L'intervista
sabato 7 Settembre, 2024
di Benedetta Centin
Il terribile schianto contro il muretto di un ponticello durante la corsa, pedalando a cinquanta chilometri orari sul rettilineo. La bici che si impenna e vola via. L’atleta che rimane immobile a terra, con un gravissimo trauma cranico e fratture. Sirene. Elicottero. La gara più importante, quella per tenersi stretta la vita, per tornare in pista, alla sua quotidianità, Alice Toniolli, ciclista trentina di 19 anni di Mezzocorona, più volte in azzurro e già campionessa europea juniores, la sta affrontando in tandem con mamma Katia: grande tenacia e forza d’animo di fronte a una prova tutt’altro che facile. La stessa grinta e tenacia che Alice ha sempre dimostrato sui pedali e che mostra anche ora. Fondamentale, quasi una medicina per la giovane atleta, mamma Katia che dal 14 agosto scorso, giorno del brutto incidente avvenuto sul «Circuito dell’Assunta» a Vittorio Veneto, nella Marca, non l’ha mai lasciata sola in ospedale. Prima al Ca’ Foncello di Treviso, dove la promessa del ciclismo italiano era stata ricoverata fin da subito in terapia intensiva, e da qualche giorno al Santa Chiara di Trento dove è stata trasferita.
Signora Katia, come sta sua figlia Alice?
«Le sue condizioni sono stabili, c’è qualche piccolo miglioramento ma non posso dire che stia così bene: è in fase di recupero e le tempistiche prospettate per la sua completa guarigione sono lunghe».
Sono stati giorni di grande apprensione per Alice, rimasta per diversi giorni in coma farmacologico indotto dai medici veneti..
«Eppure la stampa la dava già fuori pericolo a pochi giorni dall’incidente, ma non è stato affatto così. Fino al suo risveglio, avvenuto due settimane fa, era ancora a rischio. Le notizie trapelate non erano veritiere. Tanto è vero che mentre io speravo, con il cuore in gola, che il quadro clinico migliorasse, mi arrivavano messaggi di chi, sollevato, aveva saputo dai giornali che Alice si stava riprendendo. Ma la realtà purtroppo era un’altra».
I soccorsi sono stati tempestivi sul circuito di gara…
«Provvidenziale è stato il medico intervenuto sul posto: ha deciso di intubare subito Alice per ossigenarla ed è stata la salvezza di mia figlia considerando le fratture al torace che aveva riportato. Questo medico è stato davvero bravo: purtroppo non sono riuscita ad incontrarlo ma vorrei avere il suo contatto per poterlo ringraziare per quanto ha fatto per la mia Alice».
C’è stata anche grande vicinanza della squadra, del mondo del ciclismo, vero?
«Devo ringraziare tutti per il grande supporto: la squadra appunto, la Top Girls Fassa Bortolo di Spresiano, Treviso, allenatori e rispettive mogli, per me quasi un supporto psicologico: mi hanno dato la forza e il coraggio per andare avanti. Un gruppo che ha dimostrato di volere molto bene ad Alice. Ma il mio grazie va anche alla nazionale, alla Federazione, ai presidenti: un mondo che mi è stato molto vicino e mi ha aiutato in questo difficile periodo».
Qual è il suo stato d’animo riguardo a quanto accaduto? C’è forse anche rabbia?
«Intanto la rabbia non c’è, vedremo in seguito. La mia priorità è Alice: deve uscirne al meglio possibile, poi si vedrà, quando starà bene forse potrebbe salirmi.. Ora penso solo a dedicarmi a mia figlia, a stare con lei gran parte della giornata, a darle supporto. Lei è molto forte e tenace come me ed è proprio grazie a questa sua grinta che è arrivata fin qui. Spero che a breve possa essere trasferita in una struttura per la terapia riabilitativa».
Avete formalizzato denuncia querela per l’incidente?
«No, denunce non ne abbiamo fatte».
La Procura di Treviso ha iscritto sul registro degli indagati, ipotizzando le lesioni colpose gravissime, Giacomo Salvador, presidente dell’associazione organizzatrice della gara, Giulio De Nardi, direttore della corsa, e Daniele Borsoi, vice-direttore. Venuta meno l’aggravante relativa all’incidente sul lavoro, (l’atleta ha un contratto con il team veneto), il reato è procedibile solo a querela e avete novanta giorni per presentarla…
«Sì, ho saputo dall’allenatore dei tre indagati ma al momento, ribadisco, la priorità è solo e soltanto Alice, sono le sue condizioni di salute, poi si vedrà, si valuterà il resto…».
Per la Procura l’organizzazione della gara avrebbe dovuto segnalare quale pericolo quella spalletta in cemento e provvedere con delle protezioni in gomma piuma. Così come la direzione di corsa avrebbe dovuto segnalare all’organizzazione l’assenza delle misure di sicurezza. Che idea si è fatta? L’incidente poteva essere evitato?
«Poteva essere evitato sì. Comprendo bene e conosco le difficoltà nella preparazione di simili gare, il dover mettere tutto in sicurezza, ma certo ci sono cose che potrebbero essere evitate. Quello di Vittorio Veneto era un circuito: proprio perché le ragazze in gara passavano e ripassavano di lì si poteva fare attenzione a quel muretto, provvedere a metterlo in sicurezza».
Alice ricorda qualcosa di quei momenti? Della caduta, dell’impatto contro la spalletta?
«Non ricorda nulla per ora, le ho spiegato io perché si trova in ospedale. Lei è cosciente del fatto che possono esserci dei rischi, dei pericoli nel suo sport, ma è anche vero che si può tornare e più forti di prima».
E sua figlia Alice vuole tornare?
«Da quando si è risvegliata scalpita per far rientro a casa, non riesce a vedersi così, in un letto di ospedale. E quando le ho chiesto se quando starà meglio vorrà riprendere la bicicletta, mi ha risposto “certo” senza indugi. Il ciclismo è una cosa che ha dentro e si rimetterà in sella, ci conta. Per lei poi era molto importante questa stagione a livelli così alti».
Cos’è lo sport, il ciclismo, per Alice?
«Lo sport è la sua vita: aveva già fatto pattinaggio, qualcosa anche di atletica e sci. Le piace molto il movimento, fare fatica, per niente ha scelto il ciclismo. E poi è molto competitiva: vorrebbe sempre arrivare sul podio e lo fa per lei, perché le piace e ci tiene, non certo per avere pubblicità, per mettersi in mostra. Lei è una ragazza molto riservata».
Dato quello che è successo, non impedirà ad Alice, quando si riprenderà, di tornare ad inforcare la sua bici?
«Non posso non lasciarla andare, non lo faccio nemmeno con suo fratello che corre a sua volta: qualsiasi sport può essere pericoloso, del resto il destino è destino, possono accadere incidenti anche in altri contesti. Quindi, no, non impedirò ad Alice di ritornare in pista. Certo vivrò sempre nel terrore, ma del resto è inevitabile quando si provano esperienze così sulla propria pelle».