L'intervista
lunedì 21 Aprile, 2025
Paolo Cevoli a Trento: «Racconto la storia di Enea citando Cappuccetto Rosso, la comicità lega alto e basso. Chi mi fa più ridere? Totò»
di Luca Galoppini
Al Santa Chiara il monologo «Figli di Troia». «Prima è arrivata la notorietà, poi ho dovuto fare la gavetta»

Un ripasso di mitologia classica in salsa romagnola. Chissà che avrebbe detto Enea, se invece di sbarcare sulle coste tirreniche del Lazio fosse arrivato sulle spiagge di Riccione. Altro che fondazione della gens Iulia, si sarebbe fermato al primo chiosco e avrebbe ordinato una bella piadina con crudo, squacquerone e rucola, prendendo il sole su un lettino in riva al mare. Al di là della fantasia, a raccontare le gesta dell’immortale eroe greco, che con padre e figlio in spalla fuggì dal grande incendio di Troia, ci pensa il grande Paolo Cevoli, che con la sua simpatia e il suo inconfondibile accento romagnolo è pronto a far divertire e ad insegnare anche un po’ di mitologia classica al suo pubblico. Il comico riccionese, esploso con i suoi sketch a Zelig, uno dei principali spettacoli comici televisivi della scorsa decade, si esibirà con il suo show «Figli di Troia», nella serata di giovedì 24 aprile, alle ore 21, presso il Teatro Santa Chiara. Biglietti ancora disponibili su Ticketone e presso la biglietteria ufficiale del teatro.
Cevoli, come le è venuta l’idea di rispolverare ironicamente il viaggio di Enea? Quali aspetti del mito di Virgilio l’hanno ispirata di più?
«Sono stato a Roma, e ho visto la statua di Gian Lorenzo Bernini, di Enea con il padre Anchise sulle spalle e il figlioletto Ascanio per mano, e ho pensato: quella è la mia famiglia! E allora mi sono incuriosito su questa storia del viaggio di Enea. Sicuramente l’aspetto della Pietas è molto interessante, perché non è l’essere persone pie, devote, ma dal latino significa ‘senso di responsabilità’ che è quello che ha avuto Enea nel partire per il suo viaggio».
Oltre a Enea, ha voluto inserire anche Cristoforo Colombo, Cappuccetto Rosso e molti altri. Come mai ha voluto arricchire la narrazione con questi personaggi?
«Sai, ogni personaggio aggiunto in questo spettacolo li racconto in modi diversi e soprattutto per motivi diversi. Per esempio, prendi Cristoforo Colombo. Ecco, lui credo che sia un esempio perfetto di chi viaggia verso Ovest, come ha fatto Enea, ma nel suo caso in cerca di terre nuove, qualcuno che si mette in cammino spinto dalla sete di ricerca e di curiosità, o forse anche da una visione. Ogni personaggio porta con sé un punto di vista interessante, per questo li ho aggiunti».
Il mito di Enea è un mito della tradizione classica, che presenta tanti argomenti e sfaccettature, ma la comicità non è propriamente presente. Com’è riuscito a bilanciare l’ironia e il riso con la solennità di un mito così importante?
«Io credo che la comicità e l’ironia non mancano mai di rispetto a questo tipo di opere, anzi aiutano a capirle meglio. Far ridere è importante perché credo che sia il modo con cui noi artisti riusciamo a metterci in sintonia con il pubblico che viene a vederci. Penso che questo sia il compito del comico, ed è quello che cerco di fare io. Dobbiamo essere bravi a rendere accessibili anche le cose più alte».
Non è la prima volta che si esibisce in una reinterpretazione ironica di un racconto storico. Qualche anno fa aveva girato l’Italia con lo spettacolo “La Bibbia raccontata nel modo di Paolo Cevoli”. Oltre al tema, quali sono state le differenze rispetto a quello show?
«Dici bene! Quello spettacolo risale al 2017 e in tutti questi anni credo di essere maturato, sia come persona sia come comico. Mi conosco meglio anche come uomo di teatro devo dire, e sai ogni spettacolo è un racconto diverso, e oggi credo di essere più consapevole di come si costruisca quel dialogo».
Secondo lei, quali altre storie della mitologia classica potrebbero essere reinventate in chiave comica?
«Credo tutti. In fondo i miti sono una rappresentazione di come funziona l’essere umano, nella sua complessità storica, con i suoi limiti e le sue paure, i suoi sogni e le sue speranze. Credo ci sia un motivo se siano rimasti fino ad oggi. Ogni mito ci parla ancora oggi anche se risale a migliaia di anni fa, almeno questo è quello dicono gli storici che ho letto».
Per quanto riguarda invece la carriera, ha avuto modo di esibirsi in spettacoli sempre molto seguiti all’interno della televisione italiana, dal Maurizio Costanzo Show a Zelig. Cosa le hanno lasciato (o insegnato) quelle esperienze?
«Entrambi gli show mi hanno insegnato tantissimo, per certi versi direi che mi hanno forgiato. Mi hanno lasciato tanta voglia di lavorare e di crescere, perché alla fine non si smette mai di imparare. Quando ho iniziato Zelig avevo 44 anni, e per questo ho dovuto imparare questo mestiere dopo essere diventato famoso. Ecco, ho iniziato questo lavoro al contrario: prima sono esploso come comico, poi ho dovuto fare la gavetta, ma va bene così».
Quali sono stati i suoi modelli artistici preferiti? Sia come comici ma anche come istrioni, o scrittori, essendo lei uno scrittore piuttosto prolifico. C’è invece qualcuno con cui le piacerebbe collaborare?
«Come comici ti direi Cochi e Renato, Totò, Enzo Jannacci. Quella era gente che sapeva far ridere come nessun altro dal mio punto di vista. Però dietro quel velo d’ironia credo ci fosse anche qualcosa di profondo. Come scrittori ti direi Dante, Manzoni e Achille Campanile. Sono tutti diversissimi, ma tutti con una forza straordinaria. Non penso di poter più collaborare con nessuno di loro ma sicuramente sono modelli e personaggi che stimo tanto».
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