Verso la Cop
giovedì 7 Novembre, 2024
di Marco Ranocchiari
Sulla Cop29 sul clima in partenza a Baku tira aria di tempesta. È difficile evitare un trito gioco di parole per descrivere il momento difficilissimo in cui i negoziatori si riuniranno per limitare la gravità e gli effetti della crisi climatica. Da un lato un mondo in guerra con la cooperazione internazionale ai minimi termini, cui si aggiunge la rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca che promette di uscire da ogni accordo sul clima. Dall’altro lato gli effetti sempre più letali degli eventi estremi e un’accelerazione senza precedenti del cambiamento climatico. Eppure la Cop (Conferenza delle parti) resta un’occasione per tessere relazioni e fissare obiettivi – in particolare per la finanza climatica – indispensabile per una lotta che comunque andrà e una transizione che comunque, in qualche modo, ci sarà. È per fare il punto della situazione che ieri sera, al Muse, si è tenuto il primo incontro nell’ambito del progetto «Racconta il clima alla Cop29», promosso dall’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (Appa) della Provincia con l’associazione Viração&Jangada, che ha visto dialogare il climatologo Roberto Barbiero, Eleonora Cogo, ex negoziatrice italiana per la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, ed Emanuele Rippa. Il gruppo, con altri quattro giovani – Maddalena Volcan, Ilaria Mezzacasa, Viola Ducati e Federico Voltolini – farà parte della delegazione trentina in partenza per Baku.
Accelera la crisi del clima
«È doveroso partire da quello che è accaduto a Valencia, dove i valori delle precipitazioni registrate che in poche ore hanno eguagliato la media di un anno – ha esordito Barbiero – possono indicarci purtroppo un assaggio di quello che sarà». Situazioni straordinarie davanti a cui, ha ironizzato con una frecciata al dibattito politico nostrano delle ultime settimane, è inutile anche «costruire i migliori tombini del mondo». Un mondo che per Barbiero, che ha citato i rapporti del Pannello intergovernativo dei cambiamenti climatici (Ipcc) viaggia verso «scenari inauditi». Per affrontarli, però, è necessario ricordare che quella del clima è solo una di tre crisi che il mondo attraversa, e che sono tutte collegate: la perdita della biodiversità e le crescenti disuguaglianze tra Paesi e all’interno dei Paesi e tra le diverse generazioni. Dal punto di vista climatico, ha spiegato, l’ultimo rapporto Ipcc è inequivocabile: la crisi del clima prosegue in maniera più rapida e intensa del previsto, mentre le azioni intraprese per contrastarla sono del tutto insufficienti. «Globalmente siamo arrivati a un aumento delle temperature di +1,2°C rispetto all’era preindustriale, ma non è uniforme, sulle Alpi il dato sale a + 2,2°». L’accelerazione è diventata impressionante nell’ultimo anno: «Da giugno 2023 in poi tutti i mesi sono stati stabiliti record sulle serie storiche. Il 2023 è finora l’anno più caldo. Se consideriamo i 12 mesi da gennaio 2023 a gennaio 2024, abbiamo avuto temperature già superiori a 1,5°C, ovvero l’obiettivo ottimistico che era stato fissato dagli accordi di Parigi». Mentre i dati sul clima peggiorano, le emissioni di gas climalteranti aumentano e – dopo l’effimero calo durante la pandemia – nel 2023 hanno raggiunto il massimo storico.
«La Cop della finanza»
Di fronte a questa situazione la Conferenza delle parti sul clima può comunque fornire molti spunti. Da un lato tessere relazioni utili e rafforzare i negoziali anche se i risultati, presumibilmente, non si vedranno subito. «Quest’anno il focus della conferenza è sulla finanza, in particolare stabilire un nuovo obiettivo finanziario per il clima (Ncqg). L’obiettivo precedente, fissato alla Cop di Copenaghen nel 2009 – ha spiegato Eleonora Cogo – era di 100 miliardi. Era fissato al 2020 e invece è stato raggiunto solo nel 2022 e oggi è del tutto insufficiente. È positivo che il tema della finanza, essenziale per il contrasto al cambiamento climatico, sia entrato in modo preponderante, ma molte cose non vanno». Prima tra tutte per l’esperta, che oggi fa parte del think tank Ecco, la qualità della finanza che li rende a volte insostenibili economicamente: «il 70% dei fondi erogati non sono stati a fondo perduto ma come prestiti. E i paesi più poveri, soprattutto dopo il Covid, sono sempre più indebitati, tanto da spendere più per ripagare debiti che per erogare servizi. È davvero difficile chiedergli di assumersi un onere di questo tipo». Inoltre, se è vero che le risorse per le rinnovabili sono in aumento, lo sono anche gli investimenti nei combustibili fossili. Li praticano in larga parte 82 paesi e l’Italia tra questi, e la condizione è peggiorata drammaticamente con lo scoppio della guerra in Ucraina. Altro problema strutturale, per Cogo, uno sbilanciamento della destinazione dei fondi: finora si è investito quasi esclusivamente nella mitigazione, cioè nelle rinnovabili e nelle tecnologie per ridurre le emissioni. Quando il cambiamento climatico che è già una realtà, con i suoi fenomeni estremi sempre più frequenti, richiedono investimenti molto più cospicui nell’adattamento.
crisi climatica
di Francesca Dalrì
Il docente Unicam della Sezione di Geologia della Scuola di Scienze e tecnologie, nonché meteorologo (soprattutto per passione) delle gare sciistiche a Cortina è stato ospite della rassegna «Alpitudini»