il reportage

sabato 1 Febbraio, 2025

Vignola, Falesina e la storia d’«el Bào»: l’uomo dalla lunga barba bianca come i profeti dell’Antico Testamento

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Viaggio tra le Terre Altre e tra due paesi che si stanno ripopolando. Il sindaco Gadler: «Dopo il Covid i residenti sono tornati a crescere»

Antonio Motter, detto «el Bào de Falesina», una grande barba bianca come i profeti dell’Antico Testamento, se ne andò un giorno di febbraio del 1975, a 98 anni. Suo figlio, Giulio, nato nel 1908, morì a 90 anni, nel 1998. Un geniaccio: da autodidatta, aveva fabbricato orologi e strumenti da lavoro. Il «Bào» leggeva la Bibbia e, talvolta, pure i giornali. «La carta e l’asino portano quello che ci caricano sopra» disse ad Aldo Gorfer e Flavio Faganello che lo avevano incontrato per un’inchiesta divenuta parte di quell’affascinante racconto dal titolo: «Solo il vento bussa alla porta» (Saturnia, 4 edizioni). Il «grande vecchio» della montagna morì nell’inverno del 1975, accompagnato al cimitero dal suono mesto delle due campanelle (1825, 1922), col feretro trascinato su una slitta lungo il pendio coperto di neve.
Una storia di autonomia
Quando nacque, Falesina era ancora comune autonomo. Nel 1850 contava 152 abitanti e 24 case; nel 1890, 49 case e 146 abitanti. Nel 1928 (anno VI dell’era fascista) Falesina fu aggregata al comune di Pergine Valsugana. Lo stesso accadde a Vignola, sull’altro versante del monte Orno (metri 1536), che aveva 537 abitanti nel 1850 e 90 case, ridotti a 303 nel 1890. I due comuni confluiti nell’amministrazione perginese tornarono autonomi, benché siamesi, con legge regionale del 14 febbraio 1955. Pertanto, da 70 anni, formano un unico comune di Vignola-Falesina. La sede del municipio è a Vignola ma il sindaco, Mirko Gadler (1975), abita a Falesina.
La strada che unisce
La strada (5 chilometri) fra le due comunità della montagna di mezzo corre parallela al fondovalle. Dice il sindaco Gadler che «grazie alla Provincia autonoma di Trento che finanzia l’opera, sono già stati appaltati i lavori (500 mila euro) per la messa in sicurezza del tracciato. Anche perché vi transita due volte al giorno il pullmino che fa la spola con Pergine dove i bambini e i ragazzi frequentano i vari ordini di scuola. Sono 11 alla materna, 9 alle elementari, 6 alle medie. Da zero a 18 anni vi sono 46 persone, 18 sopra i 70 anni, 6 gli ultra ottantenni. La situazione anagrafica pare in controtendenza rispetto all’andamento generale. «Se si tiene conto che la popolazione è di 209 abitanti, il nostro è probabilmente il comune più “giovane” della provincia di Trento», rileva il sindaco Gadler.
Il ritorno dopo la pandemia
A Vignola-Falesina l’età media della popolazione è di 34-36 anni. «Dallo spopolamento degli anni ’50-’60, dopo il Covid si è avuto un ritorno». Giorgio Oss Pinter ricorda che negli anni Settanta a Vignola c’erano pochi abitanti. «Poi ha cominciato a ripopolarsi, sono arrivati i giovani. Io ero in Germania, mio papà era originario di qui. Sono tornato negli anni Novanta, ho sistemato casa. Oggi sono in pensione. A Vignola si vive tranquilli e poi in un quarto d’ora sei a Pergine. Bella aria, bella vista, c’è il sole tutto il giorno anche d’inverno. Certo, non c’è il bar sotto casa, non c’è la farmacia, però… Non si può pretendere l’orto e anche le verze, come si dice».
Mirko Gadler, il sindaco: «Debbo dire che la Provincia ha sempre avuto un occhio di riguardo con i piccoli comuni – dice il sindaco – tant’è che ha finanziato i lavori per l’acquedotto di Vignola, ci ha dato una mano per modificare l’orario dello scuolabus tale da consentire il celere rientro a casa degli studenti». Certo, le due comunità sono distanti e la nostalgia del campanile ogni tanto riemerge. «Il mio intento – racconta il sindaco– è sempre stato quello di creare una comunità coesa. Anche la Pro Loco non è più solo di Falesina ma di Vignola e Falesina. Se non si programmano incontri di comunità nessuno dei due villaggi è “costretto” a incontrarsi. Perché le strade di accesso da e per il fondovalle sono divergenti».
