la ricerca
martedì 27 Dicembre, 2022
di Simone Casciano
A certificare l’emergenza casa in Trentino è stato nella giornata di ieri il report dello sportello «Casa per tutti» che nei suoi primi 6 mesi di attività ha seguito quasi 80 persone e 17 nuclei famigliari. Se la ricerca di una casa è un problema sempre più generale, c’è una fetta di popolazione in particolare per cui è ancora più acuto: gli stranieri. A raccontarlo è la tesi di laurea magistrale scritta da Noemi Filosi, per l’università di Torino, che per 6 mesi ha accompagnato 7 persone di origine straniera, migranti o italiani di seconda generazione, nella loro ricerca di un alloggio in affitto.
Noemi da dove nasce l’idea di questa ricerca?
«Dalla mia esperienza come operatrice nell’accoglienza. Mi sono resa conto che molte persone, nel momento in cui uscivano dai percorsi, faticavano a trovare una casa nonostante avvessero regolari contratti di lavoro e volevo capire il perché».
Cos’è emerso?
«La mia ricerca è durata 7 mesi. In questo tempo con 7 persone, tutte dotate di regolare contratto di lavoro, siamo riusciti a vedere solo 3 appartamenti. C’è un muro enorme tra loro e il mercato immobiliare. La prima barriera è telefonica. Basta l’accento a rendere un appartamento “non più disponibile”. Qualche volta dopo di loro, ho telefonato io allo stesso agente immobiliare e invece l’affitto era disponibile. Una cosa che, mi dicono, accade spesso».
È un mercato chiuso?
«Per come è strutturato adesso si, è riservato. Le agenzie immobiliari si presentano come intermediatori per la società, ma di fatto lavorano solo per una parte di essa».
Ci sono forti pregiudizi?
«Certo. Gli agenti immobiliari temono che i proprietari non accetteranno un inquilino straniero e quindi non fanno nemmeno un tentativo. Anche i proprietari hanno molti pregiudizi. Ad esempio uno stereotipo negativo è la credenza che le persone straniere siano dedite al subaffitto. Si tratta in realtà di un effetto, non di una causa: la carenza di alloggi fa si che la rete di contatti metta a disposizione gli spazi per evitare di lasciare persone per strada».
Altri episodi?
«Una persona era riuscita a trovare casa con degli studenti. Poco dopo essere entrato nell’appartamento, l’agenzia immobiliarie ha iniziato a ricevere dai vicini lamentele riguardo a disordine, sporcizia e rumori. La realtà è che quei problemi li causavano altri, lui era quello che teneva in ordine e puliva tutto. Quando a fine anno è scaduto il contratto però, questa persona è l’unica a cui non è stato rinnovato».
C’è stata una qualche differenza per quel che riguarda invece gli ucraini?
«A parole si, ma poi nella realtà dei fatti il mercato non si è rivelato più aperto per loro. Quello che ha davvero fatto la differenza, e permesso agli ucraini di trovare alloggi, sono state le reti informali costruite negli anni da parenti e connazionali che già si trovavano in Trentino»
Qual è la situazione attuale delle persone che ha seguito?
«Un ragazzo è riuscito a trovare casa grazie all’aiuto del suo datore di lavoro. Un altro grazie all’impegno di un gruppo di volontari. 4 sono ancora alla ricerca e una persona ha deciso di cambiare città».
Che quadro emerge?
«Un quadro tragico. Possiamo parlare di emergenza abitativa a tutti gli effetti. Vanno fatti dei ragionamenti non solo sul sostegno all’alloggio per chi è economicamente fragile, ma anche per chi, nonostante abbia i mezzi economici, è escluso dal mercato per motivi razziali».
Un report che stride con l’immagine spesso dipinta di una Trento, e di un Trentino, ai vertici delle classifiche per la qualità della vita
«Infatti uno dei capitoli è dedicato anche a quello. Sono classifiche che utilizzano parametri incompleti. Non tengono in considerazione ad esempio la questione abitativa, l’accesso ad essa e ai servizi legati alla residenza. Secondo me dobbiamo smettere di pensare il Trentino come un’isola felice del benessere, riconoscere le questioni sociali che lo attraversano, vedere Trento come una città globale con questioni complesse come l’abitare. Un capoluogo dove c’è un’emergenza abitativa forte, a fronte di case vuote che non vengono messe sul mercato, nonostante ci sia una platea con le capacità economiche e la necessità di trovare un alloggio».
Possibili soluzioni?
«Molte. Regolamentare il fenomeno degli affitti privati turistici, favorendo quelli abitativi. Anche creare un’agenzia immobiliare sociale sarebbe di aiuto. Penso anche alla tassazione sulle seconde case sfitte fatta dalla Provincia di Bolzano. Va fatto poi un lavoro culturale più ampio».
Cioè?
«Bisogna capire che la casa viene prima del profitto. Quando c’è risolve molti problemi, quando manca diventa un catalizzatore di criticità. Nelle mie conclusioni scrivo che siamo a un bivio con due visioni della società contrapposte: da una parte c’è un mondo in cui tutti abbiamo una casa e il diritto all’abitare viene prima, dall’altra parte le persone rimangono senza un tetto e salvaguardiamo il diritto al profitto dei proprietari. Non è solo un discorso etico, il Trentino ha sempre più bisogno di lavoratori a cui va trovato un alloggio. Dobbiamo dare spazio e dignità a chi viene nel nostro territorio».
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