il caso

mercoledì 15 Gennaio, 2025

Alberto Trentini, il cooperante fermato in Venezuela voleva presentare le dimissioni: «Qui clima ostile»

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L'uomo, 45 anni, è stato arrestato lo scorso 15 novembre ed ora potrebbe trovarsi in una struttura di detenzione, senza che gli sia mai stata contestata formalmente nessuna imputazione

«Ho fatto convocare stamani l’incaricato d’affari del Venezuela per protestare con forza per la mancanza di informazioni sulla detenzione del cittadino italiano Alberto Trentini e per contestare l’espulsione di 3 nostri diplomatici da Caracas». È quanto fa sapere il ministro degli Esteri Antonio Tajani in un post sul social X che sta seguendo la vicenda di Alberto Trentini, cooperante italiano di 45 anni da sempre impegnato nel sociale, fermato lo scorso 15 novembre dalle autorità del Venezuela dove si trovava in missione con la Ong Humanity e Inclusion per portare aiuti umanitari alle persone con disabilità. Dal suo arresto e cioè dal 15 novembre ad oggi, pare che nessuno sia riuscito a vederlo.

Secondo quanto riportato dal Corriere, che cita la Commissione interamericana dei diritti umani (Iachr), già al suo arrivo in Venezuela il 17 ottobre, Alberto avrebbe descritto una situazione preoccupante. Negli aeroporti il clima era ostile e Alberto Trentini ne ha subito parlato con il collega di Humanity & Inclusion (HI), l’organizzazione per cui lavora come field coordinator. Una situazione così complicata che il 14 novembre, in un messaggio WhatsApp, avrebbe scritto, sempre al collega, che voleva presentare le dimissioni. 

La scomparsa

Alberto è arrivato in Venezuela il 17 ottobre 2024 ed il 15 novembre mentre si recava in missione da Caracas a Guasdalito é stato fermato ad un posto di blocco, insieme all’autista della Ong. Dalle scarse e informali informazioni ricevute sembrerebbe che pochi giorni dopo il fermo Alberto sia stato trasferito a Caracas e, ad oggi, fanno sapere, «ci risulta ‘prigioniero’ in una struttura di detenzione, senza che gli sia mai stata contestata formalmente nessuna imputazione».

«La famiglia Trentini – fa sapere la legale –  è chiaramente molto angosciata da questa drammatica situazione e chiede, fin dal primo giorno, di poter comunicare con Alberto, di essere rassicurata sul suo stato di salute e sulla tutela dei suoi diritti fondamentali e che possa fare rientro in Italia il prima possibile. Ma, ad oggi, nulla di tutto ciò è accaduto e nessuna notizia circa il destino di Alberto è stata riferita ai suoi genitori e al loro avvocato».

La richiesta della famiglia Trentini al Governo è «di porre in essere tutti gli sforzi diplomatici possibili e necessari, aprendo un dialogo costruttivo con le istituzioni Venezuelane, per riportare a casa Alberto e garantirne l’incolumità».