La storia/2
lunedì 24 Ottobre, 2022
di Leonardo Omezzolli
Si chiama Gaia De Medio, ha 21 anni e studia Giurisprudenza all’Università di Trento. Attualmente è iscritta al terzo anno del proprio corso di studi e dopo quattro semestri di vita universitaria nel capoluogo trentino si è vista costretta a preferire la vita da pendolare. Così è tornata nella sua Puglia. De Medio non ha avuto scelta. I costi degli affitti e le spese della vita da fuorisede sono aumentati vertiginosamente e, nonostante il suo pendolarismo sia più prossimo ad un continuo viaggio della speranza – circa 13 le ore di viaggio a tratta –, la concretezza dei fatti l’ha obbligata a questa anomala scelta. De Medio non è un caso isolato, ma esemplificativo di una situazione che si sta diffondendo sempre più, soprattutto per coloro che provengono da città vicine, come Brescia e Verona e che sono più facilmente collegabili con l’università. «Tra i nostri militanti – ha raccontato Federico Amalfa referente del Sindacato degli studenti (UDU) – abbiamo diverse situazioni non semplici. Compagni che da Verona e da Brescia raggiungono Trento in treno ogni giorno per seguire i propri corsi e poi rincasare a sera nelle loro case di famiglia. Siamo al punto che per loro è più conveniente, non solo monetariamente, ma in un’economia di bilancio complessivo un, comunque costoso, abbonamento del treno rispetto a un appartamento universitario».
Gaia, come mai fai la pendolare dalla Puglia?
Ho tentato la ricerca di un appartamento, ma purtroppo non sono riuscita a trovare una soluzione idonea e che fosse economicamente sostenibile.
Essere una pendolare dal sud Italia è una scelta estrema anche perché molti corsi richiedono la frequenza.
Non è stato semplice prendere questa decisione e sicuramente avrà delle ripercussioni sul mio percorso universitario. Non ho avuto altra scelta e alla fine ho deciso di fare la pendolare. Mi sono dovuta riorganizzare gli studi, chiedere ai professori un aiuto. Per qualche corso sono riuscita a organizzarmi in modo da poter sostenere gli esami da non frequentante, mentre per altri corsi dovrò in qualche modo recuperarli in presenza. Per ora ho maggiore convenienza a venire a Trento solo alla bisogna.
Vivere da universitaria fuorisede a Trento è davvero così difficile?
La situazione affitti è fuori controllo, sia per l’aumento del canone, sia per l’aumento delle spese. Se a questo ci aggiungiamo le condizioni di certi appartamenti la questione è molto seria. Mi sono imbattuta in annunci che promettevano stanze doppie, notoriamente più economiche di una singola, ma che non avevano nemmeno una scrivania. Spazi ristretti in cui erano stati inseriti due letti. Se sei fortunata ti trovi un solo tavolino. Questo significa che non si ha un proprio spazio per studiare. Oppure si trovano case con salotti trasformati in camere da letto e quindi non adatte alla concentrazione. O ancora si è costretti a utilizzare, in più persone, le aree comuni, come il tavolo da pranzo, la cucina o il salotto. Tutto questo non giustifica l’aumento dei costi di un affitto universitario, a maggior ragione se non vi sono nemmeno le condizioni minime per poter studiare.
Cosa significa per te, oggi, essere una pendolare?
Molto semplicemente significa che per venire a Trento devo affrontare un viaggio di 13 ore. Oggi sono costretta a studiare a casa dei miei genitori e, per quanto mi riguarda, è molto più complesso perché mi devo adattare ai ritmi e ai bisogni dei famigliari che a loro volta hanno le loro vite. È più facile distrarsi così. Studiare in presenza, invece, stimola lo studio di gruppo che da casa è quasi impossibile fare, visti gli orari molto spesso inconciliabili.
Cosa ti aspetti possa cambiare sul tema degli aumenti degli affitti universitari?
Spero che le istituzioni siano aperte a un vero dialogo con i rappresentanti degli studenti e riescano a comprendere il bisogno di imporre canoni di locazione adatti e a misura di tutti coloro che studiano, dato che chi sceglie di essere un pendolare da fuori regione lo fa perché è davvero insostenibile il costo della vita in città.
L'inchiesta
di Tommaso Di Giannantonio
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