l'intervista

lunedì 27 Gennaio, 2025

Andrea Braido: «Con la mia chitarra al fianco di molti artisti, anche se Vasco non era molto contento»

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Il musicista perginese, il 21 marzo, tornerà in Trentino per presentare il suo nuovo libro Energy life allo studio Olzer. «Da Patty Bravo a Zucchero, passando per Celentano: ecco le mie incursioni nella musica italiana»

Con la batteria è stato amore a prima vista. Andrea Braido, musicista cresciuto a Pergine, aveva già iniziato a colpire le percussioni all’età di tre anni. Per la chitarra ci volle più tempo. Alla fine, però, furono le sei corde a portarlo sul palco assieme ai grandi del pop, del jazz e del rock: uno tra tutti Vasco Rossi, ma ci furono anche Patty Pravo, Branduardi, Zucchero e Celentano. Il 21 marzo, il polistrumentista classe 1964, tornerà nel paese dov’è cresciuto per presentare il suo nuovo libro Energy life allo studio Olzer. Il giorno dopo, al teatro di Pergine, ripercorrerà le tappe della sua carriera attraverso le sue canzoni, con l’aiuto della band locale The Coyotes. In occasione del suo ritorno a Pergine, Braido racconta come da un piccolo paese della Valsugana sia arrivato prima in America e poi nelle tournée dei grandi musicisti italiani.

Andrea, come è nata la sua passione per la musica?

«È tutto cominciato all’età di tre anni, quando coi miei genitori ci trasferimmo da Trento a Pergine. Già allora avevo manifestato interesse verso tutto quello che si poteva percuotere, così mia madre mi costruì una batteria giocattolo. La prima batteria vera e propria me la comprarono a 10 anni: fu allora che Mario Osschech, un batterista di Pergine, mi presentò a una band di Piné. Ero piccolo ma feci moltissima esperienza suonando ad eventi come feste campestri e matrimoni».

E la chitarra?

«Quella entrò nella mia vita un po’ per caso. Il chitarrista della band mi parlava continuamente di questo strumento, del suo suono e dei suoi protagonisti. Soprattutto mi piaceva il fatto di stare in piedi e di non essere immobile come dietro alla batteria. Vedevo come si contorceva mentre suonava. Nel frattempo, mentre andavo a scuola, il mio amico Luciano Olzer mi parlava di musica. Mi ha mostrato la sua chitarra e mi ha fatto conoscere i dischi grandi della musica, come Jimi Hendrix e John Coltrane. Ha avvertito questa mia passione e ho iniziato a esercitarmi sempre di più».

Quindi anche in un paese piccolo com’era Pergine ha trovato un ambiente stimolante.

«In realtà, pian piano ho iniziato a confrontarmi anche con musicisti che non erano solo della zona di Pergine. Mi sono avvicinato sempre di più alla chitarra e al basso e ho conosciuto tanti dei primi artisti trentini. Ma qua a Pergine ho trovato anche la scuola civica musicale. Ero uno studente un po’ problematico che non voleva studiare la teoria e il solfeggio. Mi allontanarono un paio di volte, ma un mio amico mi consigliò di provare il “metodo Bona” per il solfeggio. Feci l’esame e passai direttamente al terzo anno. Il direttore rimase molto colpito».

E poi ha deciso di fare un tentativo con l’America.

«Avevo circa vent’anni. Ho viaggiato per un periodo tra Boston e New York, suonando soprattutto nei jazz club. Feci molta esperienza, ma non mi convinceva come sistema di vita. Si fa presto a partire per un altro Stato, ma è difficile adattarsi a usi e costumi così diversi. Dopo due mesi tornai indietro. I musicisti che avevo conosciuto mi avevano apprezzato molto: se ero bravo in America volevo vedere di esserlo anche in Italia».

Com’è stato il ritorno?

«Iniziai a suonare la chitarra e il basso sopratutto in alcune formazioni jazz. Nell’86 ricevetti una telefonata. Era un’audizione per accompagnare Patty Pravo. Da lì sono partite tante cose e ho iniziato a fare tour assieme a lei. Non ero un chitarrista pop che accompagnava e basta: Pravo mi dava molto spazio e da lì mi hanno conosciuto moltissime persone. A 22 anni, ad esempio, sono stato chiamato per suonare in Sedia Elettrica di Pierangelo Bertoli».

Ma soprattutto lei è noto per essere stato il chitarrista di Vasco. Come vi siete conosciuti?

«Alla base di tutto c’è un piccolo aneddoto. Nell’88 avrei dovuto fare un altro tour con Patty Pravo. Purtroppo la tournée saltò per colpa di alcuni manager. Io mi trovai per aria, ormai tutte le band e i tour erano organizzati. Per non restare con le mani in mano mi feci aiutare da un amico trentino che aveva una pizzeria al lago di Caldonazzo: andai lì a suonare lì per quell’estate. Per puro caso c’era anche il sassofonista storico di Vasco Rossi [Andrea Innesto, ndr.]. Mi disse chi era, ma all’inizio non ci diedi molto peso. Dopo un po’ di tempo ho ricevuto l’invito per un’audizione della nuova band di Vasco. Così abbiamo iniziato a suonare assieme: la chitarra era protagonista, io ero co-leader insieme a lui. Da lì iniziarono a volermi ancora più persone: Panceri, Branduardi, Mina, Zucchero, Pausini, anche Celentano. Suonai con molti artisti, anche se Vasco non era sempre contento: alla fine ero pur sempre il suo chitarrista».

Dopo tutto questo tempo che ricordo ha di Pergine?

«Adesso vivo tra il Piemonte e la Liguria, ma Pergine è rimasto un ricordo fondamentale. Nella biblioteca ho potuto ascoltare i primi dischi. Ai Canopi c’era una sala prove e lì potevi ascoltare le band locali suonare delle cose pazzesche».

Immagino che anche nel suo libro, Energy life, ci sia un certo spazio per questi ricordi.

«A marzo lo presenterò proprio nello studio di Luciano Olzer, che è un po’ il protagonista assoluto del libro. Lì parlo della mia visione della musica, di come oggi ci siano tante cose sbagliate anche nello studio dello strumento. Il giorno dopo suonerò in un concerto particolare, dove ci saranno anche dei musicisti perginesi molto bravi, come Luca Olzer. Sono tutti cresciuti lì e sono elettrizzato al pensiero di tornare».