la rubrica
mercoledì 26 Marzo, 2025
«Lanterna magica»: quattro film da non perdere al cinema (segnalati da Michele Bellio). Biancaneve, The Monkey, Amadeus e Die Hard
di Michele Bellio
Quattro pellicole da non perdere, recensite settimanalmente. Die Hard- Trappola di Cristallo è disponibile in streaming su Disney+

BIANCANEVE
(Snow White and the Seven Dwarfs, USA/Germania 2025, 109 min.) Regia di Marc Webb, con Rachel Zegler, Gal Gadot
In un regno germanico governato con illuminata nobiltà dai suoi genitori, la principessa Biancaneve cresce imparando a rispettare i sudditi e a condividere le ricchezze del regno, siano esse agricole o minerarie, perché «la terra è di tutti coloro che la lavorano». Dopo la morte della madre, il padre rimane succube del fascino dell’ambiziosa Grimilde (Gal Gadot) e, scomparso anche lui in modo misterioso, il regno precipita nel caos, al servizio di una regina malvagia. Biancaneve (Rachel Zegler) cresce come serva, mantenendo però intatti gli ideali dei suoi genitori, che la volevano «impavida, vera, onesta e fiera». È in questi valori che lo specchio magico coglie una bellezza che va ben oltre l’aspetto fisico, scatenando l’ira di Grimilde, gelosa della figliastra al punto da ordinarne la morte. Il titolo italiano di questa nuova edizione live action della celeberrima fiaba dei fratelli Grimm dice più di quanto non sembri. Biancaneve, o meglio, l’evoluzione del suo personaggio, è la protagonista assoluta del film. I sette nani, realizzati in animazione digitale e un tempo comprimari di peso, sono relegati ad un ruolo di contorno, con buona pace dei più piccoli, che fanno affidamento su di loro per i rari momenti di effettivo divertimento. La giovane principessa è aggiornata alla sensibilità contemporanea in termini di empowerment femminile, tant’è che non attende un principe azzurro, ma trova l’anima gemella in un ex attore divenuto brigante, al quale insegna l’empatia e del quale s’innamora nel momento in cui lui impara a sacrificare se stesso per gli altri. Sono tanti e giusti i messaggi contenuti nella sceneggiatura, ma decisamente un po’ troppi, anche perché sembra ci sia la necessità di continuare a spiegarli, con esiti infelici sul ritmo complessivo del film. Ad appesantire il tutto contribuiscono i numeri musicali, troppi e spesso coreografati in maniera statica su canzoni non proprio memorabili. Ovviamente il confronto con il capolavoro animato del 1937 è improponibile e inutile, ma chi lo conosce bene ritroverà una serie di riferimenti visivi (la fuga nel bosco, la trasformazione della regina…) ed anche un paio di canzoni dell’originale, rivisitate per l’occasione. La nuova Biancaneve fa pulire la casetta direttamente ai nani ed esorta i ribelli alla rivoluzione, denunciando una società che non lascia più spazio all’onestà e nella quale trionfa solamente l’egoismo. Il tutto appare però un po’ confuso e non sono molte le invenzioni visive che restano impresse (apprezzata però la sottile citazione de Il quarto stato nel finale). Non è ben chiaro se questa scelta narrativa riesca a fare presa sul pubblico più giovane, tuttavia è innegabile come lo spirito avventuroso e alcune rappresentazioni tipicamente disneyane (gli animali della foresta o l’incipit con il libro) siano ancora di magico effetto sui bambini. E la classica conclusione con la vittoria dei buoni è ancora capace di strappare applausi al pubblico cui principalmente il film è indirizzato.
THE MONKEY
(USA 2025, 98 min.) Regia di Oz Perkins, con Theo James, Christian Convery, Tatiana Maslany
Vietato ai minori di 14 anni
Esattamente 40 anni fa, nel 1985, Stephen King pubblicava negli Stati Uniti la raccolta di racconti da noi nota come «Scheletri». Alcuni tra questi brevi capolavori sono stati adattati per lo schermo (ricordiamo «The Mist» di Frank Darabont) e al racconto «La scimmia», abbondantemente stravolto in sede di sceneggiatura, si ispira il nuovo film di Oz Perkins. La storia ha inizio nel 1999, quando due fratelli gemelli, Hal e Bill (interpretati dallo stesso attore, Christian Convery) trovano tra gli oggetti del padre scomparso una scimmia giocattolo a carica meccanica. Girando la chiave la scimmietta inizia a battere sul suo tamburo e ogni volta qualcuno muore in modo raccapricciante. I fratelli la gettano in un pozzo, credendo di liberarsene, ma 25 anni dopo la scia di morti ricomincia e Hal (Theo James, anche lui nel doppio ruolo) teme per la vita di suo figlio Pete. Uno spettacolo che, senza eccessiva originalità né ambizione, non lascia delusi quello messo in scena da «The Monkey», a condizione di stare al gioco e di accettare di divertirsi. Le risate, infatti, superano di gran lunga gli spaventi, grazie ad un incredibile sequenza di assurde esecuzioni splatter, alternate a dialoghi demenziali (impagabili la predica del sacerdote al primo funerale e lo zio, interpretato dal regista, che consola i nipoti rimasti orfani). Perkins, figlio di quell’Anthony che fu Norman Bates in «Psyco», spiazza chi aveva apprezzato l’eleganza dilatata del precedente «Longlegs» e preme pesantemente sul pedale del grottesco, divertendosi a ritmare il montaggio sulle varie morti provocate dalla scimmietta. Sullo sfondo un disastroso ritratto della famiglia media americana, che vive su disinteresse ed egoismo, fino al vero e proprio odio. Ma il pregio del film è, paradossalmente, proprio il suo essere serenamente e consapevolmente un film dell’orrore nella sua concezione più profonda, al di là di letture sociologiche o di contesti di riferimento. Il tema è l’inevitabilità della morte, la sua costante presenza nella vita di ognuno: «Tutti muoiono, il punto non è se e nemmeno come, ma solamente quando». La scimmia non accetta ordini, non segue una logica. Come la vita. «LikeLife» recita la scritta sull’elegante confezione del macabro giocattolo. Per gli appassionati del genere un prodotto riuscito, zeppo di strizzatine d’occhio e di gag fulminanti: la tata si chiama come la protagonista di «Misery», in camera dei ragazzi troneggia un poster dei «Piccoli brividi», accanto ad un fucile che ha appena decapitato autonomamente un’agente immobiliare appare il cartello con lo slogan di chi sostiene il diritto a possedere le armi: «Guns don’t kill people, people kill people». Divertente ed inquietante.
