la cerimonia

giovedì 24 Aprile, 2025

Morte del Papa, Duomo gremito per la messa in suffragio. Tisi: «Profeta coraggioso vicino ai poveri»

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Il vescovo Tisi ha ricordato l’esempio del pontefice: «È stato un dono per tutti noi. Ha scosso la Chiesa, l’ha invitata a uscire, a farsi carico degli uomini e delle donne con predilezione per chi vive ai margini»

Ripartire dalla narrazione di Dio che ha lasciato. Ieri sera alle 19, nella cattedrale di San Vigilio, si è tenuta la santa messa in suffragio di Papa Francesco, presieduta dal vescovo di Trento, monsignor Lauro Tisi: «Siamo qui riuniti stasera anzitutto per ringraziare il Padre – ha dichiarato in apertura – Perché Papa Francesco è stato un dono per tutti noi. Il suo è stato un pontificato contraddistinto da profezia e coraggio: ha scosso la Chiesa, l’ha invitata a uscire, a farsi carico degli uomini e delle donne che camminano nella storia con la predilezione per chi purtroppo vive ai margini e in povertà. Le sue braccia, come lui amava dire sempre, erano le braccia della tenerezza, e proprio alla tenerezza del Padre noi lo affidiamo chiedendo a lui di pregare per tutti noi. Dobbiamo farci carico di quanto ci ha svelato, per fare della nostra una Chiesa serva e vicina agli ultimi».

Davanti a un Duomo gremito di persone, fra cui anche diversi esponenti di autorità (dal governatore Fugatti al presidente del Consiglio comunale Piccoli), forze dell’ordine e istituzioni, sono stati letti prima il passaggio dagli Atti degli Apostoli sul miracolo della guarigione del mendicante storpio, e poi il testo dal Vangelo secondo Luca dei discepoli di Emmaus: «La vita di Papa Francesco si è mossa esattamente nella direzione indicata da questi due brani – spiega Tisi iniziando l’omelia – Il suo più grande lascito alla Chiesa e al mondo è la narrazione di Dio che ha consegnato partendo da quella che è l’umanità di suo figlio Gesù, raccontato con gesti e parole capaci di toccare la vita di credenti e non. Una narrazione di cui abbiamo un estremo bisogno per allontanarci da quelle astratte, evanescenti, distanti, che non ci dicono nulla. Se c’è qualcosa che sento di dire come credente riguardo il pontificato di Papa Francesco è questa, impariamo da lui a parlare di Dio».

Non poteva mancare il riferimento al pontefice argentino come messaggero di pace, da sempre impegnato nel chiedere il cessate il fuoco per i diversi conflitti scoppiati negli ultimi anni: «La nostra umanità è ben descritta dallo storpio e dalla tristezza e diffidenza dei due discepoli di Emmaus – prosegue il vescovo – Un’umanità diffidente, triste, che non è capace di camminare e che sta tirando fuori dal passato alcune dinamiche che pensavamo fossero state abbandonate. Parlo delle armi, della guerra, dei nazionalismi, dei muri, delle contrapposizioni: ci eravamo illusi di aver dimenticato tutto questo e ora ce lo ritroviamo proprio davanti ai nostri occhi, e Papa Francesco lo ha denunciato, ha criticato questa deriva in mille modi e lo ha fatto, come detto, consegnando all’umanità Gesù Cristo e una narrazione umana, scaldando l’animo e mostrando vicinanza soprattutto agli emarginati. In quest’ora di violenza, frantumazione e dissoluzione, ciò che Francesco ha rivolto e che io auspico venga ascoltato è un appello al ritorno alla fraternità, alla beatitudine».

Durante i suoi 12 anni alla guida della Chiesa, Papa Francesco si è distinto anche per l’attenzione e l’impegno sui temi ambientali e della crisi climatica, e Tisi non manca di sottolinearlo: «Quella legata alla custodia del Creato è un’altra grande lezione che Papa Francesco ha lasciato – dichiara – Non è una questione di ideologie o di bandiere: in linea con Francesco d’Assisi, anche lui chiamava il Creato fratello e sorella, lo vedeva come un alleato, un compagno di viaggio. In quest’ottica, ferire il Creato significa ferire sé stessi, far del male all’umanità intera. Un’altra testimonianza della sua impressionante lungimiranza e un’altra prospettiva che ha portato avanti fin dall’inizio del suo mandato e oggi si dimostra di grandissima attualità, perché quella ambientale è una tematica finita in fondo a tutte le agende, nessuno ne parla più».

Infine, una riflessione su quella che è l’eredità lasciata da Francesco alla Chiesa e, in particolare, proprio ai vescovi: «Dall’inizio del suo pontificato, il Papa ha giustamente tenuto tutti noi sotto pressione – spiega Tisi – Ci ha invitati a svegliarci, a essere uomini che “toccano” le ferite delle persone e del mondo, che percepiscono questo dolore. Ancora una volta emerge la sua profezia: in un momento storico in cui il dolore non sembra più toccare nessuno di noi, in cui vediamo ogni giorno immagini di bombardamenti e popoli annientati, questo è un appello meraviglioso. Queste ferite quando ci toccano ci umanizzano, ci rendono migliori».

E proprio con un appello si conclude l’intervento del vescovo: «Facciamo sì che Papa Francesco e la sua narrazione non vengano rievocati solo con nostalgia – dichiara – Tutti noi dobbiamo diventare narrazione di vita come lo è stato lui. La sua ultima uscita dal Vaticano per andare in carcere è emblematica: da lì si riparte».