Il lutto
lunedì 27 Gennaio, 2025
Funerale di Sara Piffer, le parole dal pulpito di papà Lorenzo: «Dopo averla vista morta, tanta rabbia. Poi in mia figlia ho trovato la forza del perdono»
di Davide Orsato
L'ultimo addio alla promessa del ciclismo, morta venerdì dopo essere stata investita. In centinaia a Palù di Giovo

La bara bianca, i familiari e gli amici più stretti a seguirla, con un fiore dello stesso colore. Piange anche il cielo nel giorno dei funerali di Sara Piffer, la ciclista di 19 anni, autentica promessa nel mondo dello sport trentino, morta tragicamente dopo essere stata investita lo scorso venerdì. Ieri pomeriggio, a Palù di Giovo, c’erano centinaia di persone a salutarla per l’ultima volta. Le compagne e i compagni di classe dell’istituto Martini di Mezzolombardo, dove qualche mese fa si era diplomata con il 100 e lode. Le atlete e gli atleti la conoscevano e la stimavano: l’ex campionessa mondiale juniores Elena Pirrone, Gianni Moscon ora in forza alla Red Bull e Riccardo Lucca, che corre per la Green Project. E, naturalmente, i suoi coetanei — i coscritti — di Palù di Giovo, dove ha sempre abitato e, dove, ieri alle 15, si sono tenuti i suoi funerali. Tutti con la felpa con cui hanno festeggiato la maggiore età: il logo, uno 05 disegnato come una bottiglia e un calice di vino, in omaggio alle eccellenze cembrane: l’aveva disegnato lei, Sara.
Non solo ciclista, ma anche artista e studentessa modello. Una persona che amava la vita, e dal profondo senso religioso. A descriverla così, il padre Lorenzo in un sentito intervento che ha spinto alle lacrime i presentii, con un messaggio forte: «Sara mi ha dato la forza di dare spazio al perdono lasciando da parte la rabbia». Davanti a mamma Marianna, ai nonni Marco, Tullio e Alma, papà Lorenzo ha ricordato quella maledetta mattina di venerdì. «Ero contento — le sue parole — che fosse uscita ad allenarsi con il fratello Christian, la sentivo al sicuro». Le solite raccomandazioni: «Ho detto loro “siate prudenti”. La risposta: “Noi siamo attenti, papà; sono gli altri che non sono attenti a noi. Purtroppo è stato vero». La brutta notizia è arrivata con lo squillo del telefonino. «Era proprio Christian, trafelato: “Non respira, non respira”. Sono corso in macchina sul luogo dell’incidente, fiducioso che sarebbe stata una delle tante brutte cadute da cui Sara si sarebbe riuscita a rialzare. Quando l’ho vista ancora circondata dai soccorritori ho capito che non era così». La prima reazione è stata la rabbia: «Ne ho sentita tanta verso il responsabile dell’incidente. Poi ho visto che piangeva come Christian. Il dolore era lo stesso. È stata la prima grazia che mi ha fatto Sara: se ci si riempie il cuore d’odio non c’è spazio per il perdono».
Ne sono seguite altre due: «Quella sera — ha proseguito Lorenzo Piffer — ho pregato a lungo per riaverti con me. E, poi, la mattina è arrivato il nulla osta della Procura per i funerali. La terza grazia ha il volto delle tante persone amiche che si sono fatte avanti subito dopo il lutto». Rimane il dolore per una ragazza speciale, che aveva tutta la vita davanti, che doveva ancora scegliere il suo futuro. E proprio poche ore prima — ha raccontato sempre il padre — aveva messo nero su bianco, su una lavagna, le cose che le piacevano fare, «oltre al ciclismo, per decidere». «Ha deciso il Signore — le ultime parole del papà — per te, cogliendoti giovane e pura. Sara, sei stata un fiore, un dono di Dio: ringrazio di averti avuta». In tanti, alla fine della celebrazione, hanno voluto lasciare il «loro» ricordo di Sara. Come gli ex compagni di scuola che, ricordandone i trionfi scolastici, a colpi di «soliti nove e mezzo» ne hanno svelato, con tenerezza, l’unico punto debole. «A pallavolo, non eri poi così brava». Come l’amica che, una volta, ha insistito per truccarla e farla vestire un po’ alla moda: proprio lei, che non ne voleva sapere di mettere piede in discoteca. La cugina che ha spiegato come, facendo spazio per il posteggio dell’auto fuori casa, si è chiesta se ci sarebbe stato ancora spazio per la bici di Sara: «Ce la farà a passare quando dovrà fare le sue ripetute?». C’è il saluto di suor Claudia, la zia, che le chiede di «pregare da lassù» e afferma di «tenere sempre con sé il dipinto del presepe», realizzato dalla nipote. Sul rapporto tra Sara e la fede si è soffermato a lungo don Romano Caset, che ha pronunciato l’omelia. «L’ultimo mese l’ha passato a pensare all’attività per riavvicinare i giovani alla parrocchia». Un pensiero che l’accompagnava anche mentre si allenava. «Un giorno — racconta sempre don Caset — la bici l’ha portata nei dintorni di Lourdes. “Ho pensato”, mi ha detto, “non posso essere qui e pedalare e basta”. Così è andata a pregare nella grotta dell’apparizione, portando con sé i compagni di squadra». Venerdì 31, nel settimo anniversario della morte, sarà il vescovo, monsignor Lauro Tisi, a ricordarla in una messa, sempre a Palù di Giovo.