la storia
sabato 2 Novembre, 2024
di Johnny Gretter
Per quasi sei anni ha vissuto in pianta stabile in un castello, ma non chiamatela «principessa» o «regina». Cristina Eberle, che ha lavorato per la Fondazione Castel Pergine a partire dal 2019, preferisce un altro titolo. «Quando lavori qui non sei una principessa o una regina: sei una sorta di operaia del castello — spiega Cristina —. Se ci sono problemi con l’acqua o con la corrente devi essere pronta a intervenire». Ora che la gestione dell’albergo passerà a Manuel Merlo e Sofia Omodeo, che già si occupavano della ristorazione, Cristina cambierà vita, seguendo alcuni nuovi progetti. In lei resterà però indelebile il ricordo di queste sei stagioni passate a Castel Pergine, un edificio che ha una storia e degli ospiti del tutto particolari.
«Ho iniziato a lavorare per conto della Fondazione nella gestione dell’albergo di Castel Pergine a gennaio 2019 — ricorda Eberle —. Anche prima, però, ho avuto modo di conoscere da vicino l’edificio. Dal 2004 ho infatti lavorato all’Apt Valsugana, ricoprendo diversi ruoli. Uno di questi era nell’ufficio stampa: aiutavo i giornalisti quando volevo visitarle la struttura, tenevo i rapporti con gli operatori turistici e gli organizzatori di eventi».
Fino al 2017, quindi, Cristina ha collaborato coi due vecchi gestori, Theo Schneider e Verena Neff. Il Castello allora era ancora sotto la proprietà di Mario Oss, che aveva comprato la struttura ancora negli anni Cinquanta. «Il castello ha iniziato ad essere usato come albergo verso il 1905 — racconta — quando è stato acquistato da una società pangermanista. Si trattava di una specie di gestione collettiva e ogni associazione aveva delle proprie stanze dentro l’edificio. Dopo, nel 1956, il Comune ha venduto il castello allo svizzero Mario Oss, il cui padre era originario di Pergine, con la condizione che lasciasse libero accesso a una parte dell’edificio».
Da allora Castel Pergine ha continuato a essere usato come albergo: fino al 1993 è stato gestito da Luigi Fontanari con la moglie Cristina, a cui sono seguiti Theo e Verena, andati in pensione nel 2017. Allora, il proprietario decise di mettere in vendita l’edificio: così un comitato spontaneo di perginesi ha dato vita alla Fondazione Castel Pergine, che nel 2018 ha comprato l’albergo grazie al sostegno dei suoi membri e di altre realtà come Itas e Cassa Rurale.
«Io ero una dei volontari che avevano creduto nel progetto della Fondazione — aggiunge Cristina — così mi hanno chiesto di gestire la parte alberghiera del castello. Appena sono subentrata avevo visto le prenotazioni ben avviate, i clienti storici che continuavano a tornare. Poi però è arrivato il 2020, ed è cominciato il Covid: da un giorno all’altro tutto si è fermato. A marzo l’albergo ha ricevuto una mazzata. Poi, a ottobre, anche in Germania c’è stata una violenta ondata di Covid che ha bloccato l’arrivo di turisti anche da lì. È stato difficile ridare vita alla parte alberghiera e a quella di ristorazione».
Covid a parte, le sfide di gestire un albergo in un edificio così antico sono state molte. «Mi sono sempre definita una “host” — sottolinea Eberle —. Il mio compito, in sostanza, era quello di accogliere gli ospiti e seguire le loro esigenze, come fossero a casa. Molti di loro vivono il castello come un luogo isolato, una specie di mondo a parte, familiare. Io vedo il castello come una casa molto grande, una vecchia signora con cui devi un po’ combattere. Devi improvvisarti idraulico ed elettricista: impari a fare tanti piccoli lavori di manutenzione immediata».
Dagli appassionati di auto d’epoca alle famiglie col furgone Volkswagen, dai manager internazionali fino ai turisti in bicicletta, in questi anni il castello ha attirato ogni sorta di ospiti. «Sicuramente un albergo come questo attira una clientela particolare — aggiunge Cristina —. Una clientela affezionata è quella delle confraternite universitarie, soprattutto provenienti dalla Svizzera, che hanno iniziato a frequentare il castello da quando c’era ancora Marco Oss. Sono gruppi di studiosi o laureati che fanno le loro vacanze assieme: ci sono ad esempio delle confraternite di giuristi dove le nuove leve vengono accompagnate dagli avvocati più anziani e così iniziano a farsi i primi contatti. Altri invece organizzano dei simposi o delle giornate sul territorio. Ma anche nella storia più antica dell’albergo ci sono stati ospiti molto particolari: nell’estate del 1924 soggiornò al castello Jiddu Krisnamurti, il famoso filosofo e mistico indiano. Tra il 1930 e il 1932 l’edificio fu preso in affitto dalla medium americana Annie Halderman, che credeva di aver vissuto a Castel Pergine in una vita precedente».