La scelta

venerdì 4 Ottobre, 2024

«Via dall’Italia (e dal Riva del Garda) per aprire un ristorante»

di

Nicolò Reigl e Beatrice Sarzano verso la Thailandia. «Abbiamo tentato dei bandi per gestire dei locali, ma siamo troppo giovani per i requisiti»

Volare a Rawai, nel distretto di Mueng, sull’isola di Phuket in Thailandia, con biglietto di sola andata, per rincorrere il sogno di aprire il proprio ristorante può non stupire troppo vista l’annosa questione della fuga dei cervelli all’estero, soprattutto se a farlo sono due giovani che nel settore ristorativo hanno fatto la loro importante gavetta. Stupisce di più se, questa scelta, è stata intrapresa perché, nei tentativi di riuscire a prendere in gestione un locale in Italia, o meglio, nella loro Riva del Garda, pur avendo le carte in regola per farlo, la gestione non si sia mai concretizzata in quanto alla conta dei punteggi, nei vari bandi, si viene penalizzati per la giovane età; ossia, burocraticamente parlando, per l’assenza di esperienza nella gestione che solo l’età prettamente anagrafica ha loro, fino a ora, impedito di avere. Ed è proprio questo il contesto che ha portato Nicolò Reigl, chef rivano doc e la compagna Beatrice Sarzano, pastichef, a cambiare radicalmente vita per aprire «Aroma» un ristorante italiano a pochi passi dall’Oceano Indiano, tra il mare delle Andamane e lo stretto di Malacca.

Nicolò, Beatrice, Rawai non è proprio dietro l’angolo, quanto vi è stata difficile questa scelta?
«Molto difficile. Qui siamo partiti da zero, ci siamo letteralmente costruiti il ristorante dalle fondamenta e giorno dopo giorno stiamo lavorando per crescere, ma lo stiamo facendo lontano dalla nostra casa in un territorio, incantevole, che, però, un conto è vivere in vacanza, un conto è vivere comprendendone la vita e la cultura che lo permea».

Cosa vi ha portato a lasciare Riva?
«Abbiamo avuto varie esperienze nelle più importanti strutture alberghiere, pasticcerie e cucine della nostra zona, oltre che in alcune città europee come Barcellona, in Spagna, che, però non è stata l’esperienza che ci aspettavamo. Tornati abbiamo provato a seguire due proposte che Riva ci offriva e grazie all’aiuto dei nostri genitori abbiamo partecipato a dei bandi che non sono andati come speravamo. Inoltre bisogna considerare che, da noi, se si sbaglia, si rischia di fare grossi danni economici che difficilmente ti permetterebbero di rialzarti e correggere il tiro. Qui in Thailandia, invece, ci siamo già trovati a dover correggere noi stessi e le nostre idee, lo abbiamo fatto senza problemi, con la voglia di imparare e siamo in continua e costante crescita. Questo ci ha spinti a lasciare il nostro paese natale e a realizzare una sorta di stage a 360 gradi imparando da noi, con le nostre capacità e la voglia di migliorare, tutto quello che significa ristorazione, partendo dalla cucina, all’importazione di prodotti italiani di prima qualità, alla burocrazia fino alla rendicontazione. In Italia, tutto questo non si riuscirebbe a fare con la stessa, relativa, tranquillità».

Nicolò, il suo curriculum non è quello di un cuoco alle prime armi…
«Ho fatto l’alberghiero a Varone e poi a 17 anni ho iniziato a mettere piede nelle cucine. Ho fatto subito una stagione estiva a Malcesine per poi passare per tre stagioni (lunghe da 8/9 mesi ndr) all’Hotel Liberty di Riva. Qui posso dire di essere stato instradato nel vero mondo della cucina e di anno in anno sono cresciuto in capacità e ruolo. Quindi entro al Du Lac et Du Parc in partita con lo chef Marco Brinc. Lui mi ha fatto fare un piccolo passo indietro, ma poi in pochi mesi mi ha portato agli antipasti, primi e secondi. Ho imparato la passione nella realizzazione dei piatti e lo studio che vi sta alle spalle. Il passaggio successivo è a “Le Emozioni” dell’imprenditore Giorgio Vigori. In questa esperienza che mi ha portato al fianco di due chef sono diventato il secondo in cucina e ho avuto la possibilità di apprendere la raffinatezza e la ricercatezza e ho imparato come inventare i piatti. Tre o quattro volte all’anno lavoravamo insieme sul cambio di menù».

Lei, Beatrice, non è da meno se si parla di pasticceria, una passione che trova origine nel cuore della sua famiglia, sebbene mi è ragioniera.
«Mi sono diplomata in ragioneria, ma la mia infanzia è stata caratterizzata da interi pomeriggi passati nella pasticceria di mia nonna e ne ho ammirato il delicato lavoro osservando e imparando a mettere già a quel tempo le mani in pasta. Dopo il diploma ho frequentato una rinomata Accademia di Pasticceria e questo mi ha permesso di entrare nel mondo dell’hotellerie. Io sono piemontese e arrivo sul Garda con uno stage al Du Lac et Du Parc. Mi faccio conoscere e faccio altre stagioni a Limone, ma volevo qualcosa di diverso e riesco a tornare al Du Lac con lo Chef Brinc che mi ha seguito e messo alla prova in modo importante. Qui conosco Nicolò e inizia la nostra storia insieme. Approdo poi per un anno all’Eala (Hotel 5 stelle di Limone ndr) al fianco di Alfio Ghezzi come sous pastry chef. Approfondisco la colazione e il pranzo, la panificazione e il dessert al piatto. Una formazione fondamentale. Questo mi porta per un altro anno circa a Garda Foodie insieme ad altri pasticceri con lavorazioni importanti»

Ora siete dove volevate arrivare e il ristorante si sta facendo un nome in tutto il territorio. Cosa significa per voi?
«Siamo in un viaggio incredibile. Inizialmente l’idea era quella di fare un ristorante italiano, ma non il classico che si trova all’estero stile pizzeria e grandi classici. Volevamo portare una cucina moderna portando una tradizione in chiave più contemporanea. Inizialmente questo non è stato capito dalla gente del posto e abbiamo rivisto il menù. È stato formativo perché ci siamo avvicinati a loro e adesso possiamo fare anche qualche esperimento. È difficile da farc apire, ma sta funzionando. Questo perché lavoriamo con serietà, con prodotti di alta qualità che importiamo e ora abbiamo già una clientela affezionata. Diversi ristoratori vengono a trovarci proprio per conoscere la nostra cucina e la voce di “Aroma” si è sparsa su tutta l’isola di Puket. La clientela ora è internazionale, perché qui vivono americani, francesi e ora molti russi. Apriamo la sera dalle 15 circa, ma siamo in cucina dalle 10 di mattina e questo perché facciamo noi tutte le preparazioni, pane compreso il cui profumo attira la gente del posto che ci chiede di poterlo vendere. Da noi ci dicono di trovare sacrificio, passione e perseveranza»

Ritornerete a Riva?
«Dispiace per il distacco, stiamo facendo un salto nel vuoto e non è detto che in futuro ritorneremo, ma ora siamo qui per metterci il cento per cento di noi».