La sentenza

martedì 24 Settembre, 2024

Omicidio Iob, confermato l’ergastolo per Dallago: nessuna attenuante, nessuno sconto

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L'avvocata Domenichelli: «Sicuramente non finisce qui: è per noi difficile pensare che ci sia un innocente in carcere»

Massimo della pena, carcere a vita confermato anche in Appello per David Dallago, il boscaiolo di 38 anni di Mollaro di Predaia, che giudici popolari e togati hanno riconosciuto anche in questo secondo procedimento colpevole di aver ucciso nella frazione di Banco di San Zeno il custode forestale Fausto Iob, ripescato senza vita nel lago di Santa Giustina il 5 giugno 2022. Erano quasi le 17 di ieri (lunedì 23 settembre ndr) quando, dopo circa tre ore di camera di consiglio, la Corte d’assise d’appello di Trento, presieduta dal giudice Eugenio Gramola, ha confermato la sentenza di condanna all’ergastolo pronunciata in primo grado, a dicembre scorso. Per omicidio pluriaggravato del 59enne e furto di legname. L’impianto accusatorio insomma ha resistito in toto e non c’è stata alcuna concessione di attenuanti – a negarle la stessa procuratrice generale Maria Teresa Rubiuni – alcuno sconto. L’imputato, in camicia, jeans e sneaker, non ha reagito quando il presidente della Corte ha letto il dispositivo con la conferma del fine pena mai, sollecitato anche dalla pubblica accusa. Nessun gesto, nessun commento, lui che fino a poco prima di veder entrare i giudici in aula teneva le mani puntate sul tavolo e lo sguardo fisso sul piano. A cercarlo con lo sguardo dalle ultime file dell’aula i genitori, in particolare la mamma. Si sono allontanati dal tribunale in silenzio, capo chino, dopo la conferma di una condanna che fa rimanere impotenti. Mentre in aula l’emozione era dipinta nei volti dei familiari di Iob. Familiari che si erano costituiti parte civile con gli avvocati Lorenzo Eccher, Paolo Mazzoni e Danilo Pezzi, sollecitando danni per 900 mila euro totali. Per loro rimangono invariati i risarcimenti riconosciuti in primo grado: si tratta di una provvisionale di 210mila euro «immediatamente esecutiva». Quindi una prima trance di risarcimenti così suddivisa: 60mila euro a testa ai due figli di Iob, 40mila a un fratello e una sorella e 10mila al nipote, più le spese di costituzione in giudizio. Il resto verrà stabilito in sede civile. Dallago dovrà anche pagare le spese di questo secondo processo e di custodia cautelare.
Sette gravi indizi
Il boscaiolo nel giugno del 2022 avrebbe aggredito, con «almeno 18 colpi» inferti alla nuca con un’arma contundente, forse un martello (mai trovato) Fausto Iob, il custode forestale dell’orso nel santuario di San Romedio, che lo aveva sorpreso a rubare legname di proprietà del Comune di Sanzeno. L’imputato, secondo l’accusa, avrebbe gettato il custode agonizzante nel lago di Santa Giustina, dove è morto annegato. A Dallago è stata riconosciuta l’aggravante dei futili motivi e dell’aver agito contro un pubblico ufficiale. Sette i gravi indizi di colpevolezza a suo carico: il movente, la presenza sul luogo del delitto, nel cantiere 21 con Iob la mattina del 3 giugno 2023, la prestanza e l’idoneità fisica all’azione, il telefono cellulare bagnato, che sarebbe finito nel lago, ancora la traccia, anche di sangue, trovata nella sua auto, auto che si è preoccupato di pulire, e ancora le bugie dette, la mancata presentazione dell’imputato il 4 giugno 2022 in cantiere, il giorno dopo la morte di Iob. La procuratrice generale ieri, che ha proiettato anche una cartina dei luoghi per una ricostruzione più chiara, si è limitata a soli tre «gravi indizi: direi vere e proprie prove» ha detto. E cioè il fatto che Dallago fosse «il solo a sapere dove Iob stesse martellando le piante da tagliare», che il suo cellulare fosse «allagato», che si fosse «bagnato nella stessa fascia oraria in cui Iob aveva smesso di rispondere al telefono» e che sia stato rinvenuto il dna della vittima nell’auto dell’imputato. Che viene descritto come «una persona dall’arte di arrangiarsi», capace di «mettere in vendita trattori prima di rubarli», che «continua a modificare le sue dichiarazioni», comportamenti, questi, «censurabili».
La difesa
Ci ha provato strenuamente l’avvocata di Dallago, Angela Domenichelli, a demolire l’impianto accusatorio punto su punto, per arrivare all’assoluzione o quanto meno al ridimensionamento della pena. Ci ha almeno tentato, in prima istanza sollevando alcune eccezioni -tutte respinte – anche sulla «nullità del campo di imputazione», evidenziando come «c’è stata una chiara violazione del diritto di difendersi provando, di portare mezzi di prova», lamentando «la totale mancanza di investigazioni alternative, di un altro possibile movente come quello passionale», insistendo sull’«assenza di tracce certe che possano portare alla colpevolezza di Dallago». L’avvocata aveva anche prodotto un’indagine difensiva effettuata con investigatori privati: una ricostruzione di «dinamica e perplessità» che però è stata rigettata. Così come era stato per l’esperimento giudiziale che aveva già proposto in primo grado, una sorta di simulazione del delitto nei luoghi in cui è avvenuto. «Un esperimento inutile e impossibile ora» a detta della procuratrice Rubini. A margine della lettura del dispositivo l’avvocata Domenichelli ha annunciato, come «scontato», il ricorso in Cassazione, una volta lette le motivazioni. «La sentenza lascia perplessi. Mi pare che la discussione facesse presagire altro e ci sono numerosi elementi a conforto della nostra tesi. Ora vedremo come sono stati valutati dalla corte» ha fatto sapere. «A nostro avviso ci sono molte mancanze nella successione dei fatti proposta dall’accusa, mentre noi non siamo stati messi nelle condizioni di ricostruire esattamente gli eventi. Sicuramente non finisce qui: è per noi difficile pensare che ci sia un innocente in carcere», ha aggiunto. Soddisfazione è invece stata espressa dagli avvocati delle parti civili. «La Corte ha preso atto dell’unica verità processuale per la tragica morte di Fausto Iob e per il suo brutale omicidio, riconoscendo la correttezza delle motivazioni e la bontà del lavoro svolto nel primo grado», ha affermato l’avvocato Lorenzo Eccher.