Il report

giovedì 24 Ottobre, 2024

Crisi climatica, il glaciologo: «Sotto i 3500 metri i ghiacciai scompariranno»

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Careser e Adamello, calo fino a 3 metri in un anno. Casarotto: «Dobbiamo ridurre le emissioni per salvarli»

Il ghiaccio è sempre più sottile e la bancarotta ambientale è dietro l’angolo se non saremo capaci di invertire la tendenza che vede crescere le temperature a causa delle emissioni di gas climalteranti. È questo quello che emerge dai dati sullo stato di salute dei ghiacciai del Trentino. La Provincia di Trento ha pubblicato un primo report parziale sulle rilevazioni effettuate sui ghiacciai del Careser e dell’Adamello, condotte in collaborazione con il Muse, la Sat, il servizio glaciologico della Lombardia e l’Università di Padova, e i numeri non sono incoraggianti. Per quel che riguarda il ghiacciaio del Careser « si è riscontrata la presenza di copertura di neve recente irregolare ed una sottile banda di neve residua a ridosso della cresta sud orientale per uno spessore massimo di 45 centimetri. Le misure effettuate evidenziano delle perdite di spessore del ghiacciaio, rispetto all’anno 2023, comprese tra 70 e 330 cm, con una perdita media di 190 cm». Sull’Adamello – Mandrone invece «presso la fronte, a 2700 m di quota, sono state misurate fusioni di poco più di 3 metri di ghiaccio. Le perdite di ghiaccio si sono registrate fino a 3050-3100 m di quota». «Sono dati che certificano un trend che è ormai di lungo corso – spiega il glaciologo del Muse Christian Casarotto – Potremo ancora avere qualche sporadica annata in bilancio positivo, ma non farà la differenza se non invertiamo la tendenza, diminuendo le emissioni».
Casarotto le nevicate del tardo inverno e di inizio primavera facevano ben sperare, invece alla fine il bilancio è negativo.
«E infatti io ai tempi, in mezzo a dichiarazioni trionfalistiche, invitavo alla cautela. Dedicandomi ai ghiacciai da 20 anni sapevo che i numeri veri li avremmo visti solo dopo l’estate. Non volevo essere l’uccello del malaugurio, ma ho avuto ragione. I ghiacciai vivono di due aspetti: le nevicate invernali e la fusione legata alle temperature estive. I bilanci si fanno alla fine dell’anno idrologico, tra settembre e ottobre. Il primo bilancio di quest’anno è negativo e si inserisce in una tendenza consolidata ormai dagli anni ‘80. Tra l’altro vorrei chiarire che si può anche avere un’annata con bilancio positivo, è successo nel 08/09 e nel 13/14, ma ai ghiacciai interessa la tendenza, che a livello alpino, non solo in Trentino, è di pressoché costanza di bilanci negativi determinati da un aumento delle temperature e quindi delle emissioni di gas climalteranti. Quindi non si può pensare che i ghiacciai tornino ad avanzare così, non basta un bilancio positivo».
Non ci è nemmeno sembrata un’estate particolarmente calda, eppure è bastata a generare un nuovo calo.
«Giugno ha avuto temperature alte, da record. È vero che luglio invece non lo è stato. Alla fine è bastato un agosto caldo per concludere l’anno con una perdita di spessore considerevole secondo le rilevazioni».
Analisi fatte su Adamello e Careser, ma valgono anche per gli altri ghiacciai?
«Fare le rilevazioni è un processo dispendioso sia in termini di consumi che di lavoro, per questo motivo ci concentriamo su due ghiacciai che sono stati scelti: l’Adamello e il Careser. I dati che raccogliamo su questi ghiacciai sono rappresentativi dello stato di salute non solo del Trentino, ma di tutto l’arco alpino, pur non potendo essere presi alla lettera».
Ecco ci spiega come vengono fatte le rilevazioni?
«Alla fine dell’estate ci si porta in corrispondenza di paline poste negli anni precedenti e se ne misura la sporgenza. Durante l’estate, con la fusione, la sporgenza di queste paline aumenta venendo a mancare neve e ghiaccio. La sporgenza aumenta fino a fermarsi alla fine dell’anno idrologico, il momento in cui il ghiacciaio smette di perdere e poi con l’inizio di quello nuovo torna a guadagnare, grazie alla neve e alle temperature più fredde. Il bilancio di massa di un ghiacciaio è come un conto in banca fatto di entrate, ossia la neve, e di uscite, la fusione determinata dalle temperature».
Restando nella metafora, stiamo andando verso la bancarotta?
«Purtroppo è proprio così, le spese al momento sono più alte dei guadagni, quindi la tendenza porta alla bancarotta. Con le temperature che abbiamo i ghiacciai al di sotto dei 3.500 metri andranno a scomparire, la tendenza è quella».
Il problema sono le spese? È la fusione estiva a essere insostenibile?
«Esatto è proprio così. Con queste temperature fa poca differenza quanta neve cade d’inverno. Il problema è il costante aumento delle temperature, che possiamo interrompere solo con una decisa inversione nell’emissione di gas climalteranti. Tornando alla metafora di prima penso che dobbiamo mettere a posto i conti del nostro bilancio, lo dobbiamo alle generazioni future. È una questione di rispetto verso di loro, entrare in un meccanismo di vera sostenibilità, parola oggi che trovo abusata e che ha invece un grande valore».