EVENTO SPECIALE
AMADEUS
(USA 1984, 158 min.) Regia di Miloš Forman, con Tom Hulce, F. Murray Abraham, Roy Dotrice
Ritorna in sala in occasione del 40° anniversario dalla sua uscita uno dei film più amati dal grande pubblico. «Amadeus», tratto dall’omonima opera teatrale di Peter Shaffer, è una liberissima ed entusiasmante biografia del grande compositore austriaco Wolfgang Amadeus Mozart (Tom Hulce), dalle sue origini come bambino prodigio a Salisburgo, passando per i trionfi viennesi alla corte di Giuseppe II d’Asburgo, fino al successivo declino. Il tutto però, e qui sta una delle grandi intuizioni del film, è raccontato nel 1823 dal punto di vista di Antonio Salieri (F. Murray Abraham), ormai anziano e ricoverato in manicomio dopo un tentato suicidio. Il compositore italiano, fino all’arrivo di Mozart prediletto dall’imperatore, è il vero protagonista del film. Colto, raffinato, casto e profondamente devoto, Salieri non riesce a comprendere come Dio abbia potuto infondere un simile talento e una cosi sfacciata genialità in un giovane come Mozart, che ritiene volgare e sconsiderato. Dal loro rapporto nasce l’evoluzione drammaturgica che attraversa le varie fasi della carriera di Wolfgang, citando esplicitamente la realizzazione di alcuni capolavori, come «Le nozze di Figaro» o il «Don Giovanni», quest’ultimo arricchito di profondi tratti psicanalitici. Mozart è un giovane ribelle, dotato e sfrontato, sublime ma incapace di gestirsi, vittima di dipendenze che lo porteranno rapidamente alla rovina. Salieri, primo fra tutti i mediocri, come lui stesso si definisce, è un personaggio dolente e profondamente drammatico, per il quale è impossibile non provare un senso di compassione, nonostante il suo atteggiamento meschino, per la disperata ammirazione che non può fare a meno di nutrire verso il suo rivale. Un grande film sull’arte e la musica, scenograficamente ricco e inebriante. Non storcano il naso i puristi, le libertà prese su certi episodi sono perfettamente funzionali al film. Alla regia il grande Miloš Forman, cecoslovacco naturalizzato statunitense, che già aveva regalato al cinema americano perle come «Qualcuno volò sul nido del cuculo» e «Hair». Un capolavoro da riscoprire su grande schermo (al Cinema Modena di Trento martedì 25 e mercoledì 26), premiato con 8 Oscar: film, regia, attore protagonista (Murray Abraham), sceneggiatura non originale, scenografia, costumi, trucco e acconciatura, sonoro.
STREAMING- PERLE DA RECUPERARE
DIE HARD – TRAPPOLA DI CRISTALLO
DISPONIBILE SU DISNEY+
(Die Hard, USA 1988, 132 min.) Regia di John McTiernan, con Bruce Willis, Alan Rickman
La scorsa settimana il grande Bruce Willis ha compiuto 70 anni. L’attore, ritiratosi dalle scene nel 2022 a seguito di una diagnosi di afasia, poi evolutasi in demenza frontotemporale, è una delle più grandi star della recente storia del cinema hollywoodiano, con decine di film tra i maggiori incassi di sempre. Nell’omaggiare la sua lunga e gloriosa carriera vale la pena citare e recuperare il fortunato capostipite della serie «Die Hard» con protagonista il poliziotto newyorkese John McLane. «Trappola di cristallo» è un film del 1988, uno dei capolavori del cinema d’azione di quel decennio, ed è firmato da un regista interessante e spesso sottovalutato, che dirigerà anche il divertente terzo capitolo. John McClane è stato invitato a Los Angeles dalla moglie, trasferitasi da New York in California insieme ai figli per lavorare nel grattacielo di una multinazionale giapponese. Il loro rapporto è in crisi a causa di questa scelta e, complice il Natale, i due sperano di ricucire. Purtroppo, durante la festa organizzata nella sede dell’azienda, un gruppo di terroristi assalta il grattacielo e sequestra i dipendenti. Solo John sfugge al loro piano e si adopera in tutti i modi per risolvere la situazione, tra creatività e una robusta dose di ironia. Un film appassionante e divertente, scritto, diretto e montato con intelligenza. Un prodotto di qualità solido e ormai iconico, degno rappresentante di un’epoca e di una tipologia di cinema che è ormai patrimonio della cultura popolare, nel senso più nobile del termine.