l'intervista

giovedì 23 Gennaio, 2025

De Santis analizza la risalita del tycoon: «Trump e Musk? A spaventare è la normalizzazione di alcune condotte»

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Giurista dell’Università di Trento, domani interverrà a Living Memory: «Siamo abituati a pensare agli Usa come a un modello di democrazia moderna, ma gli States stanno attraversando un periodo non florido»

Prende il via domattina a Trento (alle 9 alla Sala della Cooperazione, in via Segantini) la rassegna Living Memory, il primo festival della memoria italiano, organizzato da Terra del Fuoco. Ad aprire il ciclo di incontri sarà il professor Vincenzo De Santis, giurista dell’Università di Trento, dove insegna Diritto pubblico a Economia e Giurisprudenza. E il titolo del suo intervento, «Come smontare la democrazia a suon di leggi», incentrato sulle tappe e sui meccanismi che hanno portato al ventennio fascista in Italia, è di bruciante attualità anche alla luce del nuovo avvento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America. «Siamo abituati a pensare agli Usa come a un modello di democrazia moderna – afferma De Santis – ma stanno attraversando un periodo non florido, come molti altri Stati del mondo. Assistiamo a un forte accentramento del potere su determinate figure: negli Usa quella del presidente, che è sia capo di Stato sia capo di governo».
Quanto Trump sta dicendo e mettendo in pratica, firmando provvedimenti a raffica, è già un esempio di «smontaggio» della democrazia dall’interno?
«A spaventare di più è l’aver normalizzato certi comportamenti. Ad esempio quanto sta facendo Trump con lo ius soli: il riconoscimento della cittadinanza a chi nasce sul territorio degli Stati Uniti è una norma costituzionale, ma la sta superando con provvedimenti amministrativi, bloccando il riconoscimento dei documenti dei bambini che nascono in Usa da immigrati irregolari. Quindi un diritto costituzionale vanificato da un decreto. Poi ci sono molte altre derive, che riguardano anche l’Europa».
Ad esempio?
«La rivitalizzazione di idee e formazioni antidemocratiche: penso all’endorsement ufficiale di Musk per Alternative für Deutschland, un partito neonazista».
Con tanto di saluto romano.
«Eh sì. Poi c’è il tema della tutela delle minoranze, dagli immigrati alla comunità Lgbt: si rischia di andare incontro ad atti di discriminazione sempre più espliciti, che possono sfociare nella segregazione. È un segno dei tempi molto preoccupante. Le democrazie poi sono sempre più in crisi anche per via dell’astensionismo elettorale. Sono sempre di meno le persone che votano e le maggioranze si formano spesso con sistemi elettorali che premiano le formazioni che hanno conseguito anche un solo voto in più. È come se la democrazia fosse una partita di calcio, dove c’è chi vince e chi perde».
Che poi significa: chi comanda e chi subisce.
«Esattamente, come una gara al fotofinish in cui chi vince prende tutto. Ma non è mai stato così. Il Parlamento si compone anche di forze politiche che non sono quelle della maggioranza relativa, e che formano l’opposizione».
E la grazia che Trump ha concesso ai responsabili dell’assalto al Campidoglio?
«Altro tema molto preoccupante. È vero che persino Biden poco prima di decadere dal proprio incarico ha graziato alcuni suoi familiari coinvolti in vicende giudiziarie, ma la vicenda di Trump è più grave, perché insegna che si può essere al di sopra delle leggi. E poi ci sono le accuse che hanno riguardato Trump personalmente, per le quali è stato riconosciuto colpevole ma senza alcuna sanzione. È come se l’investitura popolare prescindesse dal diritto, quando invece dal diritto deve essere regolata. Il diritto serve proprio a non rendere il potere libero e arbitrario».
Un principio che Trump sembra non considerare.
«Il costituzionalismo è nato proprio per limitare il potere, non per dare la patente per qualsiasi tipo di azione. E gli americani dovrebbero saperlo bene, visto che il costituzionalismo moderno lo hanno inventato loro».
C’è chi sostiene che il sistema americano troverà comunque al proprio interno degli anticorpi. È d’accordo?
«Il nuovo quadriennio di Trump sarà un banco di prova fondamentale. Molti commentatori lo sostengono, specie chi ha una fascinazione a mio giudizio esagerata verso gli Stati Uniti, parlando di pesi e contrappesi, con questi ultimi che dovrebbero attenuare l’azione impattante di Trump. Staremo a vedere. E vedremo anche se le pressioni internazionali potranno limitare certe storture. Le elezioni di medio termine potrebbero consegnare a Trump un Congresso non del tutto favorevole alle sue posizioni. Però ricordiamoci pure che il presidente degli Stati Uniti ha molti più poteri del presidente del Consiglio italiano».
Passiamo appunto all’Italia. Un buon esempio di svuotamento della democrazia dall’interno è quello della legge elettorale.
«Si pensa che cambiare l’assetto costituzionale di un Paese vada fatto intervenendo sulla Costituzione. In realtà il diritto è molto più subdolo, perché si può trasformare profondamente l’identità costituzionale di un Paese senza toccarne la Costituzione, operando appunto sulla legge elettorale. Cambiando le regole con cui formiamo il Parlamento, che poi dà la fiducia al governo ed elegge il presidente della Repubblica, potremmo realizzare un sistema incostituzionale».
Facciamo un esempio.
«Stabilendo che il partito o la coalizione di maggioranza relativa prenda un numero di seggi completamente sproporzionato rispetto al suo consenso, si otterrebbe un Parlamento non più rappresentativo del corpo elettorale. Senza dimenticare che alle prossime elezioni potrebbero essere di più gli aventi diritto che non avranno votato rispetto a quelli che lo avranno fatto. Alle ultime europee ci siamo già andati vicino, l’affluenza è stata poco più del 50%. E l’elettore è sempre più frustrato dall’assenza delle preferenze vere, per via dei listini bloccati».
Un Parlamento per giunta che sempre più spesso si limita a ratificare provvedimenti del governo.
«Oggi il Parlamento svolge una funzione notarile, votando decreti di legge e legislativi adottati dall’esecutivo. Solo una frazione infinitesimale è costituita da proposte di legge di iniziativa parlamentare o popolare».
Vie d’uscita?
«Le derive del parlamentarismo sono questione antica, se ne parlava ancora nello stato liberale. L’indirizzo politico affidato al governo è una realtà costante di questi anni. Di qui le critiche all’attuale repubblica parlamentare e le continue proposte di riforma, perché il sistema politico è ritenuto fortemente inefficiente, come dimostrano anche le frequenti crisi di governo per via della mancata tenuta delle maggioranze parlamentari. Se il Parlamento non è più al centro della vita politica, conserva però comunque la sua funzione: rimane l’organo che può togliere la fiducia al governo. E ai parlamentari spetta sempre l’ultima parola sulle leggi».
Prima che qualcuno arrivi a ipotizzare la costituzione di un altro organo che esautori ulteriormente il Parlamento, come fu il Gran Consiglio del Fascismo, come si inscrive la proposta del premierato in questo processo di svuotamento della Costituzione?
«Secondo alcuni costituzionalisti è un’operazione altamente discutibile, ma è anche vero che parte dell’opinione pubblica sembra favorevole. Il punto è che gli italiani sembrano voler cambiare la Costituzione senza averla prima letta».