salute

mercoledì 19 Febbraio, 2025

Sanità a pagamento, in Trentino 13mila famiglie costrette a rinunciare alle cure. Visite troppo costose

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In media una spesa di 1.638 euro l’anno a nucleo. A carico dei cittadini il 21% dei costi totali. Fondazione Gimbe: «La quota non dovrebbe superare il 15%. È un segnale di difficoltà del sistema pubblico»

La spesa sanitaria delle famiglie trentine ha toccato nel 2023 i 1.638,8 euro annui a nucleo, il 6% in meno del picco di 1.743 euro toccato nel 2022 ma il 7% in più del 2021. Il Trentino resta al terzo posto tra le regioni più costose d’Italia dopo il Lazio e la Liguria. In tutto si tratta di oltre 400 milioni di euro di spesa cosiddetta out of pocket, cioè non coperta dal Servizio sanitario pubblico e sostenuta direttamente dalle famiglie per visite private, prestazioni a pagamento, farmaci. Ma il 5,4% dei nuclei familiari, circa 13mila famiglie, deve rinunciare alle prestazioni sanitarie e alle cure per ragioni economiche. Anche in questo caso il dato è un po’ migliore del 2022, quando rinunciava alle cure il 5,9% delle famiglie trentine, e resta tra i più bassi d’Italia: a livello nazionale circa 4,5 milioni di persone, il 7,6% del totale, hanno dovuto rinunciare a visite o esami diagnostici per i tempi di attesa o per motivi economici, in aumento rispetto ai 4,13 milioni, il 7%, del 2022. Ma anche il dato trentino, spiega la Fondazione Gimbe che ieri ha reso noto il suo rapporto sulla spesa sanitaria delle famiglie, segnala «un contesto di crescenti difficoltà del Servizio sanitario nazionale». A livello nazionale, la spesa delle famiglie supera i 40 miliardi, contro i 36,8 miliardi dell’anno precedente. «L’aumento della spesa out-of-pocket non è solo il sintomo di un sottofinanziamento della sanità pubblica – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – ma anche un indicatore delle crescenti difficoltà di accesso al Servizio sanitario nazionale. L’impossibilità di accedere a cure necessarie a causa delle interminabili liste di attesa determina un impatto economico sempre maggiore, specie per le fasce socio-economiche più fragili che spesso non riescono a sostenerlo, limitando le spese o rinunciando alle prestazioni».
Il report dell’Osservatorio Gimbe sulla spesa sanitaria privata in Italia è stato commissionato dall’Osservatorio Nazionale Welfare & Salute e presentato ieri a Roma al Cnel. Lo studio analizza il peso economico crescente sostenuto dalle famiglie e le criticità del sistema della sanità integrativa. Nel 2023 la spesa sanitaria totale in Italia ha raggiunto 176,1 miliardi, di cui 130,3 miliardi di spesa pubblica (74%), 40,6 miliardi di spesa privata pagata direttamente dalle famiglie (23%) e 5,2 miliardi di spesa privata intermediata da fondi sanitari e assicurazioni (3%). Considerando solo la spesa privata, l’88,6% è a carico diretto delle famiglie, mentre solo l’11,4% è intermediata. In Trentino la spesa sanitaria complessiva supera 1,9 miliardi, di cui 1,5 miliardi (79%) è spesa pubblica e 400 milioni, il 21%, spesa delle famiglie. «Questi valori – commenta Cartabellotta – riflettono tre fenomeni chiave: il sottofinanziamento pubblico, l’ipotrofia del sistema di intermediazione e il crescente carico economico sulle famiglie. Siamo molto lontani dalla soglia suggerita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: per garantire equità e accessibilità alle cure, la spesa out-of-pocket non dovrebbe superare il 15% della spesa sanitaria totale».
Le principali voci di spesa sanitaria delle famiglie, dice il rapporto citando dati Istat, includono l’assistenza sanitaria per cura, comprese le prestazioni odontoiatriche, e riabilitazione, che rappresenta il 44,6% del totale. Seguono i prodotti farmaceutici e apparecchi terapeutici (36,9%) e l’assistenza a lungo termine, che assorbe il 10,9% della spesa complessiva. «Tuttavia – spiega Cartabellotta – le stime effettuate nel report indicano che circa il 40% della spesa delle famiglie è a basso valore, ovvero non apporta reali benefici alla salute. Si tratta di prodotti e servizi il cui acquisto è indotto dal consumismo sanitario o da preferenze individuali quali ad esempio esami diagnostici e visite specialistiche inappropriati o terapie inefficaci o inappropriate».