il racconto di natale
martedì 24 Dicembre, 2024
di Migola
Normalmente dormo nella stalla vicino alla mia mamma, tra il fieno morbido e il calore degli altri animali. Il nostro piccolo mondo è tranquillo e ripetitivo, ma questa notte è speciale, una notte che non dimenticherò mai. Mi chiamo Belante e sono un agnello di quindici giorni, sempre curioso di scoprire cose nuove, e oggi voglio raccontarvi una storia che cambierà per sempre il nostro piccolo angolo di mondo.
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La nostra fattoria è semplice, ma piena di vita. Viviamo con Eleonora la padrona di casa, una donna forte e severa, che sembra sempre avere tutto sotto controllo. Le sue mani sono forti come il legno degli alberi, e quando raccoglie le uova o munge la mucca, il suo sguardo è deciso, ma c’è qualcosa che nessuno conosce di lei. Ogni tanto, si ferma a guardare una farfalla che vola da un fiore all’altro, o ascolta il vento che sussurra tra gli alberi. In quei momenti, gli occhi di Eleonora diventano più dolci. Io l’ho vista una volta, mentre osservava le stelle all’imbrunire, come se quelle luci nel cielo le raccontassero storie che solo lei poteva sentire.
Poi c’è Gustavo, il pastore, che con il suo bastone guida il gregge nei pascoli lontani. Il suono dei suoi passi e il battito del bastone sono come una legge per le pecore. Infine c’è Samuele, il fratello più piccolo, che è il mio preferito. Samuele è sempre sorridente e ama la musica. Ha un piccolo flauto che suona nei momenti tranquilli e le sue note portano un po’ di pace a tutti, anche a me.
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Questa sera, però, qualcosa di straordinario è accaduto. Nel pomeriggio sul tardi, due persone mai viste sono arrivate alla fattoria. Il loro aspetto era diverso da quello delle persone che conoscevamo. La donna indossava un abito rosso arancio, come il colore di un tramonto e cavalcava un asino vecchio e stanco. L’uomo, con una lunga barba bianca, aveva un’espressione seria, come se stesse portando un peso che nessuno poteva vedere. Quando si avvicinarono, un’aria di mistero li circondava, e l’odore che portavano con sé – di spezie e di terre lontane – fece battere più forte il mio cuore.
Eleonora sembrava molto preoccupata, faceva cenno di no con la testa, la donna vestita di rosso teneva la testa china e l’uomo barbuto gesticolava. Poi, dopo una lunga conversazione, Eleonora indicò la stalla.
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«Mamma, mamma!» gridai, saltellando agitato. «Cosa sta succedendo? Chi sono queste persone?». Nel mio entusiasmo, saltai così forte che finii tra le zampe del vecchio asino. L’uomo con la barba si arrabbiò e cercò di allontanarmi con un calcio, ma la donna lo fermò con un sorriso misterioso e un semplice cenno della testa. Scese dall’asino, e fu allora che vidi la sua pancia, gonfia, come quella di una mamma che sta per partorire.
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«Mamma, mamma» gridai di nuovo, con il cuore che mi batteva forte. «Un piccolo sta arrivando!».
I due nuovi arrivati si sistemarono nell’angolo più buio e lontano della stalla, dove nessuno li avrebbe potuti disturbare. Hanno parlato a bassa voce per ore ed io, curioso, mi sono accucciato tra il fieno per ascoltare. La stalla era silenziosa, tranne per una melodia che sembrava provenire dall’aria stessa. Non era la musica di Samuele, no, questa era molto diversa. Più dolce, più potente, come un coro di voci lontane, come se un gruppo di fanciulle stesse cantando una ninna nanna. La musica era così bella che ci fece addormentare tutti, cullati da un torpore piacevole.
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Forse anche l’uomo barbuto si era addormentato perché la sua voce aveva l’aria sorpresa quando gridò: «È nato! È nato!». Tutti gli animali della stalla si agitarono mentre Eleonora, Gustavo e Samuele entrarono in punta di piedi, vestiti con gli abiti migliori, come invitati ad una festa. Eleonora teneva in mano una pentola di coccio che profumava di minestra calda, Gustavo portava il suo bastone, pronto a radunare il gregge, ma con un’espressione dolce che mai gli avevo visto prima e Samuele, con il suo flauto, sorrideva felice.
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Quando videro il bimbo, si fermarono, emozionati; Samuele, con un sorriso, si toccò il cappello come per toglierlo, in un gesto di rispetto e l’anziano uomo barbuto accese una candela per illuminare il bambino, ma con la mano schermava la fiamma per non disturbare il piccolo, che dormiva tranquillo.
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Io mi feci coraggio e mi infilai tra Gustavo e la signora in rosso, ansioso di vedere il bambino. E lì, posato nella sua cesta, lo vidi: attorno a lui, la paglia brillava debolmente, come se una luce magica lo stesse avvolgendo. Era una luce tenue, ma così speciale che mi fece pensare che quel bambino non fosse come tutti gli altri. Forse era destinato a qualcosa di grande, qualcosa che neppure Eleonora e gli altri avrebbero potuto immaginare.
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Con un movimento timido, portai una piccola spiga che avevo trovato tra il fieno. Era qualcosa di semplice, ma in quel momento, mi sembrava il regalo più prezioso che potessi offrire. Quando il bambino aprirà gli occhi, pensai, la spiga gli regalerà un sorriso.
Mentre guardavo il piccolo dormire, mi chiesi se anche io, come lui, ero nato per qualcosa di grande.
Mi chiamo Belante, e sono l’agnello nel quadro di Georges de la Tour, il piccolo che, con il cuore pieno di meraviglia, ha assistito alla nascita di un miracolo in una notte speciale.