La storia

domenica 23 Febbraio, 2025

Rovereto, la campana Maria Dolens simbolo di pace compie cento anni: «Suonava male, sembrava ferro»

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Renato Trinco: «I fascisti volevano unirsi al battesimo, per impedirlo il treno proseguì fino a Trento senza fermarsi»

In questo 2025 sul colle di Miravalle si celebra il centenario di Maria Dolens. E questa sera si parla di pace per una terra che non la conosce da ormai troppo tempo. Questa sera alle 19, in auditorium sul colle di Miravalle, rappresentanti di Youth Of Sumud e Ta’ayush, organizzazioni assegnatarie del premio internazionale Alexander Langer 2024, porteranno la loro testimonianza di resilienza non violenta all’occupazione militare della Palestina. «È una testimonianza preziosa – spiega Tommaso Vaccari, consigliere comunale delegato alla Pace – quella che potremo ascoltare dal vivo alla Campana che fa parte di questo centenario. Youth Of Sumud, con perseveranza (“sumud”), si fa interprete della resistenza nonviolenta popolare nell’area delle colline a sud di Hebron (Cisgiordania) e Ta’ayush è espressione della società civile israeliana che agisce per “vivere insieme”, palestinesi e israeliani». Ad aprile aprirà anche una mostra e fra le idee quella di un francobollo che celebri la ricorrenza. Renato Trinco della campana tanto cara ai roveretani e dal valore simbolico eccezionale, ha ricostruito la storia.

 

Le origini
Tre gli anniversari che cadono in quest’anno, racconta Trinco: «Il 2025 oltre ad essere anno giubilare, è anche un anno di particolare significato per Rovereto, per i numerosi anniversari legati alla Campana dei Caduti, un simbolo di memoria della Grande Guerra. Si celebra infatti il centenario dell’arrivo in città e del primo suono della Campana, nel 1925; l’ottantesimo dei rintocchi della seconda fusione, nel 1945; il sessantesimo dell’arrivo della terza Campana, nel 1965».
La storia della Campana dei Caduti è indissolubilmente legata alla figura del sacerdote roveretano don Antonio Rossaro, il quale, all’indomani del primo conflitto mondiale, decise di realizzare un monumento “vivo” in memoria delle vittime di quell’immane tragedia, definita «inutile strage» dallo stesso papa Benedetto XV, che aveva sconvolto i popoli e le nazioni dell’intera Europa. «Don Rossaro – sottolinea Trinco – scelse di non erigere un monumento in pietra, ma pensando alle campane delle chiese, che chiamano il popolo alla preghiera, ebbe l’idea di convertire il bronzo dei cannoni, strumenti di distruzione, in una grande campana, messaggera di pace, che, attraverso i suoi rintocchi, ricordasse ogni sera i caduti di tutte le guerre. La campana venne fusa, il 30 ottobre 1924, nella fonderia Colbacchini di Trento, risultò con un peso 110 quintali e un bassorilievo realizzato dallo scultore Stefano Zuech. Fu battezzata il 24 maggio 1925, arrivò a Rovereto fra due ali festanti di folla, madrina ne fu l’anziana regina madre, Margherita di Savoia».
L’appassionato Trinco ricorda anche un episodio che racconta lo spirito dei tempi: «Poco prima dell’inizio della cerimonia – racconta – si venne a sapere che stava per giungere da Verona, in treno, un gruppo di camicie nere che intendeva unirsi al corteo, gli ex combattenti e i mutilati si opposero energicamente a tale annunciato arrivo, e quando il treno arrivò in stazione a Rovereto, fu fatto proseguire per Trento senza fermarsi, con le urla di protesta dei giovani animosi passeggeri. Solo nel pomeriggio, quando ormai le celebrazioni volgevano al termine, le camicie nere arrivarono in città insalutati ospiti e si innestarono con forza in coda al corteo. Quindi “fino a tarda ora, bivaccarono con urla e canti in piazza Loreto e in altri punti della città” come scrisse don Rossaro, con disappunto, nel suo diario. Il Brennero organo di stampa ufficiale del partito Fascista, riportò con tutt’altra enfasi tale episodio, scrivendo che “Il treno degli avanguardisti di Modena e dei fascisti di Trento giunse in stazione alle 16.00 e in ordine meraviglioso si mise in coda al grande corteo che stava sfilando”. Infine l’articolo concludeva che: “Col calar della notte la cittadinanza si era riversata nelle vie per ascoltare il concerto in piazza Posta alle 21.00. Ma mentre la musica suonava in un’altra parte della città si svolgeva un’altra festa, molto più intima, ma molto più commovente, perché festa di sentimenti, di affetto, di idealismo, di bontà; una festa di giovinezza, di fede, di luce, di orizzonti lontani e taciti giuramenti”».

