Scuola

domenica 2 Febbraio, 2025

Flop del liceo Made in Italy: solo 16 iscrizioni, nessuna classe

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L'assessora Gerosa: «Non siamo sorpresi. C’è l’opzione sezioni articolate». Critico Degasperi (Onda): «I partiti devono smettere di usare la scuola come strumento di propaganda»

Flop del liceo Made in Italy. Neppure la versione «trentina» del percorso voluto da Fratelli d’Italia ha convinto studenti e famiglie. In provincia sono arrivate solo 16 iscrizioni: 6 al Rosmini di Trento, 5 al Martini di Mezzolombardo, 3 al Curie di Pergine Valsugana e 2 al Russell di Cles. Numeri insufficienti per formare una classe (servivano almeno 15 studenti per istituto). «Siamo orgogliosi del lavoro fatto, perché quella che è nata è a mio avviso una proposta interessante e seria», commenta l’assessora provinciale all’istruzione Francesca Gerosa, che ricorda l’opzione delle «classi articolate». Non mancano le critiche. «I partiti devono smettere di usare la scuola come strumento di propaganda», attacca Filippo Degasperi, consigliere provinciale di Onda.

Il liceo nasce su iniziativa del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara (Lega) e del ministro delle Imprese e, appunto, del Made in Italy Adolfo Urso (Fratelli d’Italia). A livello nazionale è partito già lo scorso settembre, con una scarsa adesione (500 iscritti). La Provincia ha voluto posticipare l’avvio per dare un’impronta trentina al liceo, che costituisce uno dei percorsi dello scienze umane. Laboratori su prodotti pubblicitari del territorio, mantenimento delle materie psico-sociologiche, formazione di futuri manager dell’agricoltura e del turismo: questi erano alcuni dei tratti caratterizzanti del Made in Italy in salsa trentina. Ma a iscrizioni chiuse (il 31 gennaio scadeva il termine per la presentazione delle domande) il liceo si è rivelato un fallimento.

 

Gerosa: positivo aver consentito agli interessati di iscriversi
«Nonostante i dati delle iscrizioni, che non si discostano dalle tendenze nazionali e che quindi non mi sorprendono, in questi mesi c’è stato molto interesse e curiosità da parte degli studenti e delle loro famiglie. La politica — rivendica Gerosa — deve lavorare per creare opportunità, non per limitarle, e ritengo positivo aver dato la possibilità di valutare, insieme agli altri, anche questo nuovo percorso, senza alcuna preclusione o decisione imposta dall’alto, e come Trentino abbiamo fatto sistema per metterci il nostro pensiero». Adesso quali sono i prossimi passi? «In settimana — prosegue l’assessora — analizzeremo complessivamente i dati delle iscrizioni di tutte le scuole, e qualche approfondimento su numeri e percorsi in generale dovrà essere fatto. Ricordo peraltro che nel nostro ordinamento sono previste anche le classi articolate, nelle quali ci sono materie comuni a tutti gli studenti e alcune specifiche di indirizzo. Per questo ci sarà un confronto tra il Dipartimento e le scuole interessate». Le classi articolate prevedono appunto materie comuni e altre in base all’indirizzo. Questo permetterebbe agli studenti che hanno scelto il Made in Italy di seguire le discipline del nuovo liceo. Ma è ancora tutto da vedere. «È comunque positivo aver consentito a chi fosse realmente interessato di iscriversi. Questo approccio democratico offre un riscontro oggettivo sull’utenza e previene possibili recriminazioni», sottolinea anche Maurizio Freschi, alla guida della Consulta provinciale dei genitori e vicepresidente del Consiglio del sistema educativo.

 

Degasperi all’attacco
Non la pensa così Degasperi. «Usare la scuola per fare politica di partito non fa bene al sistema dell’istruzione. Lo hanno fatto tutti: Berlinguer, Gelmini, Renzi. Ed è stato così anche con il liceo Made in Italy, un’operazione eterodiretta. La scuoletta, però, è stata imposta anche in una terra autonoma — rimarca il consigliere — Io non sono contrario all’innovazione, ma c’era davvero bisogno di introdurre questa novità?». Secondo il leader di Onda bisognerebbe puntare su altro. «Il vero Made in Italy sono i nostri istituti tecnici e i nostri licei, invece li stiamo svendendo per rincorrere il modello americano, tutto vocato alla professionalizzazione — aggiunge — Bisogna constatare, infine, come il Dipartimento abbia battuto i tacchi rispetto al diktat di un partito. La pubblica amministrazione dovrebbe curarsi dell’interesse della collettività: il suo compito non è seguire gli ordini del partito di maggioranza».