l'inchiesta
giovedì 24 Ottobre, 2024
di Paolo Morando
L’anteprima nazionale è oggi a Rovereto, alle 19 alla sala della Filarmonica di corso Rosmini 86, su iniziativa della Liberia Arcadia. Nello Scavo, inviato di «Avvenire», dialogherà con il libraio Giorgio Gizzi sul suo ultimo lavoro uscito appena due giorni fa per Feltrinelli e intitolato «Il salvatore di bambini. Una storia ucraina». Si tratta dell’inchiesta che è costata a Vladimir Putin il mandato di cattura internazionale. Ed è al tempo stesso l’incredibile storia di uno «Schindler ucraino».
La storia va ricordata. Nella loro avanzata in Crimea, i russi rapiscono e deportano un numero imprecisato di bambini. Volodymyr Sahaidak, direttore della casa per minori di Kherson, capisce che anche «i suoi bambini» sono in pericolo e che prima o poi avrebbero tentato di portarglieli via. Con stratagemmi da film, falsificando documenti, facendo figurare i minorenni come già dati in affido o in adozione, oppure in cura per gravi malattie, riesce a far scappare i ragazzi e a farli evacuare verso zone sicure. Catanese, classe 1972, Scavo è autore tra l’altro del pluri tradotto I sommersi e i salvati di Bergoglio, inchiesta verità sulle voci di presunta connivenza di papa Francesco con le dittature sudamericane. Per l’incontro di oggi è consigliata la prenotazione da effettuarsi scrivendo a info@libreriarcadia.com, compilando il form dell’evento su www.libreriarcadia.com o chiamando lo 0464.755021. È inoltre richiesto un contributo di 3 euro a persona che sarà interamente restituito in caso di acquisto di una copia del libro presentato durante la serata.
«Per me questo libro è un atto di giustizia – afferma Scavo, catanese, classe1972 – Andava resa giustizia a questa storia, che è la vicenda di Volodymyr Sahaidak: raggiungerlo, trovarlo, capire se le voci su di lui che mi arrivavano erano vere oppure no, ha costituito per molto tempo un’ossessione. Attraverso di lui racconto che cosa sta accadendo a tanti bambini, di cui cui oggi non si ha notizia, per cercare di capire quale fosse lo scopo del loro trasferimento forzato. Anzi, della loro deportazione».
Poi ci arriviamo. Quindi siamo nel campo dell’inchiesta giornalistica: il titolo potrebbe suggerire altro.
«Sì, inchiesta giornalistica pura. Anche se il libro alterna favole ucraine, perché nel luogo in cui è ambientato stavano bambini anche molto piccoli e il direttore di questo luogo, assieme agli altri operatori, le leggeva ai bambini. Ma le favole sono anche la metafora di quello che è accaduto quando la guerra è cominciata».
Volodymyr è dunque il «salvatore di bambini» del titolo. In che modo?
«È riuscito a salvare 52 bambini del suo centro, più altri cinque che gli sono stati portati successivamente dai russi senza neppure chiedergli il permesso, e lo ha fatto nel silenzio generale. Quest’uomo sapeva che non poteva contattare noi, che stavamo fuori dalle zone occupate dai russi, perché temeva di essere intercettato e di mettere così a rischio i bambini, e ha dovuto fare tutto da solo, sapendo che se non ci fosse riuscito si sarebbe sentito in colpa per tutta la vita».
Quando inizia questa storia?
«I russi occupano Kherson il 24 marzo 2022, vanno da Volodymyr a mano armata e a volto coperto. Ma lui era già riuscito a far scappare la quasi maggioranza dei bambini. Poi è riuscito a farlo anche con gli altri dodici che gli erano rimasti e successivamente anche con quelli russi, che pure non ha mai conosciuto, perché nel frattempo erano stati trasferiti. Lui è uno dei principali testi d’accusa nell’inchiesta della Corte penale internazionale contro Putin: di fatto è un morto che cammina, un “dead man walking”, perché Mosca non gli perdonerà mai non solo di averli fregati ma di essere appunto ora il teste principale contro Putin. La mia inchiesta giornalistica sui bambini deportati, una volta messi assieme i pezzi, è tra gli elementi chiave nell’indagine sviluppata dalla Corte penale internazionale. E che ancora non è chiusa».
