L'INTERVISTA
giovedì 7 Novembre, 2024
di Gabriele Stanga
Dedizione ed emozione, sono queste le due parole chiave della cucina del ristorante Dolomieu a Madonna di Campiglio, una stella Michelin ottenuta nel 2024 e appena confermata nella guida 2025. «Io vivo sui piatti, siamo lì in cucina tra le 15 e le 18 ore. Per me è molto importante la presenza sul posto», racconta l’executive chef Fiorenzo Perremuto. Il valore di un impegno costante e di una ricerca continua. E l’emozione? È la miccia da cui parte tutto, quella che da anima ai piatti e unisce la cucina alla sua altra grande passione, quella per la musica, di cui aveva già parlato in un’altra ampia intervista per le pagine del T. «Quando faccio una cosa la devo sentire. La cucina per me è come un palco. Canzoni e piatti nascono entrambi da emozioni e sensazioni», spiega. Una filosofia che è alla base del successo del Dolomieu.
Ma quanto è importante aver confermato la stella anche per il 2025?
«Sicuramente aver preso la stella l’anno scorso è stata una cosa diversa, ma ora è arrivata un’altra gioia uguale. Riconfermare un riconoscimento che abbiamo ottenuto dopo tanti sacrifici, non è una cosa scontata. È il segnale che la strada intrapresa è quella giusta. Sarà uno stimolo in più per me, per le persone che lavorano con me e per l’azienda».
A chi dedica la conferma?
«Alle persone che stanno vicino a me: alla mia mamma che mi ha introdotto in questo mondo, non la distoglievi mai dalla cucina e l’unica cosa che in casa non mancava mai era il cibo. Poi al maitre, al patron ingegnere e titolare ma in primis a me stesso, che sono arrivato qui con il lavoro lo studio e scelte di vita anche difficili».
Tra i colleghi c’è qualcuno che l’ha ispirata?
«Quelli che sono stati più importanti e con cui sento anche quotidianamente sono Diego Rigotti e Walter Miori. Non faccio la loro cucina ma abbiamo collaborato e mi hanno riportato in questo mondo. Diego in particolare è stato il più giovane chef stellato in Italia (era il 2014 quando la ottennendr) e mi è molto vicino. Poi i trentini li conosco tutti, mi piace molto anche come lavora Alfio Ghezzi».
E a livello internazionale?
«Non ho un riferimento preciso, di tutti mi piace qualcosa, mi concentro sulla cucina francese classica e contemporanea e su quella italiana. Uno che mi piace molto è Yannick Alleno».
Tra i clienti, invece chi ricorda più volentieri?
«Incontrare Thomas Raggi, il chitarrista dei Maneskin mi ha fatto emozionare e mi ha riportato a quando ero ragazzino. È arrivato con i pantaloni di pelle e la pelliccia, li portavo anch’io. Mi ha raccontato che non era mai stato in un ristorante stellato, è stato un bel momento».
Le piacciono i Maneskin?
«Sì, molto. Sia a livello musicale che scenico, hanno la giusta attitudine e cattiveria. Sono cose naturali che devi avere, poi sono stati bravi ad arrivare fino a lì».
Il rock è un’altra sua grande passione cosa lo unisce alla cucina?
«La musica e il cibo sono cose che danno emozioni e nascono da sensazioni. L’idea per un piatto e quella per una canzone partono da uno stimolo, vedi un frutto e ti suggerisce qualcosa, lo stesso accade con la musica».
E qual è il piatto più rock nel suo repertorio?
«Uno che ho portato in tavola l’anno scorso e che riproporrò quest’inverno con un’altra veste. La base era l’huco huco, un pesce del baltico che abbino a prodotti del territorio trentino. Lo trattavo con un caffè di shitake (salsa basata su un tipo di fungo ndr) trentino e una tecnica di cottura particolare. Ora sto studiando un nuovo modo di presentarlo».
Qual è il futuro del Dolomieu, puntate alla seconda stella?
«L’ambizione sarebbe quella di crescere sempre di più e puntare in alto ma arrivare alla seconda stella non è semplice e non deve essere un’ossessione o il traguardo. Quando arrivano le cose, bene ma poi si va avanti. Però c’è una novità».
Quale?
«Apriamo un nuovo ristorante. Al Dolomieu ci sarà un ampliamento dell’hotel con 10 camere e sotto la nuova ala sarà costruito il ristorante. Qui ci sarà un concetto di accoglienza e servizio diverso, in fase di sviluppo. Lavoriamo per crescere a partire da questo concetto, ci sarà più lavoro e servirà più personale».