Il caso
venerdì 13 Dicembre, 2024
di Denise Rocca
Marangoni Meccanica ha presentato ufficialmente alle sigle sindacali il piano di licenziamenti: 25 lavoratori è il numero considerato necessario dai vertici della storica azienda roveretana per far fronte alla crisi che sta attraversando e scongiurare la chiusura definitiva. «È un numero significativo di lavoratori – commenta Paolo Cagol (Fim Cisl) – ma allo stesso tempo cogliamo con positività il fatto che è un numero che è stato di molto ridotto rispetto alle dismissioni inizialmente prospettate nei primi incontri che abbiamo avuto con l’azienda nei quali si parlava di 40 lavoratori da mandare a casa. Quell’ipotesi prospettava un’azienda che non ci pareva potesse rispondere alle esigenze di produzione del mercato nel momento in cui alcuni elementi che portano ora Marangoni ad attraversare una crisi fossero migliorati, invece il taglio alle maestranze che ci è stato ora formalmente presentato, pur significativo dal punto di vista sociale, è meno impattante». Ora, messi sul tavolo ufficialmente le variabili di cui si parla, si apre la trattativa per la salvaguardia dei lavoratori. «Ora ci siederemo al tavolo per ragionare e tutelare le persone – spiega Cagol – per noi è fondamentale intanto attivare la cassa integrazione straordinaria e usufruire di tutta la misura concessa, visto che non è stata ancora attivata parliamo di circa un anno di tempo. Poi vanno definiti i criteri e le buonuscite per chi volontariamente lascerà l’azienda. Il nostro auspicio è che si trovino accordi in grado di sostenere le famiglie pur nella necessità di arrivare a questi tagli che devono evitare la chiusura dell’azienda, una chiusura il cui costo sociale sarebbe elevatissimo. L’auspicio è che si propongano condizioni che favoriscano le uscite volontarie senza dover arrivare all’applicazione dei criteri una volta che la cassa integrazione sarà esaurita». Il nodo principale nelle negoziazioni ora è proprio la volontà dei sindacati di avere 12 mesi di cassa integrazione e quella dell’azienda di contenere invece velocemente i costi riducendo la forza lavoro in tempi relativamente brevi.
Marangoni Meccanica, che produce macchinari per la realizzazione di grandi pneumatici destinati ai colossi del movimento terra, attraversa un momento di grande difficoltà dovuto soprattutto ad alcune congiunture internazionali sfavorevoli – la guerra russa in Ucraina, per esempio, ha bloccato uno dei mercati chiave per l’azienda – iniziato qualche anno fa: basti pensare che l’azienda che oggi conta 72 dipendenti solo tre anni fa, nel 2021, ne aveva 120. A fine giugno i numeri di bilancio hanno certificato l’aggravarsi della situazione: il 2023 ha visto il crollo dei ricavi, una perdita che ha praticamente azzerato il patrimonio e costretto i soci a ricapitalizzare. Il fatturato è calato del 13%, da 22,2 a 19,3 milioni di euro, ma il valore delle produzione, che tiene conto anche degli ordinativi, ha fatto segnare 15,1 milioni contro 26,9 del 2022, il 40% in meno.
La situazione geopolitica generale ha fatto crollare le commesse e anche i finanziamenti pubblici si sono esauriti, da qui è arrivata la richiesta di concordato preventivo del Cda dell’azienda, inoltrata a fine ottobre, il passo ufficiale di certificazione della crisi che ha aperto le trattative con i sindacati. Marangoni Meccanica crede ancora nella ripresa dell’azienda, nonostante un mercato in forte stallo che la sta penalizzando, soprattutto perché le conoscenze e i macchinari che produce godono di fama e stima nel mondo, ma lo scenario internazionale lascia, ormai da troppo tempo per essere economicamente sostenibile, il mercato fermo. L’azienda, avviata la procedura di concordato, ha ora circa tre mesi per arrivare ad una proposta risolutiva con i creditori.