l'intervista

mercoledì 12 Febbraio, 2025

Gabriele Biancardi, veterano a Sanremo: «Indimenticabile Ray Charles. Quest’anno? Giorgia la favorita»

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Lo speaker ripercorre le tante edizioni vissute dal 1990. «Pagherei per avere Geppi Cucciari alla conduzione, è straordinaria e se lo meriterebbe davvero»

O lo ami o lo odi, non ci sono mezze misure. C’è chi lo definisce un carrozzone nazional popolare e non vede l’ora che passi non solo il festival in sé ma anche l’infinita onda di polemiche che lo segue (e lo precede) e c’è chi, invece, non può farne a meno e lo considera una festa di Stato, alla stregua del 2 giugno. Quello che c’è certo è Sanremo non lascia indifferenti. Vuoi perché le canzoni in gara, volenti o nolenti, entrano in tutte le case italiane, restandoci per tutto l’anno, vuoi perché qualcosa sul palco dell’Ariston succede sempre. E dà di che parlare per le ere a venire. Negli ultimi anni a completare il quadro si è aggiunto il Fantasanremo, un gioco cui partecipa anche chi il festival non lo guarda. Parte dell’eredità lasciata da Amadeus, che quest’anno lascia la copnduzione a Carlo Conti, cavallo di ritorno.
Uno che di conduttori e di festival ne ha visti tanti è Gabriele Biancardi, speaker di Radio Dolomiti, batterista e da 35 anni inviato a Sanremo. Tanti i ricordi legati a quel palco, dall’incontro con sua maestà Ray Charles, all’unica edizione tenutasi lontano dall’Ariston.
Ma quest’anno che festival si aspetta?
«Spero un festival senza polemiche, anche se fanno parte ormai del tessuto primordiale che circonda Sanremo, alcune, poi come sappiamo benissimo sono pre orchestrate. Ma fa parte del gioco».
Che passaggio vede da Amadeus a Conti?
«Conti aveva già fatto un Sanremo anni fa, ha detto che il suo sarà un Sanremo più breve, vedremo se manterrà la parola. Poi i numeri di Amadeus difficilmente potranno essere battuti».
Ma tra gli artisti in gara chi preferisce?
«È un festival che va a toccare varie fasce e generazionali, dai boomer come me (ride) ai trentenni, fino ai giovanissimi con la trap. IO aspetto Simone Cristicchi, che ha presentato un testo molto struggente e importante, Brunori sas e Giorgia».
Il suo favorito chi è?
«Qui devo scegliere tra amici, come Gabbani e Giorgia… A parte gli scherzi, vorrei vincesse proprio Giorgia, se mi devo sbilanciare, direi che vedo lei sicuramente sul podio e il premio della critica o a Cristicchi o Brunori Sas».
Dopo l’ultimo Sanremo Giorgia aveva raccontato di avere avuto qualche problema con la gestione dell’ansia e delle aspettative. Stavolta la vede più tranquilla?
«L’ho sentita più serena, penso che anche l’esperienza ad X factor l’abbia un po’ aiutata. Poi stiamo parlando della più bella voce d’Italia e non solo, tecnicamente è superiore a tutti. C’è da vedere poi la canzone».
Ne aveva sentita qualcuna in anteprima di canzone?
«No, non lo faccio mai, perchè a Sanremo si porta un arrangiamento diverso e preferisco che il mio ascolto non sia inquinato dal singolo radiofonico. È sul palco che si vede il fuoriclasse, quello che si emoziona ma riesce a tenere l’emozione a bada e sfruttarla per fare qualcosa di diverso, di magico».
Il suo primo festival dal vivo qual è stato?
«Era il 1990 e non era all’Ariston. Quell’anno Adriano Aragozzini decise di farlo al Palafiori di Arma di Taggia, voleva fare una cosa diversa, in uno spazio enorme»
Fu molto diverso da quelli all’Ariston?
«Sì, anche perché riuscivamo ad andare dietro al palco ad incontrare i concorrenti, cosa impensabile oggi. incontrammo anche i concorrenti stranieri, come Ray Charles e Nicka Costa. Si andava un po’ alla garibaldina, non c’erano gli appuntamenti come oggi, si aspettava e si vedeva chi si riusciva a beccare. Era anche una cosa un po’ pioneristica, perché le registrazioni si facevano via cassetta e poi si doveva montare tutto».
E che emozione fu l’incontro con una leggenda come Ray Charles?
«Faccio ancora fatica a dirmelo oggi… Ray Charles, di cosa stiamo parlando. Purtroppo non c’erano cellulari e anche la cassetta su cui registravamo non so dove sia finita. Lui fu molto carino e disponibile, come i veri grandi. Quelli che invece valgono molto meno sono quasi sempre arroganti. E magari hanno avuto una carriera durata un battito d’ali».
Dei trentini che ricordo ha?
«Con Groff sembravamo gli italiani in vacanza all’estero, lo ricordo bene. Poi ricordo anche Gianni de Angelis, Anansi e anche i Canton di Riva del Garda che portarono un pezzo scritto da Enrico Ruggeri, “Sonnambulismo”»
Il migliore era Groff?
«Il più convincente, quello che sembrava nel posto giusto».
E come mai secondo lei poi è uscito di scena?
«È un mondo difficile, effimero. Penso anche Alessandro Canino che quando scrisse “Brutta” non poteva girare per strada per via delle migliaia di fans che gli correvano dietro. Poi nel giro di tre anni è sparito».
Torniamo a quest’anno, detti i suoi preferiti, chi le piace tra i volti più nuovi?
«Una che non è nuova perché ha un currisulum importante ma che tanti conosceranno solo quest’anno grazie al festival è Serena Brancale. Poi trovo interessante Lucio Corsi».
E tra gli ospiti?
«Jova (Jovanotti ndr) fa sempre numeri da circo, in senso positivo. Ha un senso dello spettacolo davvero unico, poi c’è l’israeliana Noa in duetto su Imagine con la cantante palestinese Mira Awad. Un momento mai così importante, forse un po’ ruffiano ma se serve…»
Non dimentica qualcuno?
«I Duran Duran, con Simon Le Bon che una volta aveva tutte le ragazze ai propri piedi e oggi è un signore di 66 anni con un po’ di pancia. C’è un Dio anche per noi che provvede (ride».
Il miglior conduttore?
«Raimondo Vianello».
E quello che vorrebbe?
«Pagherei per avere Geppi Cucciari, è straordinaria e se lo meriterebbe davvero».