Un’inchiesta condotta in solitudine?
«Inizialmente sì, all’inizio siamo stati gli unici a lavorarci, poi altri ci sono venuti dietro. Abbiamo anche individuato una quarantina di centri in Russia in cui sono stati portati questi minorenni, tra cui uno in Cecenia, in una caserma dei corpi speciali ceceni. Quindi è un’inchiesta giornalistica che, attraverso la storia di quest’uomo, cerca di raccontare che cosa la guerra e che cosa significa deportare dei bambini. Perché significa che scopo di questa guerra non è solo appropriarsi di territorio, case, risorse, ma di prendersi un pezzo di futuro».
La linea di difesa dei russi e di Putin?
«Dicono di aver messo al sicuro i bambini dalla guerra. Da un punto di vista sostanziale invece, e lo ricostruisco attraverso testimonianze di insegnanti che hanno lavorato sotto la direzione didattica dei russi, la verità consiste in che cosa significava lo studio secondo le forze russe: cioè la riscrittura di tutta la storia, non solo quella ucraina. Prendersi i bambini significa prendersi il futuro e riprogrammarlo. Il tentativo è quello di provare a fare un reset a questi bambini, dicendo loro: la storia che avete imparato è tutta fuffa, l’Ucraina non è mai esistita. E da qui parte tutta una narrazione su una storia russa che non è reale. Anche con episodi tragicomici».
Ad esempio?
«Si tenta di inserire le teorie di un matematico russo, Fomenko, tradotto in Italia in ambienti dell’ultradestra, no vax e terrapiattisti, ma che in Russia circola parecchio. Tra l’altro sostiene che la cronologia storica come la conosciamo è tutta sbagliata perché frutto di manipolazioni. E che i Tudor inglesi in realtà erano all’origine Tudorov russi, fino al Commonwealth. Sostiene anche che Cristo è nato Crimea, trovando anche una radice comune nel nome. E se la Crimea è il luogo di Cristo, allora la Russia è la terra eletta. Questa cosa, che sembra bislacca, in realtà è molto alimentata in certi ambienti. E il disconoscimento totale della storia ucraina avviene a favore di una storia russa che non è neppure reale, ma è finzione, che serve ad alimentare il contesto putiniano».
Ma anche Putin ci crede?
«Putin è un uomo pragmatico, ma di questa narrazione si serve, pur non cavalcandola fino in fondo, per mettere in discussione una serie di punti finora indiscutibili anche della storia universale, per russificare la storia del tempo moderno. E lì si capisce perché i bimbi vengono portati via, qual è il vero scopo: al di là delle intenzioni originarie del conflitto, che come tutte le guerre serve per conquistare risorse, serve anche una nuova narrazione, che possa rendere perfino necessaria la gratitudine delle vittime per l’essere stati occupati».
La Resistenza dell’Ucraina dimostra però che questo tentativo non è andato a buon fine.
«Non si è avverato nelle parti non ancora russificate. Nei territori occupati, invece, le scuole hanno dovuto adottare un nuovo programma di studi. La storia ucraina non viene studiata, perché semplicemente non esiste. Gli insegnanti sono costretti a dire che è stata tutta un’invenzione. La cultura popolare ucraina è stata cancellata. Proprio Kherson è una città in cui sono stati fatti sparire la direttrice del Conservatorio e il direttore dell’orchestra del Teatro cittadino».
E Volodymyr che fine ha fatto?
«Siamo molto amici, quando torno in Ucraina vado sempre a trovarlo. Kherson però è un luogo terribile: la città è attraversata dal fiume Dnipro e dall’altra parte stanno i russi, che sparano di continuo colpi di artiglieria, anche una decina al minuto. Per non parlare dei piccoli droni, con granate quasi invisibili, che ora colpiscono i civili in maniera indiscriminata».