Il progetto
martedì 1 Ottobre, 2024
di Marco Ranocchiari
Un archivio online, un «dizionario di dizionari», consultabile liberamente, per navigare attraverso le varianti dei dialetti trentini. Un arcipelago di differenze lessicali, fonetiche, grammaticali, stratificate nel tempo e in parte perdute, ma in cui un’équipe di ricercatori dell’Università di Trento – guidati da Patrizia Cordin e Stefano Bernardini del Dipartimento di Lettere e Filosofia – si è addentrata, in uno studio durato venticinque anni, utilizzando cinque storici dizionari redatti tra il dopoguerra e gli anni Ottanta.
La digitalizzazione
Un lavoro certosino di analisi e sistematizzazione, e poi di digitalizzazione, con cui gli studiosi hanno realizzato un primo archivio già a cavallo del Duemila, riversato poi su Cd rom nel 2006. E che in questi giorni è approvato in rete per essere fruibile da tutti. L’«Archivio lessicale dei dialetti trentini» (ALTr), è stato presentato ieri al Polo culturale diocesano Vigilianum di Trento. Il lavoro, finanziato negli anni dal ministero dell’Università e dalla Provincia, consta di oltre 47mila schede relative alle parlate di sei aree del Trentino.
I 5 dizionari
L’opera si basa su cinque autorevoli dizionari risalenti alla seconda metà del Novecento: quello di Lionello Groff (1955) per il lessico parlato nel capoluogo e nei dintorni, quello di Angelo Prati (1960) per Valsugana, di Enrico Quaresima (1964) che riguarda i territori solandri e nonesi, di Livio Tissot (1976) per il dialetto del Primiero e quello di Aldo Aneggi (1984) per la val di Cembra.
Non tutte le aree della Provincia sono coperte. «Negli anni — ha spiegato Cordin — si sono aggiunti altri nuovi ottimi dizionari ma noi eravamo partiti da questi, autorevoli e scritti nello stesso periodo, e oggi confermiamo la scelta». Nulla vieta, però, di estendere l’archivio in futuro a nuovi dizionari. E magari ad altre regioni, visto che «un’opera tale è abbastanza unica in Italia e l’architettura è stata già costruita e funziona», ha spiegato Stefano Bernardini, che da coordinatore del Centro tecnologie multimediali del Dipartimento di Lettere e Filosofia ha seguito le fasi di digitalizzazione.
Anche fotografie e disegni
L’archivio è stato pensato certamente per gli addetti ai lavori e gli appassionati, ma è consultabile, dopo aver letto opportunamente le istruzioni, da chiunque voglia approfondire la conoscenza di una cultura ricchissima. Ogni scheda, accanto al termine dialettale, riporta la trascrizione fonetica del termine, la traduzione italiana, informazioni su fonte, area geografica, a volte località, varianti ed eventuali osservazioni ed esempi. Non mancano, quando possibile, fotografie o disegni. È possibile, ha spiegato la linguista Tiziana Gatti, oggi in forze al museo del Buonconsiglio, trovare le voci anche senza conoscerne la trascrizione precisa: le grafie, infatti, cambiano a seconda dei dizionari.
La funzione originaria
I dizionari storici, hanno spiegato gli studiosi, sono stati pensati in origine solo dal dialetto all’italiano, per aiutare chi non sapeva la lingua nazionale, e solo successivamente hanno acquisito la funzione di conservare l’espressione una lingua preziosa che rischia di perdersi. Un lavoro aggiuntivo è stato quindi permettere di iniziare la ricerca a partire dal termine italiano per trovare le varianti presenti nei dialetti considerati.
Le schede per «bambino»
Cercando un lemma a partire dall’italiano è possibile stupirsi di fronte alla straordinaria ricchezza dei dialetti: «Bambìn, bòcia, asilòt, bagègia, bàgherle, bagolòt, cria, e molti altri termini — ha spiegato Cordin — sono collegati al vocabolo “bambino”, una settantina di schede che ne mostrano le diverse traduzioni».