religione
sabato 1 Marzo, 2025
Al via oggi il mese di Ramadan, il sociologo Bamoshmoosh: «Grande momento di empatia verso le sofferenze degli altri»
di Sara Alouani
È iniziato all'alba il mese del digiuno per oltre 34mila musulmani in Trentino Alto-Adige. «In questo periodo anche i più "laici" sono musulmani completi»

Il Ramadan è spiritualità, è beneficenza ed astensione da ogni forma di peccato. Ma può, il mese del digiuno, osservato da oltre 34mila musulmani del Trentino-Alto Adige, assumere un significato sociologico? «Il Ramadan è empatia, è condivisione e una delle tante identità che accomunano la comunità islamica». Queste le parole di Mohamed Bamoshmoosh, cardiologo, sociologo, nonché docente e membro del board dell’Istituto Bayan di Studi islamici e umanistici di Verona, che fornisce una lettura oltre la religiosità del mese sacro che ha inizio proprio oggi.
Professor Bamoshmoosh, cos’è il Ramandan oltre il digiuno?
«È un’occasione nella quale le persone rinnovano diversi punti della loro vita. Il primo è il loro rapporto con Dio. Secondo, il rapporto che loro hanno con se stessi. E il terzo è il rapporto con gli altri esseri umani. Il mese di Ramadan è un momento di compassione, di empatia dove le persone cercano di invitare gli altri a mangiare, fanno beneficenza (zakat) che è uno dei pilastri dell’Islam. Le persone, durante il Ramadan, condividono la sofferenza dei popoli in guerra dalla Palestina alla Siria fino al Sudan e cercano di sentire quello che sentono gli altri».
Otre ad essere un momento di altissima spiritualità, il Ramadan è anche un simbolo identitario?
«Partirei proprio da un detto del Profeta Mohamed: “Se una parte di questa Ummah soffre, tutta la Ummah soffre”. Ed è proprio in questo momento che i musulmani si sentono coinvolti: nel momento di sofferenza che li accomuna. Poi, per fare un discorso più individuale, il Ramadan è uno dei momenti capisaldi dell’Islam: è una condizione sine qua non».
In che senso?
«Per esempio, l’hajj (pellegrinaggio, ndr) si può rimandare: uno può dire “lo farò più avanti”, così anche la zakat può essere fatta in altri momenti, specialmente se le condizioni economiche non lo permettono. Anche la shahada (riconoscere Allah come unico Dio, ndr) si può fare in qualsiasi momento. Ma quando arriva il Ramadan, o si digiuna o no. Mentre gli altri elementi non vengono esteriorizzati, questo elemento, invece, deve essere esteriorizzato fisicamente».
Questo spiega anche perché quelle persone musulmane che, sebbene durante l’anno si lascino andare a qualche peccato, nel mese di Ramadan si attengono al digiuno alla lettera.
«Questo perché il Ramadan non è solo astensione dal cibo e dall’acqua, ma è l’astensione da tutta una serie di comportamenti peccaminosi come il non dire bugie… Tutte accortezze che fanno parte dell’essenza stessa dell’Islam. Per cui, molte delle persone che possono essere estremamente “laiche”, per dirla all’occidentale, sono musulmane complete solo nel mese di Ramadan».
Il Ramadan, però, non sempre viene «tramandato» di generazione in generazione. Tra i più giovani si può notare una sorta di disinteressamento. Cosa che avviene, in alcuni casi, anche con la lingua d’origine (non tutti la parlano) …
«Da un punto di vista sociologico questo fenomeno viene riassunto nel rapporto fra l’essere tradizionale e l’essere integrato, o l’essere marginalizzato o l’essere assimilato.
Marginalizzato è colui che non ha assolutamente alcuna delle due culture, né quella di origine né quella di approdo. L’assimilato è quello che abbandona totalmente la cultura di origine per assorbire quella di approdo, il tradizionale è quello che non accetta la componente di approdo e conserva la sua cultura d’origine. Mentre l’integrato è quello che ha tutte e due. Non può essere fatta una statistica, ma tutte queste quattro forme coesistono all’interno di una qualsiasi società. La persona che non vuole assolutamente parlare di questioni religiose è una persona che, praticamente, si allontana dalla cultura di origine e mantiene la cultura di approdo. Così anche chi non vuole insegnare la lingua madre al proprio figlio, semplicemente non vuole che venga etichettato come una persona appartenente a una minoranza. Vuole che questa persona entri a tutto campo nella maggioranza della popolazione, non capendo però che anche la maggioranza ha i suoi elementi identitari e culturali».
Negli ultimi anni le festività musulmane hanno assunto rilievo nella comunità italiana. Se ne parla spesso (a volte con toni polemici), ma sicuramente se ne parla. È positivo?
«Questa è semplicemente questione di numeri. Faccio un esempio pratico: oggi se chiedo quante persone muoiono di infarto, rispondono moltissime. Trent’anni fa erano meno perché le persone sono aumentate. Lo stesso vale per la comunità musulmana: oggi fa più rumore perché i fedeli sono di più».
In alcune circostanze si nota un progressivo adattamento della società a momenti religiosi non cristiani. Si pensi alla scuola chiusa per Aid El fitr a Pioltello. In provincia l’Istituto comprensivo Trento 5 manderà a casa gli studenti per evitare loro di passare la pausa mensa insieme ad altri compagni che mangiano. È la direzione giusta?
«Questo è importante nel momento in cui sarà raggiunta un’intesa tra lo Stato italiano e la comunità islamica. Quando questi accorgimenti, invece che essere presi in maniera arbitraria e facoltativa, faranno parte di un vero e proprio accordo».
Un accordo che per ora non c’è…
«Esiste per la comunità ebraica, esiste per gli Avventisti del settimo giorno: il sabato gli studenti non vanno a scuola, non frequentano attività universitarie perché è il loro giorno di riposo e lo Stato gli va incontro»
Crede che si possa pensare di implementare questo accordo?
«Certo, perché è un segno di rispetto verso una persona che si sta avvicinando a Dio il più possibile, comportandosi bene. È praticamente in uno stato di santità e di grazia e, a mio avviso, dovrebbe essere riconosciuto e rispettato».
A Londra pochi giorni fa sono state accese le luci di Ramadan in centro. Luci analoghe a quelle del Natale che risplendono su tutta Piccadilly circus. All’Italia cosa manca per arrivare a questa consapevolezza?
«È una questione temporale. La presenza dei musulmani in Inghilterra è plurisecolare, tant’è che il sindaco di Londra è musulmano. Io, sinceramente, sono estremamente orgoglioso di vedere che in alcune città italiane fanno l’Iftar Street come Bologna, dove due anni fa era presente il sindaco, il rettore, il cardinale, il presidente della Provincia. La presenza dei musulmani in Italia è estremamente recente, quindi la comunità islamica deve ancora organizzarsi. E quando sarà il momento, avremo anche noi le nostre luci».
volontariato
Funerali di Papa Francesco, anche la Protezione civile del Trentino a Roma a fianco dei fedeli
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A partire da domani una squadra composta da 30 volontari trentini sarà operativa nella Capitale per gestire l’imponente afflusso di persone, giunte da tutto il mondo per porgere l’ultimo saluto a Jorge Mario Bergoglio