Ambiente

mercoledì 3 Luglio, 2024

«Studiando le api abbiamo individuato 27 fitofarmaci e l’inquinamento da metalli pesanti»

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Lo studio «Bee-Trento» studia la salute dell'ambiente attraverso il monitoraggio degli insetti impollinatori. Il curatore Angeli: «Abbiamo trovato l’insetticida Ddt. A Trento sud picco di 12.900 parti per miliardo di un fungicida»

Il polline raccolto dalle api racconta la qualità dell’ambiente intorno agli apiari. Lo testimoniano anche i risultati del recente studio-pilota «Bee Trento», effettuato in città nel 2023. La mappatura della qualità ambientale e della biodiversità della città di Trento, realizzata usando l’attività dell’ape mellifera come strumento di monitoraggio, è stata curata da Libera Università di Bolzano, Muse (referente Maria Vittoria Zucchelli), Comune di Trento (Giovanna Ulrici e Francesca Alba dell’ufficio parchi e giardini), Federazione trentina agricoltura biologica e biodinamica (Stefano Delugan e Francesco Bigaran) e Garden club Trento (referente la presidente Augusta Gualtieri de Cles). Ne parliamo con il professor Sergio Angeli (Unibz), curatore scientifico del progetto, studioso che da anni effettua questo tipo di analisi in Trentino.
Su quali basi avete pensato il progetto ?
«Bee Trento nasce sulla scia di altri progetti di monitoraggio. Il primo fu da me condotto in Val di Sole nel 2019, seguito da altri fatti in accordo con il Parco nazionale dello Stelvio, lato trentino e altoatesino in Val di Rabbi e Val Venosta, e dallo studio in Valsugana con l’associazione di apicoltori Apival nel 2022. Poi siamo entrati in contatto con Muse, Garden Club, Federazione agricoltura biologica e biodinamica. Nessuno prima di noi aveva monitorato una vasta area in modo uniforme. Ci sono monitoraggi anche nazionali, però con il limite di non coprire interamente il territorio mentre noi abbiamo realizzato un monitoraggio contiguo dell’area studiata: questo ha un vantaggio scientifico importantissimo, perché si capiscono le dinamiche di dispersione delle sostanze inquinanti».
Perché avete analizzato il polline e non il miele o altri prodotti dell’alveare?
«Perché il polline è raccolto dalle api operaie sulle loro zampette posteriori, quindi ha il vantaggio che – potendone sottrarre una porzione con una trappola – sappiamo che è di giornata, raccolto su fiori che si sono aperti quel giorno o al massimo due giorni prima. Altro vantaggio del polline è che, essendo raccolto esternamente dalle api operaie, non entra in contatto con la loro fisiologia. Fornisce informazioni fresche e senza mediazioni».
Cosa cercavate e cosa avete trovato?
«Abbiamo cercato in quattro stazioni di cattura del polline, analizzando otto campioni, e trovato fitofarmaci e metalli pesanti, con un’ analisi multi-residuale certificata (cercando un numero elevatissimo di sostanze, 576), e abbiamo rilevato la presenza dei tre metalli pesanti cadmio, piombo e rame. I risultati raggiunti, seppur non esaustivi di tutto il territorio comunale, interessando solo l’asse di fondovalle, hanno identificato 27 fitofarmaci: 7 insetticidi, 19 fungicidi e l’erbicida glifosato. A Trento Sud il 10 giugno 2023 il polline conteneva ben 18 molecole di fito- e agrofarmaci in un unico campione, risultato di una sola giornata di lavoro delle api».
Quali danni subiscono api, altri impollinatori e insetti dalle molecole indagate?
«In passato si considerava solo la mortalità delle api, ora si capisce che ci sono dosi subletali di molti fitofarmaci, con effetti acuti o cronici sulla salute dell’ape, a volte mortali. Ci sono studi sulla fertilità dei fuchi ed è ben noto alla scienza il danno da intossicazione che provoca il disorientamento dell’ape che ha una memoria spaziale importantissima; si può portare infatti fino a 2/3 chilometri dall’alveare, facendo fino a sei viaggi ogni giorno di perlustrazione. Sappiamo che la vitalità delle regine è danneggiata da diverse molecole di sintesi. I dati vanno letti con attenzione e prudenza perché lo studio era solo su quattro stazioni. Ci sono elementi critici che andrebbero approfonditi».
Per la prima volta in anni di ricerca avete trovato anche un campione con dell’insetticida Ddt, prodotto vietato ormai da anni: cosa ci dice questo fatto?
«Era la prima volta per me nonostante centinaia di campioni analizzati. La concentrazione è molto bassa, sono sette parti per miliardo, però sarebbe interessante capire come mai ci fosse Ddt nel campione. D’altro canto, desta particolare attenzione aver ritrovato quattro principi attivi vietati: i due insetticidi Ddt e Chlorpyrifos-methyl e i due fungicidi Benomyl e Thiophanatemethyl. Si noti anche l’altissima concentrazione di ditiocarbammati (fungicidi) ritrovati a Trento sud, raggiungendo un picco di 12.900 parti per miliardo: non lo avevamo mai trovato a questi livelli. Sono prodotti ammessi ma sono molecole sotto osservazione perché sono sospetti interferenti del sistema endocrino. Alcuni consorzi viticoli in maniera positiva in auto-regolamento si auto vietano il loro utilizzo».
Non contano solo le dosi delle singole sostanze: cos’è l’effetto cocktail e quanto ne sappiamo?
«È l’effetto dato dalla sinergia di più molecole diverse quando vengono presentate assieme. In agricoltura si conosce molto bene l’effetto sinergico: si ha un effetto diverso dalla semplice sommatoria degli effetti delle singole molecole. Difficile capire quale possa essere l’effetto cocktail sugli insetti con un numero molto elevato di sostanze perché ogni sostanza agisce in base alla sua concentrazione. Non ci sono ancora studi di tossicologia che tengano debitamente conto di un effetto cocktail. ma sappiamo che esiste e di sicuro non possiamo ignorarlo».
Cosa possono fare le amministrazioni comunali per rendere le città più vivibili per api e impollinatori?
«Anzitutto dovrebbero finanziare questo tipo di studi, perché capire la qualità dell’ambiente in cui viviamo è già un passo avanti. Questi studi restituiscono un quadro abbastanza obiettivo, tramite essi si possono verificare anche eventuali miglioramenti. La sensibilità pubblica è sempre maggiore, quindi documentare queste variazioni sarebbe quasi un obbligo. Inoltre per i comuni è possibile sottoscrivere protocolli per un uso molto oculato dei fitofarmaci o anche i protocolli di Città amiche delle api, con il divieto di uso di vermicidi e insetticidi sul territorio comunale. Sarebbe importante poi garantire alta biodiversità di piante in città, così che le api possano trovare polline in tutte le stagioni. Si dovrebbero organizzare delle zone dove non tutto il verde è tenuto a prato inglese. Infine, serve lavorare sulla sensibilizzazione. Il Comune di Trento si sta muovendo in questa direzione, al Muse c’è anche un piccolo apiario. Fra l’altro rilevo che questo tipo di studio è anche poco costoso; il lavoro di campionatura lo fanno le api. L’agricoltura dovrà diventare più sostenibile. Quale migliore strumento per monitorare delle api? Dovrebbe essere uno strumento veramente potente per leggere lo stato di fatto dell’ambiente cittadino».