Terra Madre
giovedì 12 Dicembre, 2024
di Maddalena Di Tolla Deflorian
Dentro le montagne dolomitiche (in questo caso parliamo di scendere, non di salire) la sete di esplorazione, di impresa e conoscenza con rispetto per l’ecosistema visitato non si arresta per gli speleo del gruppo speleo Sat di Arco, del gruppo grotte di Vigolo Vattaro e del gruppo grotte Brenta. Le loro recenti avventure esplorative sotto roccia, in ambienti particolari e preziosi, ci portano in dote una nuova meraviglia, dopo il primo traguardo a meno mille metri della storia trentina, nell’abisso del Laresot (sempre a opera loro). Nello scenario della Val Noghera, nelle Dolomiti di Brenta, hanno scoperto ambiti nuovi per la scienza e per lo sguardo umano, luoghi sottoterra inesplorati da Homo sapiens. È stata individuata una nuova verticale nell’abisso del Laresot, il cui ingresso si apre a ben 2.360 metri di quota, affiancando questa seconda impresa collettiva a quella già importantissima dello scorso anno. La spedizione ha raggiunto questa volta i meno 1.140 metri in profondità, superando un nuovo record di quota in giù, battezzando la nuova scoperta «Pozzo Sat Arco e Vigolo Vattaro«.
«Se per un alpinista la cima di una montagna è il punto di arrivo, per uno speleologo il fondo di una grotta è un punto dove non si vorrebbe mai arrivare per via della fame di esplorazione, in ambienti sempre nuovi e diversi dove poter essere i primi a portare la luce»: così parlano del loro desiderio gli speleo coinvolti.
L’impresa è stata presentata allo Spazio Alpino della Sat ieri mattina, in occasione della Giornata internazionale della montagna. Sono intervenuti Maurizio Sassudelli (gruppo Sat Vigolo Vattaro) e Silvano Bertamini, Dino Salvaterra, Claudio Montagnoli del gruppo Sat di Arco. Al loro fianco era presente il presidente della Sat Cristian Ferrari. «Abbiamo effettuato l’ultima punta esplorativa della stagione 2024 nell’abisso del Laresot nei giorni 1 e 2 novembre – hanno raccontato –. L’ingresso del Laresot porta a una grotta alpina bellissima, caratterizzata da un costante scorrimento di acqua e una temperatura che va da 1 a 4 gradi, che ne rendono sempre difficoltosa la progressione. Molte sono state le uscite preparatorie prima di poter puntare di nuovo al fondo ma siamo un gruppo affiatato e propositivo. Questo ha fatto la differenza».
I complessi lavori della spedizione si sono articolati lungo diversi mesi, con varie fasi tecniche necessarie per garantire sicurezza e un minimo di comfort nella progressione.
«La stagione esplorativa è iniziata molto tardi a causa della gran quantità di neve primaverile alle alte quote – ha spiegato Maurizio Sassudelli –, l’ingresso si è disostruito solamente a cavallo tra luglio e agosto, inoltre le grandi quantità d’acqua e il tempo sempre incerto non hanno certo agevolato l’organizzazione delle varie uscite».
A settembre è partita la prima puntata esplorativa. «La grotta – racconta Sassudelli – era ancora molto bagnata, quindi come prima cosa abbiamo corretto la progressione in alcuni tratti sul grandissimo e bellissimo Pozzo incredibile, poi siamo riusciti a scendere fino a quota meno 1100 metri in fondo al Pozzo mille e una notte». La spedizione ha poi dovuto aspettare condizioni meteo favorevoli. Il fine settimana di Ognissanti ha presentato l’occasione giusta: l’ultima puntata esplorativa ha portato il gruppo infine alla nuova scoperta.
La spedizione ha messo al centro anche la dimensione collettiva, citando e ringraziando Federico Mattedi che ha dato un forte contributo nell’esplorazione nei due anni precedenti, Paolo Bombardelli, Sara Quercetti e Sebastiano Morandi, che hanno raggiunto la quota di meno 800/ meno 1000 metri e hanno dato il massimo per allestire il campo interno e aiutare nei vari lavori svolti.
Quanto è importante l’ecosistema grotta e come ci si deve muovere in ambienti così lontani dall’umano e così antichi, nel contesto della Sat? Risponde Maurizio Sassudelli: «L’attenzione in grotta è moltissima, cerchiamo di preservare al massimo l’ambiente dove andiamo. In Brenta in particolare diamo grande attenzione all’acqua, che lo caratterizza, e che come sappiamo è una risorsa che sarà sempre più importante. Rimane giù solo il materiale tecnico necessario, cerchiamo di riportare in superficie qualsiasi cosa non indispensabile e tutti i rifiuti».