l'appello
venerdì 10 Gennaio, 2025
Francesca Agostini e il Parkinson a 35 anni: «Mi ha rubato la vita. Ora la raccolta fondi per accedere alle cure»
di Patrizia Rapposelli
Il racconto della giovane di Sopramonte affetta dalla malattia degenerativa atipica: «Aiutatemi a combattere. Non lasciatemi sola»

«Ogni giorno affronto il peso di un corpo che non mi appartiene più. Il tremore, la fatica, e la perdita progressiva di autonomia stanno cercando di spegnere la persona che ero: una sportiva, una donna libera, una guerriera innamorata delle montagne». Una diagnosi impietosa: morbo di Parkinson, in giovane età. Francesca Agostini ha solo 35 anni e fa la tecnica sanitaria di laboratorio biomedico a Rovereto quando i medici le spiegano di cosa soffre. In soli due anni, la rigidità del suo corpo aumenta talmente tanto che non riesce più a stare in piedi. Costretta su una sedia a rotelle, ha affrontato un delicato intervento di Deep Brain Stimulation, un’operazione che le ha dato una speranza: poter tornare a muoversi. Francesca ha lanciato una raccolta fondi sulla piattaforma GoFundMe che gli permetterà di affrontare cure e riabilitazioni costosissime. Finora ha raccolto 7.060 euro, l’obiettivo è raggiungere 30mila euro, necessari per rallentare il progredire della malattia con terapie riabilitative. L’abbiamo raggiunta telefonicamente. Ci risponde una voce dolce, timida e allegra. È la voce di Francesca, la voce di una donna che non si è arresa alla sorte : «Non mi lasciate sola. Aiutatemi a riprendere la vita che il Parkinson mi sta portando via», è il suo appello. In un certo senso Francesca raccoglie la fiaccola lasciata a terra dalla sorella, affetta dallo stesso morbo e costretta in stato vegetativo da oltre cinque anni. Francesca abita a Sopramonte, un piccolo paese vicino a Trento, oggi ha 37 anni. Ha una laurea in Tecniche di Laboratorio Biomedico e per dieci anni ha lavorato come ricercatrice a Rovereto nel campo delle malattie rare. Ma il destino l’ha beffata. «Nel febbraio del 2022, la mia vita ha preso una svolta drammatica — racconta Francesca— Mi è stata diagnosticata una forma rara di Parkinson atipico. La stessa forma che ha colpito mia sorella. I medici mi hanno detto “È genetica” ». Un destino ingiusto e devastante: «In quella tempesta di paura e incertezza, ho trovato la forza di reagire — continua— L’amore di mio marito Andrea insieme alla determinazione dei medici mi hanno spinta, il mese scorso, ad affrontare un delicato intervento di stimolazione celebrale profondo. C’è stato un piccolo miglioramento: riesco a stare in piedi». Prima della diagnosi, Francesca era una donna in carriera e una maratoneta di montagna. «La corsa in montagna, le gare vertical, l’alpinismo, lo sci erano la mia vita — rivela con nostalgia— Non erano sport, ma la via per sentirmi viva, libera. Mi piaceva condividere queste esperienze con i miei amici, persone incredibili che hanno condiviso per anni le mie stesse passioni». Francesca era un’atleta che correva tutte le distanze. Una insomma abituata a soffrire, perché di quello si tratta, di stringere i denti per arrivare al traguardo: «La corsa è fatica e sopportazione —dice— la corsa è tenacia, la corsa è speranza». Lo stesso spirito con cui sta affrontando la malattia anche se, dice «questa è una gara senza pettorale, senza meta visibile, contro una malattia che sembra voler portarmi via tutto quello che amo». Certo, il prezzo pagato è stato pesante. «Non ho più un lavoro, non posso fare sport, non posso coltivare le mie passioni — riflette Francesca— ma con ,io marito diciamo sempre che non è forte chi non cade ma chi, cadendo ha la forza di rialzarsi». E lei non ha smesso di sognare. «Voglio essere una voce per tutte quelle persone che, come me, affrontano malattie incurabili, in silenzio — continua— Non si tratta solo di resistere, ma di continuare a vivere e sognare». La sua storia dimostra che anche di fronte a un destino crudele, la vita può essere vissuta e amata: «Io amo la vita. Un passo alla volta riscriverò la mia storia», conclude Francesca con la voce carica di speranza.
la storia
Di corsa per 161 chilometri, l'impresa a Venezia (in 24 ore) di Omar Franceschetti. «Sogno queste gare anche in Trentino»
di Valerio Amadei
L'arbitro giudicariese ha vinto il titolo italiano. «Il segreto? macinare chilometri anche nei momenti di riposo, magari proprio camminando a un passo più moderato»
terre altre
L’oasi di Bresimo tra paura dell’orso e ripresa turistica. «Oggi solo un locale aperto. È colpa dei registratori di cassa»
di Alberto Folgheraiter
Il viaggio tra le baite e il santuario dell'Assunta, attrazione per molti devoti. Il vicesindaco: «I plantigradi? Terrorizzano chi lavora in campagna. Serve più controllo»