L'analisi
venerdì 15 Novembre, 2024
di Simone Casciano
Il grido di allarme di don Lauro Tisi e i numeri della Caritas confermano quanto osservato dal professore emerito di sociologia Antonio Schizzerotto: senza una politica economia di espansione e sviluppo la recente crisi economica, con relativo picco inflattivo, ha reso più poveri i trentini. Nel suo rapporto la Caritas parlava di circa 57mila trentini a rischio di povertà relativa, di quasi 18mila in condizione di povertà assoluta e denunciava un territorio dedito più al turismo che alla comunità.
«Territorio impoverito»
Un’analisi che combacia anche con quella del professore. «C’è un evidente abbassamento del tenore di vita con una conseguente crescita della povertà relativa e assoluta – osserva Schizzerotto – Si tratta di un fenomeno purtroppo prevedibile allla luce della difficile fase economica, caratterizzata da un picco inflattivo che ha impoverito i salari». Secondo Schizzerotto però si tratta dell’acuirsi di problemi di lungo corso per l’Italia.
«Nel paese siamo in una fase di stagnazione dalla metà degli anni ‘90 e siamo poi entrati in una fase di crisi e decrescita con lo scoppio della bolla finanziaria del 2008 e poi di nuovo con il covid e l’invasione dell’Ucraina che ha determinato un aumento dei costi dell’energia e delle materie prime». Fenomeno globali che hanno acuito problemi nazionali.
«L’Italia ha perso quasi tutte le sue grandi imprese: non abbiamo più una grande chimica, non produciamo più acciaio e anche la meccanica, non solo quella dell’automotive, sta scomparendo.
Ci ritroviamo quindi con un secondario fatto di tante piccole e medie imprese e un terziario concentrato sui servizi alle famiglie e alle persone e non alle imprese».
«Manca la crescita»
In questo contesto il Trentino in passato era riuscito, come il vicino Alto Adige, ad essere un eccezione. Questa volta però pare di no e sono lontani i tempi in cui, di fronte allo scoppio della bolla finanziaria del 2008, l’allora governatore Dellai metteva sul piatto un miliardo di euro per gli investimenti. «In Trentino manca un piano di politiche industriali, la Provincia non ha prodotto un piano di nessun tipo e questo è un dato di fatto – osserva Schizzerotto – Questo ha una ricaduta generale». Il professore critica la troppa attenzione riservata a opere pubbliche e turismo. «Le opere pubbliche sono una tantum, non generano crescita stabile, non assorbono grandi quantità di forza lavoro, non sempre impiegano imprese locali e comunque si parla di forza lavoro poco qualificata e poco pagata. È vero che il turismo è importante per il Trentino, ma è anche vero che si tratta di un settore gravato da paghe mediamente basso e con imprese limitate nelle loro prospettive di crescita». Per aumentare i salari è quindi imperativo «aumentare la produttività». E come si fa? «Investendo nell’industria innovativa e poi nel terziario rivolto alle imprese: quello dei servizi finanziari e digitali». Un investimento che permetterebbe «di trattenere qui i giovani laureati, un altro dei problemi che il Trentino sta vivendo». Per fare questo però serve «un piano di politica industriale provinciale che premi le imprese che investono in ricerca e sviluppo. Che concentri le risorse sui settori a maggiore ricaduta, facendo csì aumentare la produttività, quindi i salari e quindi il gettito fiscale a disposizione della pubblica amministrazione per il welfare».