l'aggressione
martedì 29 Aprile, 2025
Rovereto, ragazzino preso a pugni in centro. Il padre: «Nove punti di sutura in faccia. Nessuno è intervenuto, c’è omertà»
di Denise Rocca
Nella denuncia ai carabinieri il giovane minorenne parla di una pacca sulla spalla contraccambiata con un colpo in pieno viso. Ieri in tarda serata l’assalitore si è consegnato e scusato

Un’aggressione in pieno centro, siamo fra piazza Malfatti e piazza Erbe, nella serata del 25 aprile, venerdì scorso, ai danni di un ragazzino minorenne, è finita con il giovane in pronto soccorso e nove punti di sutura in viso. I fatti denunciati dalla famiglia del minore, che milita nelle giovanili della Virtus e quella sera si era fermato fuori con i compagni di squadra, sono che il ragazzo stava rientrando a casa, verso le 22.50, nella via che da piazza Malfatti porta alla vicina piazza Erbe, quando ha incrociato un altro ragazzo, più grande dalla descrizione della vittima, che gli era stato presentato da un amico: gli ha dato una pacca sulla spalla in gesto di saluto e di risposta il giovane lo ha colpito in pieno viso con un pugno. Il ragazzino è corso via terrorizzato e sanguinante, ha chiamato il fratello maggiore e poi con il padre sono andati al pronto soccorso. Apparentemente, non c’è stata nessuna provocazione, forse un fraintendimento sulle intenzioni del ragazzino che non giustifica in ogni caso la reazione violenta. I carabinieri della stazione di Rovereto hanno indagato per identificare l’aggressore, avvalendosi anche delle telecamere di sorveglianza pubbliche e private in zona. Nella tarda serata di ieri, il giovane che si è reso responsabile dell’aggressione si è presentato spontaneamente ai carabinieri ammettendo l’accaduto e chiedendo scusa. Anche lui minorenne, è ospite a Rovereto e si è scusato con la famiglia dell’aggredito che ha deciso, a quel punto, di ritirare la denuncia.
Oltre il mero fatto di cronaca che è arrivato ad un epilogo, rimangono un ragazzo profondamente turbato da quanto accaduto, una famiglia che si interroga sugli spazi di libertà e divertimento che lascia ai propri figli e sulla società nella quale li sta crescendo. Domande che hanno senso per tutti, o almeno ha ancora questa speranza il padre del giovane aggredito che non ha chiesto l’anonimato ma per tutelare il figlio minore qui non citiamo con le sue generalità. Originario dell’Europa dell’Est e in città da trent’anni, fa una riflessione e un appello ai compagni del giovane, alle tante persone che quella sera affollavano le vie di Rovereto, agli amministratori della città guardando al futuro. «Mio figlio ha ricevuto cinque punti in bocca – spiega – ha avuto una leggera commozione cerebrale, non dorme ancora la notte, ma almeno è riuscito a scappare ed è vivo. Nessuno voleva parlare nell’immediatezza del fatto, ci sono voluti i carabinieri che sono intervenuti in maniera molto puntuale e veloce, a fermare l’omertà che subito si è creata quando io sapevo per certo che qualcuno dei compagni di mio figlio conosceva il giovane che lo ha aggredito. Così come nessuno si è fatto avanti ad aiutare un ragazzino con la faccia insanguinata quella sera, eppure le vie erano piene di giovani e adulti. Se tutti hanno paura e soccombono a queste cose, a questa prepotenza cosa facciamo? Ai suoi compagni di squadra ho chiesto di essere responsabili e dire quello che sapevano, perché oggi è capitato a mio figlio, e domani? Ai loro genitori ho chiesto che si facessero avanti, la responsabilità appartiene a tutti. Non dobbiamo vivere nella paura e se una squadra è unita nella vittoria, lo deve essere anche nelle cose negative come questa». C’è una riflessione più profonda di questo padre che ha portato l’aggressore di suo figlio a casa sua, ieri sera, per dargli modo di scusarsi con il figlio e la moglie, di dare una chiusura a tutti quanti. Una riflessione che va oltre l’accaduto e lo inserisce nella quotidianità della vita di ognuno: «A 18 anni sono arrivato qui e ho scelto di rimanerci e mettere su una famiglia – spiega – mi chiedo oggi se sia stata la scelta giusta. Di certo non voglio che i miei figli abbiano paura a girare per strada, a uscire con gli amici in orari che abbiamo ritenuto adatti a loro, in luoghi che conosciamo – racconta – la mia è una richiesta alla comunità di essere più presente sui giovani: so che non è facile accogliendo persone di tante culture diverse, ma come adulti dobbiamo intervenire se un ragazzo è in difficoltà, in ogni caso. Credo che ci sia tanta indifferenza verso gli altri, e anche alle forze dell’ordine chiedo questa attenzione in più per le persone e più controlli perché in quelle tre ore almeno in cui è accaduto tutto e ho cercato mio figlio e poi il suo aggressore non ho incontrato una sola pattuglia. Dal giorno dell’aggressione questa indifferenza del non sentirsi coinvolti dal problema dell’altro mi è parsa improvvisamente evidente. Vedo chi non ha soccorso mio figlio, ma anche chi mi dice “mi spiace” ma non lo sente come un problema suo e invece è un problema di tutti se nessuno si fa avanti per aiutare o sostenere l’altro, se le forze dell’ordine guardano più i divieti di sosta dei soggetti pericolosi. Credo che la politica, gli amministratori di questa città debbano lavorare su questo. Il ragazzino che ha fatto del male a mio figlio per nulla ha pochi anni più di lui, dobbiamo tutti prenderci carico di questa situazione».