italiani senza cittadinanza
sabato 14 Gennaio, 2023
di Sara Alouani
Una corda al collo. Così si è tolto la vita all’età di 27 anni Omar Neffati, figlio di tunisini ma cresciuto in Italia fin dai primi mesi di vita. Era tra il milione e mezzo di ragazzi che si sentono italiani, parlano in italiano, mangiano italiano, studiano in italiano e respirano in italiano ma non sono ancora riconosciuti dallo Stato come cittadini veri. Proprio per questo motivo Omar, residente a Viterbo che per lui era «un pezzo de’ core», si batteva da anni per la promulgazione dello ius soli e per il riconoscimento della cittadinanza ai figli di immigrati come lui. Era il volto della lotta dei ragazzi di origine straniera ed era diventato portavoce del movimento «Italiani senza cittadinanza». Omar aveva anche militato nei Giovani dem, l’organizzazione giovanile del Pd, pur con la consapevolezza di non poter ancora candidarsi ufficialmente. Questa era solo una delle tante cose che Omar, come tutti i ragazzi senza cittadinanza, non poteva fare e che l’attivista spesso ricordava con amarezza e rabbia «Non posso partecipare ai concorsi, votare, andare in Erasmus. Mi vengono negati diritti elementari, sono considerato un cittadino serie B e sono costretto ogni volta a rinnovare il permesso di soggiorno». Omar, però, non è mai riuscito ad ottenere il passaporto italiano. A rinvenire il cadavere nella casa di Sutri, giovedì 12 gennaio, è stata la sorella allarmata dal mancato reperimento del fratello per ore. Il Comitato provinciale Anpi di Frosinone, in un post su facebook, si fa carico di un compito molto importante in memoria di Omar «continuare ad impegnarsi insieme alle tante ragazze e ai tanti ragazzi che chiedono da anni di poter essere quello che già sono: cittadine e cittadini italiani». Questa mattina si sono svolti i funerali sulle note di Bella Ciao.
Tennis
di Redazione
Il campione altoatesino sulla copertina di «Tennis Magazine» che titola «Il primo della classe». Lui: «Tre anni fa nei tornei più importanti arrivavo negli ottavi, nei quarti; l'anno dopo alternavo quarti e semifinali»