Due strade per il fondovalle
Da Vignola per raggiungere Pergine ci si serve della strada provinciale (SP12) che dal Compet, al valico della Panarotta verso Vetriolo, scende agli Assizzi. Chi vive a Falesina trova più agevole la strada comunale che porta a Zivignago. Quattro anni fa la popolazione era di 180 unità. Lo scorso anno un solo funerale, un matrimonio e un solo nato. Tra il 2020 e il 2023 i nati erano stati 14. «Alcuni giovani sono venuti ad abitare qui, figli o nipoti di chi aveva lasciato la casa di famiglia negli anni tra il 1960 e il 1980» spiega Rosanna Marchel una delle due impiegate (la seconda è part-time) del comune. Ci sono due chiese: a Vignola, dedicata a S. Bartolomeo (1638); a Falesina, intitolata a S. Antonio da Padova (1708). Non c’è il prete per cui si dicono due messe l’anno in occasione del patrono: il 24 agosto (S. Bartolomeo), il 13 giugno (S. Antonio).
Tra il 1954 e il 1957, a Vignola fu cappellano Dante Clauser (1923-2013), divenuto celebre (1977) per aver abbracciato la causa dei derelitti e aver fondato il «Punto d’Incontro» a Trento. Raccontava di aver trascorso a Vignola anni intensi e di grande umanità.
C’erano anche famiglie di minatori che arrivavano dalla Sardegna, dalla Lombardia (Bergamaschi) per coltivare le miniere già attive nel Medioevo.
Il museo delle miniere
L’estrazione del minerale si è esaurita negli anni Sessanta. I minatori «tàliani» hanno lasciato Vignola e si sono trasferiti a Pergine o nei paesi d’origine. Per iniziativa dell’associazione «Filò», nel 2013, presso il ristorante Stube Valzurg (antico nome di Vignola) è stato allestito un museo delle miniere che propone i minerali scavati dai «canòpi»: quarzo, fluorite, galena argentifera. Nel sito del museo si legge che «il giacimento è costituito da 4 filoni distinti. […] La miniera più estesa è composta da otto livelli con gallerie che hanno uno sviluppo complessivo di 3 chilometri».
Giorgio Oss Pinter: «Noi nativi veniamo tutti dal nord, i nostri cognomi sono tutti tedeschi. Perché i nostri antenati sono arrivati dalla Baviera, dall’Ungheria, per coltivare le miniere».
I cognomi più diffusi di Vignola sono: Anderle, Oss (Oss-Emer, Oss-Papot, Oss-Anderlot). A Falesina: Gadler, Pincigher, Fruet. Motter, Laner. «I nostri vecchi parlavano un dialetto tedesco, come i mòcheni. Poi, con le miniere sono arrivati quelli che noi chiamavamo “i taliàni”. E in pochi anni anche la nostra parlata di è “girata”. Restano i toponimi dei masi e delle varie località del comune che sono ancora scritti in dialetto tedesco».
Maria Grazia Motter, laurea in Sociologia, insegnante per più di quarant’anni, per 29 anni (dagli anni ‘80 al 2010) è stata sindaco di Vignola-Falesina e ancor oggi fa il consigliere comunale. “I vecchi sono morti e sono arrivati i giovani. Falesina era praticamente deserta per cui eravamo rimasti in pochissimi”. Era più facile fare il sindaco, un tempo? “Secondo me, sì. Perché le persone erano dirette, si presentavano a qualsiasi ora, dall’alba a notte fonda, senza tanti appuntamenti, senza tanta burocrazia».
Assieme al marito, Franco Berlanda, insegnante in pensione pure lui, mantiene la tradizione dell’allevamento: tre animali nella stalla che costringono a falciare i prati, tengono lontano il bosco e danno vita al villaggio. «Quando sono arrivato qui da Madrano, dove vivevo – racconta – mi sono guardato in giro e sono rimasto sbalordito: niente illuminazione pubblica sulle strade… pareva di essere tornati all’Ottocento».
Oggi quasi tutte le abitazioni sono restaurate. Falesina è un balcone sull’alta Valsugana e sull’intera valle della Fersina. Dove vivono i mòcheni, un popolo fiero che ha lasciato tracce anche qui.