L'evento
venerdì 4 Ottobre, 2024
di Emanuele Paccher
Enrico «Chico» Forti, il cittadino italiano condannato nel 2000 all’ergastolo without parole negli Stati Uniti e tornato in Italia – grazie alla convenzione di Strasburgo del 1983 – lo scorso 18 maggio 2024, è diventato oggetto e soggetto di un nuovo libro. A fare notizia, questa volta, è che l’autore – Marco Strano, psicologo e criminologo – si schiera apertamente contro il cittadino trentino. E non si tratta della prima volta: l’autore, infatti, già nel 2023 aveva pubblicato un volume dal titolo «Cherry Picking. La strategia di un assassino».
Un titolo che non necessita spiegazioni ulteriori circa la posizione di Strano. Anche la nuova pubblicazione intitolata «Le bugie di Chico. L’ergastolano che ci ha ingannati per vent’anni» lascia pochi margini al dubbio.
Il nuovo libro è stato presentato a Trento nella serata di ieri, giovedì 3 ottobre, presso l’hotel NH davanti a più di un centinaio di persone, alcune delle quali non hanno nemmeno trovato posto in sala. Una presentazione che nei giorni scorsi aveva sollevato qualche polemica, con lo zio di Chico, Gianni Forti, che aveva chiamato gli organizzatori per conoscere il perché di questa serata. Una chiamata che ha acceso gli animi: per Gianni Forti si trattava di una semplice chiamata informativa, per gli organizzatori e per l’associazione sindacale dei carabinieri Unarma qualcosa di simile a una intimidazione o quantomeno a un tentativo di boicottare l’evento.
Ma questi sono i retroscena e le posizioni «politiche». Entriamo ora dunque nel cuore della vicenda. Nella prefazione del libro – distribuito gratuitamente in sala in formato digitale – si può leggere che, sempre secondo l’autore, «Enrico Forti è stato condannato non perché è stato incastrato ma perché ha lasciato dietro di sé una sterminata serie di tracce che hanno dimostrato in maniera inequivocabile, e al di là di ogni ragionevole dubbio, il suo coinvolgimento nell’omicidio di Dale Pike».
E qui nuovamente le posizioni si dividono, come ricostruito dalla moderatrice Cristina Sartori: «Nei giorni scorsi c’è stato un duro scambio di battute tra te e Gianni Forti, che ti accusa di non aver avuto accesso agli atti processuali. Hai avuto accesso o meno al materiale?», la sua domanda, a cui Strano ha replicato: «Abbiamo analizzato tutto il materiale processuale formato da decine di migliaia di pagine. Tutte le fonti sono citate nel libro, ci sono anche le immagini dei frontespizi dei documenti».
Ma perché tutto questo lavoro? Strano afferma questo al riguardo: «Ho svolto questo lavoro per tutelare l’onore dei miei colleghi americani. Sono voluto andare a fondo non per dimostrare l’innocenza o la colpevolezza, ma per dimostrare che ha subito un processo corretto, che la polizia ha fatto il suo lavoro e la giuria popolare l’ha condannato».
A questo punto la serata si è concentrata sulla ricostruzione del caso. Al primo interrogatorio, «a cui si presenta spontaneamente – dichiara Strano – Chico Forti inizia a mentire. Alla polizia Forti a un certo punto dice che Dale Pike ha comprato delle sigarette e dei succhi di frutta. La polizia va nell’area di servizio indicata e scopre che i succhi di frutta non venivano venduti. Spesso le tesi innocentiste dicono che Chico sia stato messo in fermo senza la lettura dei suoi diritti Miranda. Non è vero. in un verbale della polizia con la firma di Forti si dichiara che la polizia, a un certo punto, gli dice che sta dicendo delle bugie e che da quel momento è indagato. Gli legge i diritti Miranda, quelli dei film americani per capirci, ossia che hai il diritto di non rispondere, di nominare di un avvocato, e così via».
Altri elementi poi ricollegherebbero – sempre secondo l’autore – Chico Forti all’omicidio di Dale Pike. «Forti ha utilizzato il telefono cellulare mezz’ora dopo l’omicidio, agganciandosi a una cella telefonica a 100 metri dal luogo dell’omicidio». Ma non solo: «Quattro mesi prima del delitto ha acquistato una pistola dello stesso calibro di quella usata per l’omicidio. Pistola che non è mai stata ritrovata. Il commesso del punto vendita ha escluso che Thomas Knott, l’amico truffatore di Forti, l’avesse mai ritirata (come invece sostenuto dalla tesi innocentista, ndr). Sulla macchina di Forti è poi stata trovata della sabbia compatibile con la sabbia del luogo dell’omicidio. Forti ha fatto pulire l’auto dopo l’omicidio in modo maniacale, al punto che la polizia non ha trovato nessuna impronta biologica della vittima, nonostante la vittima fosse stata, per stessa ammissione di Forti, seduta nell’auto per almeno mezz’ora».
Un modus operandi che per Strano si è ripetuto nel corso del tempo da parte di Forti. «Prima dell’omicidio Forti aveva perso una causa. Doveva dare 100 mila euro a una ditta edile per dei lavori. Forti provò a ingaggiare un sicario, Abraham Kilani, chiedendogli di portare l’avvocato della ditta sulla spiaggia e di eliminarlo. Abraham Kilani si rifiutò e confidò il tutto alla polizia. È tutto a verbale», accusa Marco Strano, rincarando poi la dose: «La dinamica è simile a quando Forti è ritornato in Italia e ha provato ad avvicinarsi a dei membri della ‘Ndrangheta, perché in quel momento Travaglio e Lucarelli erano gli unici due che stavano facendo degli articoli colpevolisti».
Durante la serata Strano ha poi lanciato una frecciata alla famiglia di Forti: «In questa serata abbiamo invitato la famiglia Forti, ma loro non sono venuti. Non ho nessun problema a rispondere ad alcuna tesi innocentista, perché conosco i documenti. La mia idea è che loro, non sapendo rispondere alle mie domande, evitino qualsiasi tipo di confronto», ha dichiarato con tono polemico l’autore. A conclusione (per ora) di un caso umano, sociale e giuridico che sta coinvolgendo il Trentino e l’Italia intera da ormai un quarto di secolo.