Tribunale
sabato 14 Dicembre, 2024
di Benedetta Centin
La moto con cui padre e figlia si schiantarono, il 20 agosto 2021, a Baselga di Pinè, era stata acquistata in concessionaria solo pochi giorni prima, eppure i freni sarebbero stati difettosi. Ma per il giudice il titolare del salone non ha responsabilità, tanto che ieri lo ha assolto con formula piena «perché il fatto non sussiste». Dovranno invece difendersi a processo da maggio, nel corso del dibattimento davanti al tribunale monocratico, i due meccanici che montarono gli ultimi componenti sul mezzo, che dovranno rispondere della morte di Sandro ed Elisa Prada, padre e figlia di 51 e 13 anni di Pergine Valsugana. Il giudice dell’udienza preliminare di Trento, Gianmarco Giua, ieri li ha infatti rinviati a giudizio per omicidio colposo plurimo. Ad assisterli rispettivamente gli avvocati Stefano Daldoss e Matteo Pellegatti, e l’avvocato Gianluca Pinamonti. Il titolare della concessionaria, uscito a testa alta dall’aula di udienza, rappresentato dall’avvocato Chiara Graffer, aveva chiesto il rito abbreviato. Per il pm Davide Ognibene doveva invece essere condannato a una pena di sei mesi.
Quella sera, a trovare Sandro ed Elisa Prada, padre e figlia di 51 e 13 anni, era stata la moglie e mamma delle vittime, Patrizia, e con lei l’altra figlia. I carabinieri della compagnia di Borgo Valsugana che hanno svolto le indagini già la sera dell’incidente avevano notato un’anomalia nel sistema frenante anteriore della moto, posta sotto sequestro. Ma non solo. Era stata disposta anche una consulenza tecnica, delegata all’ingegnere Igor Gonnella: per il professionista la due ruote arrivata dalla Cina sarebbe stata assemblata male una volta nell’officina della concessionaria trentina. Con uno dei bulloni della pinza anteriore dei freni che sarebbe stato montato in modo non corretto, tanto che sarebbe uscito dal suo alloggiamento, determinandone il malfunzionamento dei freni, proprio mentre padre e figlia dovevano affrontare uno dei tornanti sulla strada provinciale 83 che scende dall’altopiano di Piné.
Ma i difensori dei due meccanici mandati ieri a processo – che si erano già avvalsi di propri esperti, tra cui un consulente della Ducati – sono pronti a dare ancora battaglia in aula, questa volta in dibattimento. Per i consulenti di parte i meccanici avrebbero operato in modo corretto: l’assemblaggio di quel primo modello di Motron Motard X 125 arrivato in Trentino dalla Cina, una volta in officina, sarebbe stato eseguito come dovuto. Insomma, le operazioni di montaggio e verifica sarebbero state corrette. La responsabilità, per gli esperti di parte, sarebbe invece da ricercare nella casa costruttrice del mezzo, che non avrebbe mandato alcun libretto di istruzioni per il montaggio e l’installazione dei pezzi restanti. E il difetto, il problema, sarebbe invece relativo alla progettazione e costruzione dei componenti del freno.