Il fatto

martedì 1 Ottobre, 2024

Mandano una testa di pecora a un imprenditore, lo minacciano e bruciano il bicigrill: presi due uomini

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Nei guai un 60enne solandro e un 56 noneso. Tra le minacce alla persona presa di mira anche quella di sparargli alle gambe

Svolta nelle indagini in Val di Sole, per il caso di minacce mafiose a un imprenditore e dell’incendio del bicigrill di Pellizzano. Nella mattinata di oggi, 1 ottobre, i carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Trento, insieme ai colleghi del Norm di Cles, hanno dato esecuzione a un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dal pubblico ministero nei confronti di un 60enne solandro residente nel comune di Peio, con numerosi precedenti all’attivo, ritenuto responsabile, insieme a un’altra persona, di porto e possesso di armi, incendio doloso e tentata estorsione commessa con il metodo mafioso.
Le indagini
L’indagine è iniziata a giugno del 2023, quando venne recapitato un messaggio intimidatorio corredato da una testa mozzata di un ovino davanti casa di un imprenditore ortofrutticolo di Dimaro. Il fermato e il suo complice, un 56enne della Val di Non, sarebbero gli autori del gravissimo atto criminoso. Insieme alla testa dell’animale, era stato lasciato anche un messaggio, scritto in dialetto calabrese, in cui i responsabili facevano riferimento a una “famiglia” così da evocare l’esistenza di un vincolo mafioso teso a rafforzare il carattere intimidatorio delle loro minacce e a generare assoggettamento ed omertà nelle vittime.
L’ipotesi delle cause
Alla base del folle gesto estorsivo parrebbe esserci un movente economico. Pare infatti che l’arrestato avrebbe voluto rifarsi economicamente di una sua proprietà ceduta anni prima alla famiglia dell’imprenditore per far fronte a un debito contratto da un suo familiare. I due, inoltre, secondo quanto appurato dagli inquirenti nei mesi scorsi avevano ipotizzato di aumentare la gravità delle minacce pensando di andare a «sparare alle gambe» alle loro vittime in modo tale da costringerli a consegnar loro i soldi. Dopo una conversazioni come queste i carabinieri hanno effettuato una perquisizione in cerca di armi ed esplosivi. E la conferma non è tardata ad arrivare, perché i militari hanno trovato una pistola semiautomatica calibro 7,65 con silenziatore, una replica di pistola mitragliatrice Uzi e un simulacro di fucile a tamburo con proiettili di vario calibro. Le prolungate attività d’indagine coordinate dalla Dda (Direzione distrettuale antimafia) hanno permesso, a distanza di un anno dal primo fatto, di attribuire al duo criminale un altro gravissimo episodio intimidatorio consumatosi nella 6 giugno in danno del Bicigrill di Pellizzano, andato distrutto in un rogo. Il provvedimento scattato oggi, per gli inquirenti e il pm era da attuare per la grave pericolosità percepita. Al momento del fermo, il 60enne solandro aveva con sè, nascosta sotto al sellino della moto su cui viaggiava, una pistola carica e munita di silenziatore, alla quale era stata rimossa la matricola.