La ricerca
mercoledì 29 Gennaio, 2025
di Emanuele Paccher
Il cioccolato, un giorno, potrà essere prodotto senza cacao. Uno scenario che ha dei riscontri nella realtà dei fatti: già oggi in commercio esistono delle varietà di cioccolato che non prevedono il cacao ma, al suo posto, la polpa di carruba, pianta coltivata in Italia prevalentemente in Sicilia.
Anche se la quota di mercato assegnata al cioccolato prodotto con la polpa di carruba è, almeno per ora, del tutto marginale, l’ambito mantiene la propria importanza, non fosse altro per i vantaggi economici e ambientali che un prodotto senza cacao potrebbe avere. Ed è proprio per questo che l’Università di Trento, in collaborazione con la startup Foreverland e con la Fondazione Edmund Mach, ha attivato dal novembre dello scorso anno un corso di dottorato di ricerca in Scienze agroalimentari e ambientali, con un progetto di ricerca di tre anni orientato alla produzione del cioccolato senza cacao.
La ricercatrice che compie lo studio è una giovane siciliana di Palermo di 28 anni, Giorgia Mattina, trasferitasi da un anno a Trento per lavoro.
Il suo ambito di ricerca specifico è la flavour research, un campo di studio che si occupa dell’analisi, comprensione e ottimizzazione del flavour di alimenti, bevande e prodotti consumabili.
Scrive la ricercatrice: «Per flavour s’intende un’esperienza combinata di gusto, olfatto e sensazioni tattili che si percepiscono in bocca (ad esempio, la consistenza o la freschezza ndr)».
Il progetto di ricerca di Giorgia Mattina ha ottenuto uno dei sei premi Giract del valore di 3.000 euro dedicati ai giovani ricercatori all’inizio del dottorato. Tra i sei premiati in tutta l’Unione Europea, lei è l’unica italiana. A dimostrazione che il progetto di ricerca è valido e che merita attenzione.
Dottoressa Mattina, quali vantaggi potrebbero derivare dalla produzione di cioccolato senza cacao?
«Dal punto di vista nutrizionale la polpa di carruba è molto povera di grassi rispetto al cacao. Inoltre, la polpa di carruba è priva di caffeina e teobromina, che sono degli eccitanti; mentre è molto ricca di fibre. Anche dal punto di vista della sostenibilità ci sono dei vantaggi».
Quali?
«Con questa ricerca si vuole valorizzare un prodotto di scarto. Poi si va a valorizzare la produzione della carruba in sé, perché si tratta di una coltura molto resiliente sia nei confronti degli stress biotici, come le malattie e i parassiti, sia nei confronti degli stress abiotici, come la siccità che con il cambiamento climatico è un fattore chiave da considerare. Quindi si valorizza una coltura mediterranea dimenticata ma che può dare tanto, anche a livello produttivo, perché dà una grande resa».
Da un punto di vista prettamente economico, potrebbero esserci dei vantaggi nella produzione di un cioccolato a base di carruba?
«L’obiettivo della ricerca è senza dubbio quello di arrivare a un prodotto che sia competitivo. È possibile perché questo non deve seguire tutta la filiera del cacao, ossia l’importazione Oltreoceano o da Paesi africani e tutto ciò che riguarda l’importazione e la successiva lavorazione. La carruba è un prodotto di scarto attualmente e per lo più viene dalla Sicilia. Sono tutti aspetti che abbattono una serie di costi a monte».
La carruba potrà dunque sostituire il cacao?
«Si tratta di uno scenario troppo grande da prevedere. Sicuramente oggi il mercato del cacao è in grave perdita, sia per il cambiamento climatico che va a diminuire le rese nei Paesi di produzione, sia dal punto di vista della sostenibilità, perché è una pianta che richiede molti input esterni tra irrigazione e quant’altro. Poi la produzione del cacao solleva degli interrogativi per quanto riguarda la tutela dei diritti umani e lo sfruttamento minorile. Quindi diciamo che sarebbe auspicabile che il cacao non rimanesse l’unica fonte di produzione del cioccolato, senza andare a pensare a una sostituzione».
Guardando più all’aspetto pratico, come sta conducendo la sua ricerca?
«L’approccio che stiamo utilizzando è sia strumentale che sensoriale. Dal punto di vista strumentale andiamo ad analizzare le caratteristiche fisico chimiche del nostro materiale di partenza, che sono le polveri di carruba fermentate e tostate in maniera diversa. Da questo punto di vista andiamo ad analizzare la consistenza, il colore e così via; mentre dall’altro punto di vista, ossia quello sensoriale, andiamo a esaminare tutto ciò che riguarda l’aroma e il flavour, andando a capire qual è il grado di gradimento del prodotto da parte di un consumatore».
Dal punto di vista del gusto, ritiene che questo sia simile a quello del cioccolato prodotto con il cacao?
«Da un punto di vista strettamente personale devo dire che sono rimasta positivamente sorpresa. Ma è una valutazione di parte. Nel corso del dottorato proverò a rispondere a questa domanda con il supporto dei dati. Il prodotto comunque attualmente c’è ed è apprezzato, tanto che ci sono già a disposizione delle mandorle di un’azienda siciliana ricoperte con questo rivestimento di cacao alla carruba».
Quali obiettivi si dà per il progetto di ricerca?
«Migliorare la qualità del prodotto che già abbiamo, procedendo all’analisi degli aspetti strumentali e sensoriali. Un altro obiettivo è quello di provare altri ingredienti nella ricetta, anche se questi sono degli scenari un po’ lontani. Ciò che mi piace di questo progetto è sia il lato di ricerca scientifica, perché mi dà la possibilità di risolvere problemi reali interfacciandomi con le esigenze di un’azienda; sia il fatto che venga valorizzato un prodotto di scarto della mia Regione».