mercoledì 2 Ottobre, 2024
di Donatello Baldo
Oltre al dovere costituzionale di servire esclusivamente la Nazione con disciplina ed onore e di rispettare i principi di buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione, i dipendenti provinciali dovranno ispirarsi pure ai principi di diligenza e lealtà, integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, ragionevolezza, senza abusare della posizione o dei poteri di cui sono titolari. La giunta, nella sua ultima seduta, ha approvato il Codice di comportamento dei dipendenti della Provincia di Trento e degli Enti pubblici strumentali ad essa collegati. Un aggiornamento, a dire il vero, del testo del 2014, con alcune novità che riguardano principalmente l’uso delle tecnologie informatiche, compresi i social media, che i dipendenti devono utilizzare «con cautela».
No alle discriminazioni
«Nel rispetto dell’orario di lavoro — si legge nel Codice — il dipendente dedica la giusta quantità di tempo e di energie allo svolgimento delle proprie competenze». E lo deve fare senza discriminare alcuno: «Egli assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni e si astiene altresì da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari dell’azione amministrativa o che comportino discriminazioni basate su genere, nazionalità, origine etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza nazionale, disabilità, condizioni sociali o di salute, età, orientamento sessuale e identità di genere». Un enunciato «progressista», politicamente più avanzato della stessa giunta che di orientamento sessuale e identità di genere non ne ha mai voluto sentir parlare in termini di diritti e lotta alle discriminazioni .
No ai favoritismi
Il dipendente provinciale è tenuto a seguire scrupolosamente anche la sezione del codice che riguarda «regali e altre utilità». Che non deve ricevere e non deve offrire, eccezioni a parte. «Il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità», e ci mancherebbe altro, perché sarebbe l’anticamera della concussione. Il dipendente, poi, «non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità», con delle deroghe però: «salvo regali o altre utilità di modico valore, complessivamente non superiore a 100 euro annui per ciascun donante e in ogni caso nel limite massimo complessivo di 200 euro annui, effettuati occasionalmente nell’ambito delle relazioni di cortesia». Oltre che sui regali e altre utilità, da osservare anche la prescrizione su incarichi e collaborazioni, che il dipendente non può accettare «da soggetti privati che abbiano o abbiano avuto, nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza». Ad esempio «soggetti privati richiedenti autorizzazioni o concessioni, sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, vantaggi economici di qualunque genere».
Lei non sa chi sono io
E c’è pure la norma «anti-spaccone»: «Il dipendente non sfrutta la posizione che ricopre nell’Amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino. Nei rapporti privati, comprese le relazioni extra lavorative con dipendenti pubblici nell’esercizio delle loro funzioni, non sfrutta né menziona né fa altrimenti intendere, di propria iniziativa, tale posizione». E non si usa l’ufficio «per ricevere pacchi o spedizioni personali».
Social, con moderazione
Anche i comportamenti privati sono regolati nel Codice dei dipendenti provinciali, e anche in parte le idee: «Il dipendente — infatti — deve comunicare per iscritto al dirigente della struttura, entro 10 giorni, la propria adesione ad associazioni ed organizzazioni i cui interessi possano interferire con l’ambito di attività della struttura, salvo che si tratti di partiti politici o sindacati». E quando il dipendente scrolla i social e mette like, commenta i post e pubblica le stories? «Nell’utilizzo dei propri account, il dipendente adotta ogni cautela affinché le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla pubblica Amministrazione di appartenenza. E fatti salvi i principi costituzionali posti a tutela della libertà d’espressione, il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine della pubblica Amministrazione di appartenenza». Ma non solo: «È fatto divieto al dipendente di pubblicare, con qualunque mezzo, immagini ritraenti colleghi, collaboratori o utenti salvo il caso in cui sia stato preventivamente autorizzato per iscritto da ciascun interessato».