 

Una nota stonata
L’inaugurazione ufficiale della Campana dei Caduti venne fissata per il 4 ottobre 1925, giorno della festa di San Francesco, patrono d’Italia, alla presenza di re Vittorio Emanuele III. «Inizialmente – entra nel dettaglio Trinco – il Re aveva chiesto di spostarne la data a causa di altri impegni, ma don Rossaro mantenne ferma la sua posizione, commentando nel suo diario che avrebbe preferito rinunciare alla presenza del Sovrano, piuttosto che spostare la data. La cerimonia si tenne, come stabilito, il 4 ottobre, con il Re presente al solenne evento. Tuttavia don Rossaro riportò nel suo diario una nota stridente come da lui stesso definita: “il re durante la messa tenne un contegno ineducato, deplorato da tutti: egli non fece che chiacchierare e importunare le persone vicine, che al cospetto della folla si trovavano visibilmente a disagio … Egli osservava le montagne dal Biaena, al Baldo, allo Zugna e chiedeva notizie dei fatti bellici che si svolsero. Il vescovo era irritatissimo”.
Inoltre nel momento in cui la Campana iniziò a muovere facendo ascoltare i suoi primi rintocchi, don Rossaro si accorse che qualcosa non andava. Il suono non era cristallino, anzi piuttosto roco, scrisse sconsolato: “Al primo tocco il re si irrigidì sul saluto. (…) Francamente il suono non era buono, ogni rintocco passava il mio cuore, come una lama avvelenata (…). La Campana suonava male: sembrava ferro. Ad un certo punto il Gentile Pecori Giraldi (era un po’ sordo), che si trovava alla destra del re, disse un po’ forte ‘questa Campana è rauca’. Io era alla sinistra del re, il quale, forse per confondere l’inopportuna osservazione, fece uno scatto, come per indicare uno dei colombi, che vagolava stranamente sperduto nel vuoto, ma io che compresi l’atto, dissi recisamente, quasi in risposta alla nota del generale, ‘Maestà, la Campana verrà rifusa’; ‘Tanto coraggio?’ rispose. “Maestà” – ripresi ‘vi auguro presente … alla nuova’. ‘Auguro’ rispose il Re e sorrise!”. Don Rossaro mantenne la sua promessa e poco meno di una quindicina di anni più tardi la rifuse». Nel frattempo, archiviate le cerimonie, la Campana dei Caduti, con i suoi cento rintocchi serali, fu un monumento che riscosse un enorme successo. L’elenco delle personalità che le resero omaggio è lunghissimo, assieme ad un incessante flusso di visitatori giunsero fra gli altri il generale Umberto Nobile, lo scrittore Luigi Pirandello, il generale Luigi Cadorna. Insomma, dopo la tomba del Milite Ignoto a Roma, la Campana divenne il monumento ai caduti che raccolse i maggiori consensi.

 

La visita di D’Annunzio
«La visita certamente più particolare – spiega Trinco – fu quella del poeta Gabriele D’Annunzio, che giunse nel pomeriggio del 18 marzo 1928, assieme all’architetto Maroni e a un gruppo di legionari fiumani. In quell’occasione il poeta soldato espresse il desiderio di udirne il suono, tuttavia la Campana per statuto suonava solo dopo il tramonto per ricordare i caduti, l’insistenza del poeta e il piglio minaccioso del seguito, indussero il custode, il signor Olinto Lasta, a sganciarla e farla suonare per qualche minuto in pieno giorno, cosa che destò notevole scalpore. Sentendone il suono, don Rossaro si recò immediatamente al castello incrociando il gruppetto che stava scendendo, al quale non fece molto caso, volendo accertare i fatti. Messo al corrente dell’accaduto, protestò energicamente inviando lettere al prefetto, al podestà al vescovo ed anche all’architetto Maroni, lo stesso Mussolini venne informato, ma si limitò a considerare il gesto del poeta come uno dei suoi soliti atti stravaganti. Qualche anno più tardi, il 25 maggio 1935, D’Annunzio, ravveduto, inviò l’architetto Maroni a consegnare al custode del Museo la somma di 300 lire, accompagnata da un messaggio autografo: “Al buon Campanaro di Rovereto, in memoria di un’ora sonora ed alta. Gabriele D’Annunzio – maggio 1935”».
La Campana fu rifusa una prima volta nel 1939 e una seconda volta nel 1964, utilizzando sempre lo stesso bronzo. «Nonostante il mutare delle epoche e dei costumi – conclude Trinco – Maria Dolens ha mantenuto costante nel tempo il compito di memoria per i caduti, ma attraverso i suoi rintocchi suona anche per i vivi, quale segno di speranza. Ancora oggi a distanza di un secolo il suo significato di simbolo universale, continua ad essere celebrato come parte integrante della storia di Rovereto e del suo impegno per la pace e la memoria collettiva».