistema in cui la priorità va all’ambiente, senza però perdere in termini di comfort degli spazi o di sistemi di welfare. «Oggi in termini culturali non sembrano esserci ostacoli per spaziare con la progettazione in ottica di sostenibilità – afferma –, perché le generazioni più giovani si mostrano attente ai temi dell’ambiente sia in fase di progettazione, sia per quanto riguarda gli stili di vita». Il responsabile della società crede però che la soglia di attenzione non vada abbassata. «La cultura della sostenibilità va allenata costantemente – spiega Tettamanti – perché non basta che i tecnici siano a conoscenza delle normative, ma anche che le persone comuni siano consapevoli di ciò che stanno richiedendo. La burocrazia che la sostenibilità porta con sé non è più da considerarsi un ostacolo, soprattutto se hai un manifesto ambientale che porti insieme al progetto. Per farlo serve però competenza e per questo non ci limitiamo alla progettazione, ma cerchiamo anche di sensibilizzare il cliente perché si orienti a scelte più coerenti con i principi di sostenibilità».
La società si occupa inoltre anche della direzione lavori. «Un cantiere è sostenibile se il processo di costruzione è sostenibile, e questo è possibile a partire dalla scelta dei materiali. Penso al legno, che ci offre un esempio pratico di materiale a filiera corta particolarmente orientato alla sostenibilità – spiega ancora l’imprenditore –. Negli ultimi vent’anni è tornato sempre più in uso comune, e come Arti lo privilegiamo all’utilizzo del calcestruzzo, se possibile. Grazie al legno, che viene montato a secco, pensiamo che nel tempo si potrebbe arrivare a costruire una casa smontabile. Perché sia usato in modo consapevole affianchiamo anche le imprese di costruzione nelle loro scelte, erogando formazioni in cui le aziende con cui collaboriamo apprendono i temi legati alla sostenibilità».
L’utilizzo di materiali innovativi richiede capacità di investimento e conoscenza delle opportunità e finanziamenti offerti dall’Europa. «Fibra in legno e canapa sono materiali isolanti che rispettano la certificazione Cam e per questo andrebbero privilegiati – spiega il tecnico –. Sono però ancora poco accessibili rispetto al polistirolo o alla lana di roccia, che risultano ancora più economici. In questo caso, è fondamentale saper mettere a conoscenza il cliente rispetto alle opportunità in termini di investimento economico su cui l’Ue sta spingendo molto negli ultimi anni».
C’è poi l’aspetto progettuale del recupero degli spazi, che richiede creatività e lungimiranza. «Nel nostro settore l’ambiente perde quando il progettista agisce in modo estremo, se la progettazione è oculata l’ambiente ne beneficia. Vanno fatte scelte costruttive in fase di progettazione. Quando ci si immagina un edificio, ci si dovrebbe ad esempio domandare come si possa evitare che a fronte di una possibile ristrutturazione futura si renda necessaria una demolizione completa. La progettazione moderna è questo – continua Tettamanti –. Anziché demolire, gli spazi vanno re-immaginati. Così, un capannone industriale che precedentemente era pieno di macchinari può essere ripensato per diventare qualcosa di molto diverso, mantenendo la struttura originaria».
Infine, in termini di ostacoli e prospettive, quello che sembra mancare ancora oggi al settore edilizio è una normativa dedicata allo smaltimento dei materiali che si stanno usando per edificare. «Non mi riferisco tanto alla gestione dei rifiuti che si producono sul cantiere, che è già ampiamente regolamentata – conclude Tettamanti –, quanto alla necessità di tenere conto del ciclo di vita di un impianto o di un materiale. Ne sono un esempio gli impianti fotovoltaici. I pannelli di vent’anni fa oggi non producono più energia e vanno cambiati. Hanno concluso il loro ciclo di vita, ma probabilmente alcuni componenti potrebbero essere riutilizzati, ma non siamo in grado di recuperarli, e questo è un problema che spesso ricade sul cliente. Qualcosa però si muove. Ad oggi le case vengono progettate ed edificate principalmente secondo criteri energetici, ma crediamo che a livello europeo progressivamente verrà richiesto anche di valutare il ciclo di vita di quello che si utilizza, per evitare di incorrere tra vent’anni nello stesso problema che ci troviamo spesso ad affrontare oggi».
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