Il caso politico
sabato 30 Novembre, 2024
di Donatello Baldo
«Entro novembre ci sarà un testo di disegno di legge che sarà presentato in Consiglio dei ministri. Questo è l’obiettivo che ha posto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, durante l’incontro con il presidente della Regione autonoma Trentino Alto Adige e della Provincia autonoma di Bolzano Arno Kompatscher e il presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti». Era il 9 ottobre scorso quando veniva diffusa questa nota ufficiale. E a margine, Fugatti ma soprattutto Kompatscher ammonivano sul fatto che se si fossero sforati i tempi sarebbero stati guai, che in Provincia di Bolzano si sarebbe addirittura messa in discussione la giunta per quell’accordo tra Svp e Fratelli d’Italia che «nasce — ricordava il governatore sudtirolese — da un patto sulla riforma dello Statuto». Ieri c’è stato il Consiglio di ministri, l’ultimo di novembre, e all’ordine del giorno non c’era alcun disegno di legge costituzionale di riforma dello Statuto di autonomia da approvare. Giovedì, infatti, nell’incontro del tavolo tecnico con i due presidenti delle Province e i tecnici del ministero, si è deciso di spostare l’ultimatum a metà dicembre. E così l’impegno della premier Meloni è stato disatteso.
Se il governatore trentino Fugatti si trincera dietro un secco «no comment», il suo collega sudtirolese Kompatscher cerca di gettare acqua sul fuoco: «Ci sono stati accordi su questioni importanti e nel complesso abbiamo fatto progressi, ma alcuni punti richiedono ulteriori pareri dai ministeri». Ed è stato quindi previsto più tempo, per l’incontro finale del 16 dicembre, «al fine di chiarire tutte le questioni rimanenti e portare i negoziati a una conclusione positiva». E Kompatscher ribadisce che «ci sono ancora questioni che devono essere affrontate in modo più approfondito, ma stiamo facendo buoni progressi».
Se a metà dicembre, tuttavia, alcuni punti rimanessero aperti, un documento redatto dal tavolo tecnico con i punti concordati fino a quel momento «sarà comunque consegnato al Governo, e le questioni in sospeso saranno affrontate a livello politico». La scadenza del 16 dicembre non è quindi quella per l’approvazione del disegno di legge costituzionale di modifica statutaria, ma l’ultima riunione tecnica, e poi tutto sarà «questione politica». Insomma, se prima c’era una scadenza che avviava di fatto l’iter di revisione costituzionale, ora la scadenza non avvia nulla. Semmai apre una nuova trattativa: «Con la premier Meloni e con il ministro agli Affari regionali Roberto Calderoli», specifica Kompatscher.
Vediamo però quali sono i punti di accordo e disaccordo sul tavolo tecnico. Sappiamo già che l’intesa, ovvero il meccanismo che impedisce al Parlamento di modificare unilateralmente lo Statuto, è stata accantonata da tempo. Sembrava la conditio sine qua non, ma è stata fin da subito accantonata per la contrarietà di Fratelli d’Italia. Rimane l’impegno assunto dalla premier davanti al Parlamento, assunta nel giorno della fiducia al suo esecutivo: «Per la Provincia di Trento e di Bolzano tratteremo del ripristino degli standard di autonomia che nel ’92 hanno portato al rilascio della quietanza liberatoria Onu». Ma ci si divide sul come ripristinare questi standard, perché l’erosione di competenze è dovuta alle pronunce della Corte costituzionale dopo la riforma del Titolo V. Si vorrebbe limitare i principi a cui deve aderire la legislazione provinciale e regionale, limitandoli al rispetto della Costituzione, delle norme europee e agli accordi internazionale. Togliendo del tutto il riferimento alle leggi ordinarie nazionale. «Mancano le valutazioni di alcuni ministeri», si cerca di minimizzare. Ma la questione sembra essere più che altro politica, perché all’ordine del giorno dei tavoli tecnici sono stati aggiunti altri punti, inseriti dal deputato di Fratelli d’Italia Alessandro Urzì, che partecipa in veste di presidente della Commissione dei Sei. Punti «divisivi», che la Svp difficilmente riesce a digerire proprio perché vanno a toccare i delicati equilibri tra le componenti etnico-linguistiche. Urzì, infatti, vorrebbe cogliere l’occasione per proporre puntuali revisione dello Statuto: l’eliminazione del divieto per gli eletti di gruppi linguistici con un solo consigliere di accedere a ruoli in giunta comunale, e il riferimento è al «caso San Candido», la composizione della giunta provinciale sulla base della consistenza dei gruppi linguistici determinata dal censimento e non dalla rappresentanza in consiglio, l’eliminazione del limite dei quattro anni di residenza obbligatori e continuativi per acquisire il diritto di voto, la gestione della sicurezza legata ai grandi predatori e le funzioni prefettizie.