L'intervista
venerdì 14 Marzo, 2025
Antonella Viola: «Medicina incentrata sui corpi maschili. Ma l’80% delle malattie autoimmuni colpisce le donne»
di Francesco Barana
L'immunologa in Trentino per discutere della medicina di genere. "Ancora oggi la maggior parte degli studi clinici è su animali di sesso maschile. Fino al 1994 le donne erano escluse dalla sperimentazione clinica"

Medicina di genere e stereotipi di genere. E, in questo contesto, il ruolo dell’intelligenza artificiale. Ne parlerà stasera a Trento (alle 18 alla sala Filarmonica) e domani a Mezzocorona (alle 18 al teatro San Gottardo) Antonella Viola, immunologa di fama internazionale, docente universitaria e divulgatrice scientifica, nell’ambito del progetto Paridee di Fondazione Caritro (info sul sito della fondazione). Viola, diventata celebre negli anni della pandemia, è donna dal forte senso civico che sa toccare più tasti grazie alla sua versatilità divulgativa. Da anni pubblica libri di successo, tiene conferenze in giro per l’Italia e non disdegna la tv, rigorosa all’approccio scientifico, ma capace di affrontare anche tematiche sociali e – in senso etimologico (che attiene alla polis) – «politiche». Gli appuntamenti trentini rientrano in questo filone, già dal titolo: «Il genere della conoscenza: quando scienza e tecnologia parlano maschile».
Professoressa Viola, esiste una discriminazione di genere anche nella scienza?
«Premessa: esiste la medicina di genere specifica, si chiama così, significa che uomini e donne sono diversi dal punto di vista biologico e anche sociale, cioè delle abitudini. Di conseguenza, se vogliamo curare bene tutti i cittadini, bisogna pensare a degli approcci di prevenzione, cura e diagnosi che tengano conto di queste differenze».
Non è così?
«Storicamente la medicina è stata incentrata sullo studio del corpo maschile. Ancora oggi la maggior parte degli studi clinici è su animali di sesso maschile. Fino al 1994 le donne erano escluse dalla sperimentazione clinica: i farmaci venivano sperimentati sugli uomini e in assenza di effetti collaterali venivano poi prescritti anche alle donne, salvo accorgersi che c’erano problemi e per le donne non funzionavano. Oggi la situazione è migliorata, ma ci sono ancora una serie di problemi nella medicina di genere specifica».
Per esempio?
«Da immunologa le dico che l’80% dei pazienti che soffrono di malattie autoimmuni è donna, significa che il sistema immunitario di uomini e donne è diverso. Sappiamo da tempo che quello delle donne è più forte, infatti le donne sono meno suscettibili alle infezioni di virus e batteri e anche al cancro, tuttavia pagano questa forza immunitaria con la maggiore propensione all’autoimmunità. Questo non viene preso in considerazione dalla medicina. Oppure ripensiamo al Covid: l’uomo era sottoposto a un fattore di rischio più alto, infatti sono stati ricoverati più uomini, sono morti più uomini».
Eppure?
«Eppure, non se ne teneva conto negli studi pubblicati, nelle terapie, nei vaccini e nei farmaci. È come se la medicina ci consideri tutti uguali. Con il pubblico trentino ne parleremo in modo approfondito».
Parlerà anche di tecnologia che parla al maschile, in primis l’intelligenza artificiale.
«I problemi della medicina di genere specifica li ritroviamo declinati in maniera diversa nella nostra società. L’intelligenza artificiale nasce con stereotipi molto forti. Ancora oggi se un uomo o una donna fanno la stessa ricerca su Google, digitando le stesse parole chiave, a seconda del sesso verranno loro proposti lavori diversi, per gli uomini più qualificati e meglio pagati. Il fatto è che la IA eredita i bias di chi l’ha creata, i medesimi stereotipi di genere, che si insinuano nelle macchine e nella tecnologia. Il rischio è di creare un futuro già vecchio».
Cioè un futuro segnato dalla discriminazione digitale di genere?
«Sì, che di fatto c’è già: l’80% di chi lavora nell’IA è uomo, e la discriminazione, come dicevo, poi c’è anche nei contenuti».
Accennava prima al Covid. Ne siamo usciti davvero migliori?
«Il Covid ha reso migliore la scienza, che ha bruciato le tappe e compiuto passi da gigante nella ricerca e nello sviluppo della terapia sull’Rna messaggero, che presto potrebbe esser utilizzato per la cura di diversi tipi di tumori, e che ci permetterebbe di gestire meglio una nuova pandemia. Ma dal punto di vista della comunità non credo che siamo diventati migliori, del resto io non ho mai creduto che una tragedia di quelle proporzioni, che ha creato tensioni e fratture sociali, potesse riuscirci. Forse, ecco, la pandemia ha avvicinato le persone alla ricerca biomedica, alla medicina, alla prevenzione, alla cura della propria salute».
Nonostante la narrazione antiscientifica che si legge sui social.
«Lei non deve pensare ai pochissimi che fanno rumore, ma alla stragrande maggioranza degli italiani che si è vaccinata e che si fida della scienza, che fa prevenzione e diagnostica. Non mi lascio distrarre da chi urla, ma preferisco i tanti che in silenzio costruiscono il Paese».
Eppure, se diamo uno sguardo al mondo, anche in politica vince una certa retorica antiscientifica. Il ministro della Salute di Trump, Robert Kennedy Jr, è un no vax dichiarato.
«E questo mi preoccupa e mi sconcerta. Come mi sconcerta che in Texas e in New Messico sia in corso un’epidemia di morbillo, con un morto accertato. C’è sicuramente una disinformazione scientifica, spinta anche da interessi economici, che premia certi personaggi; c’è anche ignoranza, oppure semplicemente disinteresse in parte della popolazione adulta, che vede lontanissimo il pericolo di certe malattie del passato e quindi non sente la necessità di mantenere un’immunità di gregge. L’educazione alla salute andrebbe insegnata fin dalle elementari. Però non credo che sia la scienza o l’anti-scienza il discrimine del voto».
Però le fake news imperversano e l’approccio razionale e illuminista sembra in declino.
«Verissimo, ma credo che quella retorica alimenti un pregiudizio che in una fetta di opinione pubblica esiste già. Un pregiudizio che nasce dal disagio esistenziale e sociale. Si sta male, si è fragili e vulnerabili, non ci si sente presi in considerazione. E allora si vota per protesta chi urla di più ed è meno razionale».
teatro
Uno spettacolo per ridere e costruire solidarietà: il Gruppo Teatro Ragazzi di Tuenno in scena per Casa «Sebastiano»
di Redazione
Andrà in scena domenica 16 marzo alle 17:30 presso il cinema teatro Dolomiti a Coredo di Predaia il nuovo spettacolo del Gruppo Teatro Ragazzi di Tuenno con la regia di Ivan Concini