mercoledì 16 Ottobre, 2024

Comincia Fa’ la cosa giusta: «Potrebbe essere l’ultima edizione»

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Da venerdì 18 a domenica 20 ottobre, ritorna l'evento con 144 espositori da tutta Italia

Forse questa sarà davvero l’ultima edizione della Fiera «Fa’ la cosa giusta» a Trento ma il lavoro da fare e le possibilità d’azione nel campo del consumo critico sono ancora tanti. «Pensiamo che il percorso di Trentino Arcobaleno come associazione (ideatrice e gestrice per tutti questi anni della feria, ndr) sia giunto al capolinea e molto probabilmente anche il tempo della fiera è terminato», spiega Dario Pedrotti, anima e curatore da sempre dell’evento. Che però sottolinea: «Le nostre riflessioni sul dopo vent’anni sono congelate, ma certo non saremo noi a fare altre eventuali cose, del resto molti di noi sono comunque impegnati in realtà che possiamo considerare la prosecuzione della fiera e la realizzazione della sua proposta ideale, come per esempio la cooperativa Edera dove i quasi 200 soci sperimentano ogni giorno la complessità del consumo critico oppure, su scala più piccola, o la cooperativa “Di casa in cosa”. Siamo contenti di essere riusciti per vent’anni a mantenere centrali i nostri valori, come i criteri rigorosi di selezione degli espositori, la riduzione dei rifiuti e degli sprechi durante l’evento e il livello culturale degli approfondimenti».
Si apre dunque venerdì questa (quasi sicuramente) ultima puntata di una lunga storia di valori, etica e impegno sociale, con 144 espositori, la maggior parte dei quali è trentina (44 aziende), seguita dalla componente lombarda (con 22 espositori), e poi dai partecipanti dal Veneto (17), dalla Toscana (11), dalla Puglia (9) e dalla Sicilia (9). Come ogni anno, oltre agli stand, ci saranno spettacoli, formazione, dibattiti, incontri, proposte culturali.
Chiediamo a Dario Pedrotti un’analisi.
Dal programma e dalla lista delle collaborazioni si capisce comunque quanto interesse e quante opportunità ci siano intorno a questi temi. Siete soddisfatti di essere riusciti a chiudere in bellezza con questa edizione che sta per iniziare?
«Sì, certo, riteniamo che quest’anno il programma culturale e le collaborazioni portate in agenda siano un fattore positivo. Gli eventi satellite hanno funzionato molto bene e ci piace molto anche il programma dell’associazione L’Ortazzo. Sappiamo che ci sono tante entità che lavorano su questi valori e che c’è voglia di lavorare insieme. Abbiamo intrecciato collaborazioni anche con realtà con cui finora non avevamo ancora interagito, come ad esempio la cooperativa del commercio equo Mandacarù».
Che cosa ritiene sia un segno dei tempi?
«Il fatto che abbiamo fatto fatica a trovare espositori, che questa volta sono 144 contro il picco di 220 di anni fa: molti di loro trovano ormai il loro mercato senza la fiera, ma rimane la garanzia che quello che trovi qua a “Fa’ la cosa giusta” sia stato selezionato con criteri di qualità ed etica rigorosi».
Il modello fiera è in difficoltà; a quali altri strumenti si potrebbe pensare per sensibilizzare sui temi del consumo critico e dar loro visibilità?
«Il modello festival non funzionerebbe in Trentino, in quanto nel nostro territorio ci sono già altri grossi festival di successo e proporne un altro ci sembra difficile. Vedasi anche il fatto che con Autumnus (la festa dei sapori che si conclude domenica a Trento, ndr) non siamo riusciti a ottenere alcuna collaborazione e avendo l’organizzazione di quell’evento una potenza comunicativa enorme, ci crea una chiara difficoltà, poiché le nostre date finiscono a sovrapporsi alle loro. Forse si potrebbe lavorare in rete fra realtà diverse, ma sappiamo che è faticoso. Servono idee nuove ed energie, che noi non abbiamo più. Inoltre molti di noi sono già impegnati in altre realtà, compresa la cooperativa Edera».
Che dire del fallimento dei distretti di economia solidale in Trentino?
«Trentino Arcobaleno era nata proprio intorno a quell’idea e ci avevamo lavorato molto. Diciamo che è mancata e manca la volontà politica di farli nascere, sono di fatto stati affossati. A dire il vero non sono partiti da nessun’altra parte in Italia. C’è una difficoltà».
Oggi è più importante lavorare sulla sensibilizzazione ed educazione oppure il fare, quindi portare sul mercato produzioni meno impattanti e più giuste?
«Adesso le due cose devono andare insieme. Bisogna aumentare la consapevolezza, ma anche collegare pensiero e azione, e fare gesti e scelte concreti».
Citiamo qualcosa in particolare che ci dia un sapore speciale dell’evento?
«Uno degli ultimi espositori che abbiamo agganciato con soddisfazione è l’associazione Destinazione Val di Cembra che ha creato il “Cammino delle terre sospese” in Val di Cembra, ci sembra davvero un bel segnale per i territori questo. Hanno recuperato 90 chilometri di tracciati in un territorio di grande fascino. Poi cito lo spettacolo teatrale di Fabio Ciconte e Carmen Vegani “Che fine ha fatto Rosmarina – sulle tracce della biodiversità” (venerdì sera, all’oratorio del Duomo), curato con l’associazione La Pimpinella. È un viaggio dentro il cibo: cosa mangiamo, quante varietà sono scomparse, cosa succede dietro le quinte».