politica
sabato 8 Aprile, 2023
di Donatello Baldo
Fugatti e Kompatsche, al Forum del «T» dello scorso giovedì, hanno annunciato un nuovo tavolo con il governo nazionale sui temi finanziari. «Bene — dice Giorgio Tonini, consigliere provinciale del Pd, ex senatore e in quel ruolo anche presidente della Commissione bilancio — ma attenzione che l’autonomia non è solo una partita finanziaria. È molto di più, e per poterla mantenere c’è bisogno di innovarla, di allargare gli orizzonti».
C’è bisogno di politica, non solo di ragioneria. Intende questo?
«Il problema è l’inaridimento progettuale. L’autonomia, per come ce l’hanno insegnata i sudtirolesi ma anche i trentini, vive se cresce, se si evolve, se è dinamica, se ha una sua forza che la spinge. Se invece diventa ordinaria amministrazione, o semplice decentramento, non è più autonomia intesa come autogoverno».
E lei vede questo limite nelle politiche di oggi messe in atto dalla giunta provinciale?
«Il limite è proprio questi, della stagione di Fugatti in modo particolare ma in parte anche della Svp, di Kompatscher. Tutto è appiattito sulla gestione del presente, ma se i nostri padri fondatori avessero ragionato in questo modo avremmo fatto ben poca strada».
Dopo questa premessa, cosa pensa sull’approccio di Trento e Bolzano con il governo nazionale? La proposta di utilizzare parte delle risorse che Roma trattiene come contributo per il risanamento del debito pubblico per investimenti sul territorio è una buona mossa?
«Può essere una buona idea, perché no. Si tratterebbe di uno snellimento di carattere procedurale. Oggi lo Stato investe risorse sul nostro territorio: piuttosto che farle entrare e poi uscire, si può ragionare su un patto di concertazione. Noi facciamo gli investimenti e invece che dare i soldi a Roma per poi farli tornare, quei soldi li tratteniamo noi direttamente».
Quindi è un approccio giusto quello messo in atto da Fugatti e da Kompatscher?
«Ci si può ragionare, non dico che sia sbagliato. Ma non si tratterebbe di una novità, questo meccanismo è stato sperimentato già in passato. Ci siamo già accollati oneri di spesa che sarebbero stati a carico dello Stato su partite anche strategiche, dalla scuola all’Anas all’Università. Si riduce il contributo allo Stato per evitare il gioco delle entrate e delle uscite, eliminando la partita di giro».
Non sembra però entusiasta.
«Insomma, tutto questo non mi sembra avere una grande prospettiva. Oggi il tema delle risorse è importante, ma se rimane sul tavolo solo il tema delle risorse il respiro è corto».
Cosa andrebbe messo al centro dell’attenzione?
«Il tema istituzionale, che invece viene evitato. Un assetto più attuale del nostro sistema autonomistico non può essere rinviato».
Il tema dello Statuto, su cui Trento e Bolzano sembrano non voler intervenire se non per una sorta di «manutenzione straordinaria».
«Limitatamente alle competenze per ovviare all’erosione prodotta della giurisprudenza della Corte costituzionale. Si tratta di un tema reale, delicato e complesso. Su questo la trattativa va fatta, approfittando dello spazio che si apre al tavolo con le Regioni ordinarie per l’autonomia differenziata. Questa può essere l’occasione per una manutenzione straordinaria, come la chiamano loro, ma anche in questo caso limitatamente al sistema delle competenze».
Mi sembra di capire che nemmeno questo per lei sia sufficiente.
«Dov’è il tema strategico? Quando affrontiamo questo nodo? Non è più possibile rinviarlo. E il nodo cruciale è cosa facciamo dell’Eruegio, che è il vero Terzo statuto di autonomia. C’è l’ambizione di costruire un’istituzione regionale davvero transfrontaliera? Questa sarebbe la grande innovazione, l’idea che si possano costruire istituzioni di livello regionale non più solo dentro gli Stati ma tra gli Stati, con territori che abbracciano e superano i confini. Un tema complesso, lo sappiamo, ma affascinante e di prospettiva, che prevederebbe un trattato internazionale, il coinvolgimento di Roma e di Vienna ma anche di Bruxelles. Questa sarebbe davvero la mossa del cavallo che ci farebbe superare lo stallo tra Trento e Bolzano sul tema della Regione, che i trentini vogliono preservare e gli altoatesini superare».
Un progetto davvero ambizioso.
«Immaginiamoci cosa ne deriverebbe su una scala demografica più ampia in materia di mobilità, di sanità, di università. Un progetto ambizioso? Il problema è quando la progettualità viene meno, quello che è successo in questi ultimi cinque anni con la giunta Fugatti. Senza idea l’autonomia muore, sicuramente non si rafforza. E così rimane solo la trattativa finanziaria, ma quella la fanno anche le Regioni a statuto ordinario».
Che vogliono diventare come noi, speciali.
«Ma il rischio è che siamo noi che diventiamo come loro. Per poter giustificare e meritare la nostra specialità dobbiamo pensiamo più in grande. E il tema dell’Euregio p il vero orizzonte».