L'iniziativa
domenica 23 Febbraio, 2025
di Daniele Erler
Uno degli edifici storici di Lavis, che da qualche anno è praticamente abbandonato, sarà presto riqualificato. La grande ex filanda Tambosi, che si affaccia su via Degasperi, di fronte all’oratorio e alla scuola elementare, diventerà un grosso complesso residenziale, che potrebbe avere anche spazi pubblici. Si immagina un portico al posto del piano terra: permetterebbe di mettere in sicurezza il marciapiede, forse immaginando un passaggio pedonale con alcuni negozi.
L’intera operazione rientra in un progetto più ampio di riqualificazione di questa zona. L’edificio è stato infatti acquistato dall’impresa di Walter Piffer, una delle aziende più importanti del settore edile e immobiliare a Lavis. È la stessa che sta per concludere i lavori di un nuovo quartiere residenziale nei pressi del palazzetto dello sport, sull’altro lato dell’ex filanda: qui sarà presto inaugurato un nuovo parcheggio pubblico da 35 posti, che sarà disponibile già per la fiera della Lazzera, il 6 aprile, quando sarà occupato dagli hobbisti. E la suggestione è proprio questa: creare in questa zona una nuova mobilità pedonale, che punta a unire via Garibaldi e il palazzetto con la Nazionale, ma anche via Degasperi fino al parco della casa di riposo. In sostanza, ci saranno nuove case, ma anche nuovi spazi pubblici: il tutto a pochissimi passi dal centro del paese.
Quello che non cambierà è invece il profilo dell’edificio storico: l’amministrazione ha infatti ottenuto rassicurazioni che non sarà abbattuto e la facciata rimarrà la stessa, al massimo con qualche intervento di ristrutturazione. È un punto su cui si è insistito molto, proprio per l’importanza storica di questo spazio.
Nell’Ottocento a Lavis c’erano decine di filande: nel momento di maggiore fortuna, vi lavoravano 465 persone. Fra tutte, la filanda Tambosi era sicuramente la più importante. Era attiva sin dai primi anni dell’Ottocento e poi fino agli anni Trenta del Novecento, quando chiuse per le conseguenze della crisi economica. Inizialmente era di proprietà di Carlo Viero, un imprenditore lavisano dal grande fiuto per gli affari. Nel 1841 passò ai fratelli Lanfranchi di Trento. Anche loro contribuirono alla crescita dell’azienda, ma a caro prezzo: dopo una decina di anni, nel 1850, per i troppi debiti la filanda fu messa all’asta. I delegati dei creditori la vendettero l’anno seguente a Luigi Tambosi. Ne rimase a lungo il proprietario, lasciandola poi in eredità al figlio Giovambattista, tanto stimato da ottenere nel 1878 la cittadinanza onoraria. Alla Tambosi lavoravano a metà Ottocento nove uomini, 225 donne e 70 ragazzi.
Il primo maggio del 1890 le operaie scioperarono per chiedere la riduzione del loro orario di lavoro. La manifestazione durò circa una settimana e venne raccontata con una certa enfasi dai giornali dell’epoca. Anche perché, nel Tirolo italiano, non si hanno notizie di altri scioperi di questa portata, con delle donne alla guida della protesta. Chiedevano di ridurre l’orario di lavoro dalle 13 alle 10 ore, ogni giorno. Alla fine, ottennero di lavorare 12 ore. Dal 2016, questo episodio è ricordato con una targa.
In questi giorni sono entrate nel vivo le interlocuzioni fra i privati e l’amministrazione (l’ultima riunione è stata lunedì), anche se il discorso sarà preso in mano solo dal prossimo Consiglio comunale. Servirà molto probabilmente un accordo urbanistico, simile a quello già adottato in via Cardi, per ridurre gli spazi che sono previsti come direzionali-commerciali e aumentare quelli residenziali. Tralasciando gli aspetti tecnici, significa che il privato dovrà in qualche modo ricompensare la collettività per il plusvalore che otterrà da questa modifica. E lo potrà fare in due modi: o pagando una quota al Comune o cedendo alcuni spazi al pubblico. L’attuale responsabile per l’urbanistica, il vicesindaco Luca Paolazzi, conferma che si stanno facendo ragionamenti in questo senso: «Il Comune avrà una voce in capitolo nella progettazione di questo quartiere. E io credo che una presenza pubblica, con nuovi servizi, sia importante anche per integrare questa zona con il resto del paese». Lo si farà immaginando la mobilità pedonale, ma potenzialmente trovando anche sale pubbliche o spazi per l’attività sportiva o culturale.