Il commento

sabato 18 Gennaio, 2025

Incentivi, Largher (Uil): «Il 20% delle imprese che fa domanda non è in regola»

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L’appello del sindacato: «Controlli sui pagamenti a fondi sanitari ed enti bilaterali»

Lo aveva annunciato nei giorni scorsi l’assessore allo sviluppo economico Achille Spinelli: un punto chiave per la ricezione degli incentivi provinciali alle imprese è il rispetto dei contratti collettivi sottoscritti dalle sigle sindacali maggiormente rappresentative e l’applicazione di tutti gli integrativi territoriali e su questo punto – l’assessore lo ha garantito – verranno effettuati controlli precisi e puntuali. Eppure sembra che una buona fetta delle imprese che fanno domanda, circa il 20% non sia del tutto in regola nell’applicazione. Non pagati

Tavolo di confronto
Nei giorni successivi all’incontro di aggiornamento sulla Legge provinciale 6 (che disciplina l’erogazione dei contributi), si è svolto un tavolo di confronto tra parti sindacali e amministrazione provinciale per discutere proprio di questi temi. Tavolo al quale erano presenti i vertici di Apiae e i tre segretari generali di Cgil, Cisl e UIl. Accanto a loro, in qualità di esperto sul tema e in virtù della propria esperienza all’interno di enti bilaterali, fondi sanitari ed agenzia del lavoro, c’era anche Walter Largher, della Uil, che lancia l’allarme.

Incentivi e criticità
Si parte proprio dal rispetto dei contratti collettivi: «C’è un accordo tra Provincia, organizzazioni datoriali e sindacati – spiega Largher – Secondo questo accordo, le aziende che fanno domanda per ricevere gli incentivi devono applicare i contratti di lavoro maggiormente rappresentativi e tutti gli integrativi territoriali. Laddove, invece, non vengano applicati correttamente, non sarà possibile accedere ai contributi».
E qui arrivano le prime criticità: «Ci sono principalmente due aspetti problematici che abbiamo voluto porre all’attenzione di Apiae – continua il sindacalista – Il pagamento agli enti bilaterali e il pagamento ai fondi sanitari per l’assicurazione sanitaria. Nei contratti collettivi sono previste delle quote da dare a questi due soggetti, quote che fanno a tutti gli effetti parte della retribuzione». Si tratta di sussidi per il pagamento di occhiali, borse di studio e appunto prestazioni sanitarie. Il nocciolo della questione è che molto spesso non esiste una reale garanzia che le aziende paghino le quote relative a questi sussidi. Largher racconta infatti che «oggi sia gli enti bilaterali che i fondi sanitari non fanno da riscossori, coprono i lavoratori dai rischi se ricevono i soldi da parte delle imprese ma se queste non li versano non vanno a richiederli». Questo perché, in linea di principio «dovrebbe essere il lavoratore ad andare dal datore di lavoro e dire che queste quote non sono state pagate». Scenario, quest’ultimo improbabile perché «nessun lavoratore va dal proprio datore a dire che non è in regola con la normativa».

Aziende non in regola
E tuttavia sono moltissime le imprese che non pagano queste quote: «Un numero tra il 15 e il 20% delle imprese che fanno domanda non è in regola con questi pagamenti – afferma Largher – Non c’è una sanzione e spesso i lavoratori nemmeno sanno che avrebbero diritto a questi sussidi». Da qui la richiesta: «Vanno controllate le aziende che non sono in regola con questi pagamenti. La Provincia ci ha risposta che si tratta di controlli particolarmente complesso ma che ne comprendono la necessità e ci si terrà in contatto per trovare la modalità giusta», chiosa Largher. Con una precisazione: «A volte le imprese passano tutto ai consulenti e sono questi ultimi a non essere ligi nei pagamenti. Le aziende si ritrovano quindi a non poter ricevere l’incentivo senza sapere perché. Per questo andrebbe fatto anche un passaggio coi consulenti, spiegando che in tali casi sarebbero loro a rispondere nei confronti dell’impresa».