L'interrogatorio

martedì 10 Dicembre, 2024

«Sistema» Benko: Signoretti e Fravezzi muti davanti al gip, restano ai domiciliari

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L’imprenditore arcense e l’ex senatore hanno preferito approfondire le carte

Lo dice il saggio: nel dubbio meglio tacere. Paolo Signoretti e Vittorio Fravezzi lo hanno preso alla lettera e ieri mattina comparsi davanti al giudice per le indagini preliminari per sostenere l’interrogatorio di garanzia hanno preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Un diritto dell’indagato che, però, spesso nasconde una posizione di fragilità o anche di prudenza rispetto alle accuse.

Silenzio
Ed ecco così che l’imprenditore arcense e l’ex senatore ed ex sindaco di Dro, indagati per associazione a delinquere con metodo mafioso finalizzata alla commissione di una serie di reati contro la pubblica amministrazione, hanno preferito fare scena muta senza spiegare alcunché. Nessuno dei due ha chiesto la revoca della misura degli arresti domiciliari aspettando tempi migliori in attesa di una più completa analisi delle carte della Procura. Signoretti era accompagnato dall’avvocato Giovanni Rambaldi, mentre Fravezzi si è presentato da solo ed è stato assistito durante il brevissimo interrogatorio dallo stesso Rambaldi in attesa che lo stesso ex senatore nominasse quale legale Nicola Degaudenz. Per entrambi gli indagati adesso si apre un momento di attesa e di studio del fascicolo in attesa di un eventuale, ma molto probabile, ricorso al tribunale del riesame per investire della questione un collegio giudicante. I tempi da passare ai domiciliari si allungano, ma in questi casi i difensori spiegano che è meglio armarsi di pazienza. Né Signoretti né Fravezzi hanno chiarito la propria posizione per evitare di finire in guai peggiori. Tattica ben diversa da quella tenuta dalla sindaca di Riva del Garda Cristina Santi che ha preferito parlare e tenere un atteggiamento collaborativo. Segno che entrambi cercheranno lo scontro con la procura respingendo gli addebiti che vengono loro mossi.

Barzon si difende
I due trentini sono stati sentiti per secondo e per terzo in una mattinata di intenso lavoro per il giudice Borrelli. Per primo, infatti, è stato sentito quello che viene ritenuto dalla Procura l’uomo di fiducia di Hans Peter Hager, il commercialista bolzanino ritenuto al pari di Signoretti ai vertici della piramide che voleva controllare gli affari immobiliari in regione. Barzon, difeso dagli avvocati Beniamino e Luca Migliucci, non si è trincerato dietro la cortina del «mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Anzi, ha risposto e a lungo. Ha parlato per quasi un’ora e venti minuti esibendo un’ottima capacità dialettica e spiegando di essere del tutto innocente e di non aver commesso alcun reato. Al termine i suoi legali hanno chiesto la revoca della misura degli arresti domiciliari perché, come spiega l’avvocato Migliucci, «Il nostro cliente è del tutto innocente e non ha commesso reati e ha saputo chiarire la sua posizione appieno». Il legale ha anche voluto specificare che Barzon non era l’uomo di fiducia di Hager ma un consulente «che emetteva regolare fattura e come tale veniva pagato», prendendo in questo modo le distanze dal commercialista bolzanino. Il giudice Borrelli si è riservato la decisione sulla revoca della misura che probabilmente già oggi dovrebbe sciogliere la riserva. Anche se appare difficile che cambi idea rispetto all’ordinanza già adottata, visto che non sono cambiati i presupposti.

Arresti confermati per Rossa
Del resto Fabio Rossa, il primo indagato agli arresti domiciliari interrogato venerdì mattina, aveva preferito non rispondere e si è visto respingere la richiesta di revoca. Dopo Barzon è entrato Signoretti che era arrivato già da un po’ e si è nascosto dietro un angolo per non farsi riprendere da fotografi e telecamere. Davanti al giudice c’è rimasto meno di un quarto d’ora. Giusto il tempo di dire che non voleva rispondere e di declinare le generalità. Poi se ne è tornato a casa, ai domiciliari evitando ancora una volta con agilità telecamere e giornalisti curiosi. Non ha fatto nemmeno in tempo a vedere o salutare il suo amico e collaboratore Vittorio Fravezzi, l’uomo che secondo la Procura avrebbe tenuto i rapporti tra la cupola degli affari e gli enti pubblici dell’Alto Garda ricorrendo a un vasto repertorio fatto di minacce e blandizie, toni forti e caffè pagati. Fravezzi era arrivato completamente da solo al palazzo di giustizia e ha aspettato al bar dove si è bevuto le notizie del giornale sul bancone più che il caffè. Anche per lui poco più di 10 minuti e poi via verso casa in attesa di sviluppi. Con lo sguardo vitreo di chi è passato dalle consultazioni, in qualità di capogruppo al Senato, davanti al Presidente della Repubblica per la formazione di un nuovo governo alle aule di giustizia nella scomoda veste di indagato.