L'inchiesta
domenica 1 Dicembre, 2024
di Benedetta Centin
«Auspichiamo che la pena richiesta dal pm per ognuno dei due imputati, Saverio Tateo e Liliana Mereu, accusati di maltrattamenti verso 21 loro colleghi medici, tra cui mia sorella Sara, venga confermata dal giudice nella sentenza prevista per fine gennaio 2025». Le parole sono quelle di Emanuela Pedri, sorella della ginecologa forlivese che ha fatto perdere le sue tracce il 4 marzo 2021, dopo aver dato le dimissioni dall’azienda sanitaria di Trento: una scomparsa, questa, che ha acceso i riflettori su Ginecologia e Ostetricia del Santa Chiara di Trento. Dopo che, venerdì, Maria Colpani, la magistrata titolare dell’inchiesta «per maltrattamenti continuati e in concorso» in reparto, ha sollecitato pene di quattro anni, due mesi e venti giorni di reclusione – considerato anche lo sconto di un terzo di pena previsto dal rito scelto – per l’ex primario Tateo e la sua vice Mereu, Emanuela Pedri ha condiviso alcuni suoi pensieri sui social, sul gruppo “Verità per Sara Pedri”. Lei che, con la famiglia, si è sempre battuta per portare avanti una battaglia coraggiosa. «In nome di Sara e per tutte le vittime di mobbing». In prima linea anche mamma Mirella Santoni, curatrice di Sara, tra le parti civili nel processo. «La giornata di venerdì è stata per noi, Sara, le altre parti offese e tutta Italia, un momento estremamente importante» commenta Emanuela ringraziando il loro avvocato Nicodemo Gentile. «Noi famigliari siamo molto soddisfatti perché, grazie al lavoro svolto dalle forze dell’ordine e dalla magistratura, si è arrivati già ad acclarare la gravità di quanto successo a Sara e agli altri professionisti vittime dello stesso male, il mobbing – continua la sorella – Questa evidenza è l’aspetto più importante, a prescindere da eventuali future condanne, perché il fatto che la vicenda di Sara sia stata vista, compresa ed analizzata da chi ha avuto la possibilità di indagare, raccogliere prove ed ascoltare centinaia di testimonianze in maniera assolutamente imparziale, è un segno inequivocabile di una situazione che durava da troppi anni, ben prima dell’arrivo di Sara in quel reparto di quell’ospedale».
Emanuela Pedri ricorda poi la frase pronunciata da una dottoressa del reparto, tra le parti offese: «Saverio Tateo con il suo modo di fare ha spostato le famiglie». Parole che «fanno riflettere. Perché bisogna comprendere che il caso di Sara si estende ben oltre le 21 parti offese, i protagonisti di questa storia sono molti di più, a partire dalle famiglie di tutti i medici che, impotenti, si sono voluti/dovuti trasferire per interrompere il calvario dei loro cari – insiste Pedri – Le parti lese di questa storia sono molte di più di quelle descritte sui giornali ed ancora oggi portano le ferite di allora». E, ancora, «la scomparsa di Sara deve diventare un esempio per tutte le famiglie e il mobbing reato. Questo va fatto accadere ora, non nell’attesa di un’altra scomparsa, di un’altra famiglia distrutta. Perché nelle aule di tribunale dobbiamo ancora ricorrere a termini generici come “maltrattamenti”, “abuso dei mezzi di correzione”, ecc. e non viene usata la parola mobbing? – prosegue Emanuela Pedri – Serve un’unica legge che racchiuda, in un’unica denominazione, la violenza che si scatena all’interno di un ambiente di lavoro tossico fino a farti ammalare. Questo termine esiste già ed è il mobbing. Il seme è stato piantato, ora bisogna tutti insieme far crescere l’albero e raccoglierne i frutti».
montagna
di Redazione
Mobilitati oltre 140 tra Soccorso Alpino e Speleologico provenienti dalle Stazioni di tutto il Trentino, Soccorso Alpino della Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco e Nu.Vol.A