L'intervista
martedì 29 Ottobre, 2024
di Gabriella Brugnara
Cos’è il «sound branding»? Quali sono i suoi obiettivi? Pensiamo a marchi sonori come quelli che identificano McDonald’s, Netflix, Disney Plus o, per fare un tuffo nel passato, al ruggito di leone che annuncia i film della Metro Goldwyn Mayer. Molto più vicino a noi, quanti suoni diversi e perfettamente riconoscibili, costituiscono l’ampio ventaglio delle notifiche che arrivano sui nostri smartphone?
Esisteva, ancora esiste e continua ad avere un ruolo importante, il logo, una sorta di simbolo, composto da testo e immagini, che identifica un’azienda o un prodotto. In una dimensione che ingloba, e in qualche modo supera questo concetto, soprattutto per la sua capacità di intrecciare memoria, conoscenza ed emozioni, si colloca il marchio sonoro, la cui rilevanza è in continua crescita nel mondo della comunicazione, del marketing e della creazione della cosiddetta «Brand Identity» delle aziende.
Di tutto questo si parlerà domani (30 ottobre) alle 18.30 alla sala concerti della Società Filarmonica di Trento nell’incontro «Che suono fa la scienza? Introduzione al sound branding» con Emanuele Lapiana (oSuonoMio e musicista). In dialogo con lui ci sarà Eliana Fattorini, mentre l’introduzione sarà a cura di Massimiano Bucchi. L’appuntamento è il terzo di «The Sound of Science and Technology. Cinque incontri di discussione sull’interazione tra musica e tecnologia», la rassegna organizzata dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento, responsabile scientifico lo stesso Bucchi, professore ordinario di scienza, tecnologia e società dell’ateneo trentino.
«Il suono è protagonista sia di diverse discipline, dalla fisica alla musicologia, sia di fenomeni naturali e ambienti sociali – spiega Bucchi –. Scopo del seminario è analizzare questa presenza in tutte le sue sfaccettature, perché il nostro rapporto con la tecnologia passa anche attraverso i suoni, basti pensare alle notifiche sui nostri smartphone, ma anche a come la conoscenza della stessa tecnologia sia legata alla parte sonora. I bravi meccanici, ad esempio, sanno riconoscere i motori dal suono che producono. Le sedi della Filarmonica e del Dipartimento di sociologia, inoltre, sono vicine e ci piaceva l’idea di instaurare una collaborazione tra le due istituzioni».
Il relatore di domani, Emanuele Lapiana (Trento, 1970), nel 2015 fonda oSuonoMio, una delle prime agenzie di comunicazione sonora d’Italia, per cui realizza «sound logos», colonne sonore e produce podcast, oltre a percorsi esperienziali e installazioni sonore.
Dottor Lapiana, cos’è il «sound branding»?
«È una branca del marketing che utilizza il suono per la comunicazione. Un classico mezzo per esercitarlo è il sound logo, cioè la sonorizzazione del logo visuale. Da lì si prosegue poi con altri mezzi di comunicazione quali, ad esempio, i suoni delle applicazioni, le notifiche, ma anche i sottofondi musicali per le conferenze stampa, piuttosto che per i centralini e gli ascensori. Insomma, tutto quello che è suono e si utilizza in comunicazione».
Qual è il principale obiettivo, in certo senso il «potere» di questo tipo di comunicazione?
«Senz’altro quello di rafforzare l’identità di un marchio e di renderlo riconoscibile. Inizialmente il sound branding era soltanto sound logo e musica, in realtà negli ultimi anni si esercita marketing anche semplicemente compilando una playlist di Spotify, nel senso che ci sono dei brand che utilizzano le playlist per comunicare l’identità del loro marchio. Attraverso il motto “suono, creatività, identità”, con “oSuonoMio” creiamo dei progetti di comunicazione, utilizzando diverse modalità. L’obiettivo non si rivolge solo al marketing puro, perché noi abbiamo ideato, ad esempio, in Val di Rabbi il parco sonoro “Fruscìo”».
Un parco basato, quindi, sul suono, meglio, sui fruscii?
«È un viaggio sonoro di due chilometri e mezzo che si snoda all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio. Diverse installazioni artistiche permanenti sono posizionate strategicamente e progettate per interagire sia con i visitatori sia con la natura circostante. Si tratta di installazioni che non richiedono energia elettrica. Il suono è quindi usato non solo in chiave comunicativa ma anche emozionale, al fine di risvegliare i nostri ricordi. Noi ricordiamo perfettamente canzoni di tanti anni fa, incredibilmente ci compaiono in testa e ne rammentiamo perfettamente le parole, proprio perché il suono aiuta a fissarle, lasciando nel cervello sia una traccia mnemonica, sia emotiva».
Quale sarà la scaletta dell’incontro alla Filarmonica?
«Darò spazio agli argomenti fin qui trattati, a partire dal suono e dal come agisce sul cervello, fornendo degli esempi sonori e degli approfondimenti teorici. Il suono funziona a molti livelli, mnemonico cognitivo emotivo, per questo cambiano le modalità con cui viene usato. A ciò si aggiunge l’esplosione dell’audio negli ultimi anni, dovuta soprattutto all’utilizzo degli smartphone con le cuffiette. I podcast sono esplosi, in quanto rappresentano un contenuto facile da usufruire sullo smarphone. Il suono, che era la Cenerentola della comunicazione, dalla metà degli anni ’10 ha ora acquisito un posto centrale».
Il ciclo «The Sound of Science and Technology» proseguirà il 19 novembre alle 17 con Sara Lenzi che parlerà di «Cosa senti? Il suono tra Intelligenza Artificiale ed esperienza umana» (Dipartimento di sociologia), mentre il 27 novembre alle 18.30 si tornerà alla Filarmonica con Alberto Brodesco che interverrà su «Incontri ravvicinati. Musica, scienza e cinema».